«A.J., sai come posso fare per bloccare un messaggio di posta elettronica prima che arrivi sul server?»
Il giovane umano fissò allibito la sua compagna di corso, incerto se risponderle o fare finta di non aver sentito. Decise diplomaticamente per la prima opzione. «Tra tutte le domande idiote che mi hanno fatto, questa è sicuramente la più… la più…» esitò, senza riuscire a trovare un paragone adeguato, «… la più idiota!» concluse, appoggiandosi allo schienale della sedia, in cerca di un solido appoggio. La sua nuova amica denobulana riusciva sempre a fargli venire una sorta di mal di mare.
Ysaahi sbuffò, indispettita. «Dai, che hai capito benissimo cosa voglio dire. Lo so che un messaggio non si può fermare, ma cancellarlo? Farlo sparire? Renderlo illeggibile? Insomma, fare in modo che il destinatario non riesca a capire cosa c'è scritto?»
Il ragazzo spalancò le braccia. «Certo, in teoria è possibile. Bisogna solo superare i sistemi di sicurezza della rete locale, trovare il server, accedere ai database della posta elettronica e modificare il messaggio a basso livello, il tutto senza lasciare traccia. Ma ci vorrebbe un mago dei sistemi informativi,» aggiunse, accalorandosi, «o un hacker di grande abilità…»
«…oppure un cadetto del quinto anno con provata esperienza nello spionaggio accademico» continuò Ysaahi, valutando con occhio clinico la coppia seduta ad un tavolo poco lontano, impegnata a studiare un corso avanzato di sistemi di comunicazioni.
A.J. non poteva credere ai propri occhi. «Non starai parlando sul serio!» sbottò, esasperato. «Il rischio di essere scoperti sarebbe altissimo. E se il messaggio dovesse essere già stato letto dal destinatario? Renderlo illeggibile potrebbe non servire a nulla.»
Ysaahi smise di fissare i vicini di tavolo. «Hai ragione, la mossa potrebbe non essere risolutiva. Devo pensare a qualcos'altro…»
«Qualcosa di meno pericoloso, magari. Ma si può sapere cosa hai combinato?» A.J. era sinceramente incuriosito: conosceva la ragazza solo da pochi giorni ma era rimasto impressionato dalla genuina semplicità con cui questa riusciva regolarmente a cacciarsi nelle situazioni più impensate. Con lei intorno, non sembrava esserci il rischio di annoiarsi.
«E' per colpa dell'alloggio» spiegò Ysaahi, giocherellando con le pieghe della divisa. Si guardò intorno, temendo di aver disturbato qualcuno, ma la grande sala studio dell'Accademia non era troppo gremita a quell'ora del mattino.
«Ah, già, il tuo insopportabile compagno di stanza. Pensavo fosse un problema risolto, non dovevi fare richiesta per essere trasferita in un altro alloggio? Mi sembravi decisa, volevi solo trovare le parole migliori per inoltrare la richiesta.»
«Le ho trovate, le parole! E l'ho anche spedita, la richiesta! Proprio questa mattina.»
«Perfetto!» la interruppe A.J. sorridendo. «Allora è fatta!»
«Perfetto un corno!» esplose Ysaahi, seccata da quella mancanza di partecipazione. «Solo poche ore dopo ho scoperto quale fortuna avessi appena buttato al vento. Ah, se solo avessi aspettato ancora un attimo. E io che temevo che a parlare fossero i fantasmi dei cadetti passati a miglior vita…»
«Non ti seguo» mormorò il ragazzo, mentre la testa ricominciava a girargli. Un nuovo attacco di vertigini era in agguato.
Ysaahi si guardò intorno, poi gli fece cenno di avvicinarsi. «Per puro caso, ho scoperto che la mia stanza è in collegamento audio con la sala dei professori.» La sua voce divenne un sussurro: «Un filo diretto con il Covo del Nemico.»
A.J. aveva un enorme punto di domanda dipinto sul viso, poi le nebbie si diradarono e lui sembrò finalmente cogliere la portata cosmica di quella rivelazione. «Vuoi dire…» azzardò incerto, «vuoi dire che si sente tutto quello che dicono?»
Lei annuì con energia. «Tutto, per filo e per segno. Se sposti un po' l'armadio c'è anche l'effetto surround e se appoggi l'orecchio alla parete ti sembra di essere lì con loro.»
«Impressionante.»
«E molto utile. Giusto questa mattina ho sentito Vinsar e la Maxwell progettare un test a sorpresa per noi matricole. Deve trattarsi di qualcosa di tosto dove, a detta di Vinsar, qualcuno rischia di volare da una rupe.»
«Ahi!» si lasciò scappare il ragazzo, che di questa rupe aveva già sentito parlare, ma Ysaahi non aveva bisogno di altri elementi per essere preoccupata. «La Maxwell sembrava divertita e questo non mi piace. Io, di quella, non mi fido…» aggiunse, ripensando al suo rocambolesco arrivo in Accademia.
«Ma se dicono tutti che è uno degli istruttori più Umani…» L'occhiataccia di Ysaahi lo gelò all'istante. A.J. si risentì: «Non era male, come battuta. E quando sarebbe previsto, questo test a sorpresa?» aggiunse, riprendendo il filo del discorso.
«Domani o tra qualche giorno al massimo, non hanno ancora deciso. Si troveranno stasera, dopo cena per concordare le domande.»
«Ma è meraviglioso! E noi saremo lì, a prendere nota di tutto quello che diranno. Arriveremo al test preparatissimi, faremo un figurone…»
«Non se la mia richiesta di cambiare urgentemente alloggio verrà esaudita. Hai capito, finalmente, perché dobbiamo fermare quella mail?»
A.J. crollò nuovamente sulla sedia, mentre la stanza ricominciava a girare. Aveva capito, oh se aveva capito!
«Forse ci stiamo preoccupando per nulla» cercò di argomentare A.J. trotterellando al fianco di Ysaahi per i corridoi dell'Accademia. «Se ti hanno messo in quell'alloggio è probabile che non ce ne siano altri liberi e che la tua richiesta non possa venire accolta in tempi brevi.»
«Magra consolazione. Questo ci permetterebbe di scoprire i particolari di QUESTO test ma che mi dici dei prossimi? Prima o poi mi sposteranno e perderemo ogni vantaggio.»
«Non potresti dire loro semplicemente che ci hai ripensato?»
«Dopo la lettera strappalacrime che ho scritto? Non posso, non mi crederebbero mai. Sono un'artista, quando mi ci metto. Dai, corri, che forse siamo ancora in tempo.»
All'help desk per gli studenti, una gentile impiegata tolse loro buona parte delle speranze. «Non si preoccupi, cadetto, la sua pratica è già stata inoltrata all'ufficio competente e tutto con la massima urgenza. 'Efficienza' è il nostro motto: vedrà che le sue richieste verranno soddisfatte a tempo di record. A chi ti rivolgi se hai un problema? Al Centro Assistenza Studenti. E' ovvio!»
A.J. era senza parole: «Oh cielo, parla come uno spot pubblicitario…» Ysaahi lo prese per un braccio e se lo trascinò appresso. «Andiamo, non tutto è perduto; questo non è che un punto di smistamento. Dobbiamo trovare l'ufficio principale: sono sicura che la pratica è ferma lì.»
Passarono un buon quarto d'ora a studiare una enorme e dettagliata piantina dell'Accademia. «Devono averla montata a rovescio» esclamò A.J. facendo contorsioni per trovare il punto di vista più adeguato, «non è possibile che non si capisca nemmeno da che parte è orientata.»
«Noi siamo qua, noi siamo qua!» cinguettò Ysaahi indicando un bollino rosso sperduto tra altri mille segnalini colorati.
«E' un inizio. Lo trovi, quel maledetto ufficio?»
«Macché. E' un rebus. Ma quale mente perversa ha pensato di contrassegnare ogni punto con delle coordinate cartesiane?»
«Diciamo che è meglio non saperlo» commentò A.J., leggendo il nome dell'ammiraglio De Leone tra gli autori del capolavoro. «Forse se procediamo in modo sistematico…» ma Ysaahi lo interruppe con un grido di gioia.
«Trovato! Ecco il numero: 892-892.»
«Ma che razza di coordinate… Dai andiamo: dovrebbe essere proprio qui sotto.»
«Non c'è Cobledick senza un diciotto»
«Non c'è Sherman senza un gran botto»
«E non c'è dodici senza ottantotto. Adesso, la vogliamo smettere di dire scemenze e darci da fare?»
«Chiuso! E' chiuso! L'ufficio è chiuso!» Ysaahi si accasciò contro la porta sprangata, proprio sotto il cartello con gli orari di apertura.
«Anche gli impiegati hanno diritto alla pausa pranzo…» sentenziò il suo amico, mostrando una comprensione per la categoria che la denobulana non apprezzò. «Ma non quando io ho bisogno di loro. Forse se ci attacchiamo al campanello delle urgenze…»
«Mi permetto di farti notare che questo modo di procedere potrebbe non metterli nella giusta predisposizione d'animo per accogliere le tue richieste. Perché non ne approfittiamo per andare in mensa anche noi, prima che ci tolgano i vassoi di mano? Tanto la tua pratica non scappa.»
Ysaahi valutò accuratamente l'enorme vuoto che sentiva all'altezza dello stomaco. «A.J., a volte tu parli strano ma potresti non avere tutti i torti. Dai, andiamo a mangiare. Torneremo prima delle lezioni del pomeriggio.»
La mensa era un locale ampio e luminoso, con grandi finestre aperte sui giardini che circondavano tutta l'Accademia. Precisi turni di rotazione, perfettamente sincronizzati con le lezioni, permettevano di non avere mai un affollamento eccessivo. Aree speciali erano riservate agli studenti di razza non umanoide, con tavoli e sedie opportunamente sagomati, mentre un'intera parete ospitava i replicatori, programmati per fornire vivande adatte alle razze più disparate. In poche parole, un vero capolavoro di praticità ed efficienza. In un tavolino appartato, i due ragazzi stavano consumando il loro pasto.
«Sono preoccupato per il corso di xenoantropologia» boffonchiò A.J. addentando una succulenta bistecca, «quei libri sono dei veri mattoni.»
Ysaahi studiava perplessa le sue patate duchessa. «Hai provato a fare un giro su AcademyBay? A volte si trovano tesine già preparate da altri studenti. Se il prezzo non è eccessivo, potremmo farci un pensiero.»
«Macché, non c'è nulla! Sono tutti testi nuovi!» A.J era contrariato. «Ma cosa mi è saltato in mente di prendere i finocchi al burro? Io odio i finocchi.»
«Potremmo dividerci i libri e scambiarci poi i riassunti…»
«Vuoi dei finocchi?» chiese lui, travasando la verdura nel piatto dell'amica senza aspettare risposta.
«Io potrei occuparmi della carità e del volontariato Ferengi» continuò Ysaahi. «Sono stata da Romansk, questa mattina, e mi è sembrato una persona veramente caritatevole. Dovevi vedere con quanta premura si è adoperato per farmi avere un trattamento di favore sull'acquisto di alcuni oggetti di antiquariato.»
A.J. si fermò di colpo con la forchetta a mezz'aria. «Antiquariato? Da Romansk?»
Ysaahi annuì, decisa. «Sono entrata nel suo negozio alla ricerca di una unità di memoria per il mio Padd. La memoria non l'ho trovata, ma sono stata così fortunata da approfittare di una svendita.»
«Aspetta, lasciami indovinare: un quaderno con pagine di cellulosa e copertina plastificata con delle figure, una biro azzurra con scritte bianche e un supporto magnetico standard VHS antenato degli olo-movies.»
«L'ha chiamata… aspetta… videocassetta. E sul… come hai detto che si chiama? Ah, sì, quaderno, c'è pure la sua effigie o quella di un suo parente.» Addentò con impeto la verdura biancastra: «Ehi, ma questi vostri finocchi sono immangiabili!»
«Ci avrei scommesso. Di solito, la biro non scrive; da quando si sono diffusi i supporti elettronici, i magazzini terrestri sono pieni di quaderni inutilizzati; e la videocassetta ha un segnale che si deteriora con gli anni e con l'uso, e sarà ormai completamente inservibile. Oltre al fatto che i lettori VHS sono praticamente impossibili da trovare.»
Ysaahi lo fissò incredula, sgranando gli occhioni grigi. «Mi ha fregata, eh?»
«Consolati, ci cascano tutti. Non c'è matricola che non abbia almeno una offerta speciale di Romansk che giace inutilizzata in qualche cassetto. Almeno,» aggiunse, tentando di consolarla, « hai schivato il segnalibro…»
«Quei rettangoli di cartone plastificato? Mi ha assicurato che il set da cinque pezzi era un vero affare, così li ho presi tutti.»
«Beata innocenza!» sospirò il ragazzo, con l'aria di chi la sa lunga. «Senti, fessacchiotta, la prossima volta che vuoi fare acquisti da Romansk, fatti accompagnare da qualcuno esperto in tecniche di contrattazione. I Ferengi sono una forza della natura.¹»
Ysaahi stava per chiedere spiegazioni su quel termine gergale di cui non capiva appieno il significato ma preferì soprassedere. «Grazie, A.J., sei un vero amico. Ma come fai a conoscere tutte queste cose? In fondo, sei una matricola come me.»
«Merito di mio fratello Richard. Lui è all'ultimo anno, qualche trucco me lo ha spiegato. Per esempio, stai lontana da Stark quando accende un tricorder: tutte le macerie che non sono a carico di Sherman, sono opera sua!»
«Quello che non riesco a capire è come mai sia così importante per te ottenere al più presto un cambio di alloggio. Non ti facevo il tipo da formalizzarti tanto per una sistemazione un po' scomoda.» I due ragazzi stavano chiacchierando nella sala ricreativa, aspettando l'apertura degli uffici.
Ysaahi si agitò sulla poltroncina. «Vedi, non è per l'alloggio,» spiegò, con un leggero imbarazzo. «E' per la mia compagna di stanza.»
«Chi? T'Min? La Vulcaniana dagli occhi di ghiaccio?» A.J. appariva sorpreso. «Ma che disturbo può darti, è silenziosa come una tomba?»
«Appunto! E' troppo silenziosa. Non parla mai, non sorride mai, si muove silenziosa come una pantera e ti gela con quel suo sguardo di continua disapprovazione.»
«Forse è solo timida» azzardò il ragazzo, «la conosci solo da pochi giorni…»
«E in questi pochi giorni ho tentato in tutti i modi di avviare una conversazione. Niente da fare! Non parla, non sorride, non mi risponde, si comporta come se io non esistessi. E' una cosa che proprio non sopporto!²» Ysaahi era esasperata. «Tu mi conosci, A.J., io sono una persona aperta, cordiale,…»
«… chiacchierona…»
«Sì, chiacchierona, lo ammetto. Ho bisogno di interagire con gli altri, di parlare, di scambiare opinioni. Non ce la faccio a condividere l'alloggio con una mummia.»
«Non avrai mica scritto questa motivazione, sulla richiesta di trasferimento.»
«Certo che no, per chi mi hai preso? Te l'ho detto che ho inventato una storia strappalacrime che commuoverebbe anche il più duro degli impiegati. Però il motivo reale è questo.»
A.J. sembrava perplesso. «Uhm, non mi sembra un buon inizio. Come futuro ufficiale della Federazione dovresti dimostrarsi meno intransigente. Più malleabile, più adattabile alle abitudini aliene.»
Ysaahi strabuzzò gli occhi: quel commento proprio non se lo sarebbe aspettato. «Ma qui non stiamo parlando di un primo contatto con una razza sconosciuta,» tentò di difendersi, accalorandosi nella discussione, «stiamo parlando della mia compagna di stanza, colei con la quale dovrò condividere l'alloggio almeno per il prossimo anno. Tu non hai visto come mi guarda, sembra che mi voglia incenerire. E' inquietante.»
«Ciò non toglie che stai dimostrando scarsa capacità di adattamento ad una situazione ostile. Non lo vedo come un buon segno sul tuo curriculum.»
«Ecco, stai parlando di nuovo come un libro stampato» sbottò Ysaahi, scattando in piedi come se l'avessero morsa. «Non solo ho perso l'occasione della mia vita per una folgorante carriera ma l'ho fatto pure per il motivo sbagliato. Sento che mi metterò a piangere!»
Forse il suo amico aveva ragione. Forse avrebbe dovuto affrontare la situazione come se fosse stata una prova per migliorare. Cos'è che aveva detto uno dei suoi idoli, il dottor Phlox, il primo Denobulano ad essere imbarcato su di una nave della flotta? 'Non è questo l'esempio che voglio dare'³/¹. E lei, che esempio voleva dare ai suoi simili? Con le mani dietro la schiena, cominciò a camminare avanti e indietro, immersa in profonde meditazioni. A.J. la fissava, sorseggiando il suo caffè lungo.
«Sul serio pensi che il mio comportamento non sia degno di un futuro ufficiale della Flotta?»
A.J. annuì, senza scomporsi.
«E pensi veramente che questa potrebbe essere una valida motivazione per indurre la segreteria ad annullare la mia richiesta?»
A.J. annuì nuovamente.
«E allora cosa stiamo aspettando? Andiamo a fermare quella lettera!»
«Ti dico che di qui ci siamo già passati!» esclamò A.J., salendo ansimante l'ultimo gradino. Ysaahi lo aspettava sul pianerottolo cercando di orientarsi. Lui le indicò i due grandi corridoi che si dipartivano da quell'incrocio. «Abbiamo già preso il corridoio di destra e anche quello di sinistra, ne sono sicuro! Non portano da nessuna parte!»
Ysaahi era furibonda. «Non è possibile, ci siamo persi un'altra volta. Come possiamo pensare di trovare la strada tra le stelle se non riusciamo a trovare nemmeno quella per la segreteria?»
«Non farne un dramma,» minimizzò il ragazzo, tentando di riprendersi, «siamo qui solo da pochi giorni. Non puoi pretendere di conoscere a memoria tutti i meandri dell'Accademia. E poi, chi avrebbe immaginato che il sistema di guida automatico si guastasse proprio oggi?»
La giovane denobulana riprovò per l'ennesima volta ad attivare il servizio ma dal terminale ricevette solo messaggi di errore ed irritanti pernacchie. «E' una cosa da non credere. Dov'è finita quella piantina dettagliata che guardavamo questa mattina? Pensavo fosse in questo punto.»
«No, le finestre erano disposte in un altro modo; secondo me non siamo nemmeno nell'edificio giusto.»
Con le mani sui fianchi, Ysaahi lanciò un'occhiata preoccupata all'orologio. «Dai, A.J., corri, o faremo tardi a lezione.» Stava per ripartire a passo di carica ma la mano dell'amico la artigliò in modo deciso. «Ysa, aspetta, non possiamo continuare a correre per tutti i corridoi. Cerchiamo di ragionare…»
«Hai ragione, usiamo un po' di logica. Questa mattina eravamo nell'edificio con gli uffici amministrativi…»
«Ora, invece, siamo in una zona che non conosco molto bene.» A.J. stava cercando di orientarsi. «Sembrano aule ma di un tipo che non mi pare di conoscere.»
Anche Ysaahi stava guardandosi attorno con curiosità. «Sono aule speciali… direi quasi… aule da esercitazione. Chissà che tipo di corsi si tengono qui» aggiunse avvicinandosi ad una delle grandi porte. Prima che A.J. potesse fermarla, girò la maniglia e socchiuse il battente. Un attimo dopo, la porta fu spalancata da un enorme umano armato fino ai denti, con occhiali scuri e una tenuta da marines.
«Finalmente, eccoti qui! Sei in ritardo, temevo di dover rimandare l'esercitazione.»
«V-Veramente…» balbettò Ysaahi, troppo sorpresa per articolare un discorso compiuto, ma l'umano non le diede modo di riprendersi.
«E' sempre così, tutte le volte che chiedo un bersaglio umano all'approvvigionamento, trovano mille scuse per non mandarmi nessuno.» Guardò la ragazza con occhio critico: «Anche tu sei un po' gracilina ma è meglio così: sarà più difficile colpirti.» La prese per un braccio e la trascinò all'interno della stanza. «Forza, infilati la tuta protettiva. Questo pomeriggio stavo pensando di usare i pallettoni al posto dei soliti proiettili coloranti. E che non si dica che le esercitazioni di Ted Sherman non sono realistiche!»
Paralizzata dal terrore, Ysaahi non oppose resistenza. Le grandi porte si chiusero con uno schianto alle sue spalle.
Quando, a pomeriggio inoltrato, Ysaahi riuscì a trascinarsi allo sportello dell'help desk studenti, trovò A.J. ad aspettarla.
«Ehi, hai un aspetto orrendo» commentò questi appena la vide. «Sembra che ti sia passato sopra un plotone di marines.»
«E' esattamente quello che è successo» gli rispose lei, acida, tirandogli un rabbioso calcio negli stinchi, che lui schivò per un pelo. «Si può sapere perché non sei venuto a salvarmi? Per poco non mi ammazzavano.»
«Salvarti? Da Shemann in pieno berserker? Starai scherzando. Non si discute con le forze della natura quando sono scatenate. E, dì un po', come è andata?»
Ysaahi sfoderò il suo tono più sarcastico. «Preferisci sapere di quando ho dovuto fare il bersaglio volante saltando sui trampolini elastici o di come me la sono cavata nel percorso di guerra con i cecchini appostati?»
A.J. era piegato in due dalle risate. «Ridi, ridi» lo apostrofò la ragazza togliendosi un paio di proiettili inesplosi dalle tasche, «ti divertirai molto meno quando verrai chiamato per la prossima esercitazione. Il signor Sherman è stato entusiasta all'idea di poter avere un volontario.»
Fu con una certa soddisfazione che vide l'ultima risata andargli di traverso.
«Veramente hai fatto questo?» chiese il ragazzo, cominciando a tremare vistosamente.
«Naturalmente, non potevo escluderti da un tale privilegio. Almeno ho avuto una giustificazione per l'assenza alla lezione del pomeriggio. Mi sono persa qualcosa di importante?»
«Niente di speciale, tutta roba teorica che puoi recuperare facilmente.» A.J. si guardava con apprensione alle spalle.
Ysaahi sospirò. «Bene, cerchiamo di non perdere di vista l'obiettivo primario della giornata. Dobbiamo ancora fermare il mio trasferimento.»
«Tranquilla, mi sono informato. Ti hanno già assegnato un nuovo alloggio ma la cosa non diventerà operativa finché tu non sottoscriverai il documento.»
«Allora è fatta. Vado a farmi consegnare la pratica e la riduco in briciole davanti ai loro occhi.»
«Non è così semplice. La documentazione è già in fase di consegna e non è più in giacenza in questo ufficio.» A.J. era ammirato. «Io vorrei proprio sapere cosa ci hai scritto, in quella lettera: non ho mai visto una richiesta così futile essere esaudita con una tale velocità. Comunque,» riprese, per non dar modo all'amica di ribattere, «trattandosi di un documento importante, viene consegnato a mano da un fattorino direttamente nell'alloggio dell'interessato e no! Non ti aiuto a cercare il fattorino per tutta l'Accademia per cercare di intercettare la consegna.» Il lampo che era passato negli occhi di Ysaahi si spense di fronte alla decisione dell'amico. «Tu, adesso, vai in camera e aspetti che ti portino quella maledetta pratica, la passi nel tritarifiuti e poi mi raggiungi per iniziare festeggiamenti. Ci sono domande?»
Ysaahi non ebbe la forza di aprire bocca: fece un cenno di assenso e si incamminò stancamente verso il suo alloggio.
«Tu hai fatto cosa???» l'urlo di Ysaahi risuonò per parecchi piani e fu rilevato anche dai sensori per le attività sismiche.
T'Min la guardò senza scomporsi, alzando appena un sopracciglio. «Gridare è illogico. Se senti il bisogno di esprimere gratitudine, un semplice 'grazie' può essere sufficiente.»
«Gratitudine? Gratitudine??? Ma io… io… Io devo sedermi, altrimenti è la volta buona che ci lascio la pelle.» La ragazza aveva assunto un colorito innaturale e tremava come una foglia. Guardò la vulcaniana con gli occhi iniettati di sangue. «Forse non ho capito bene. Tu hai parlato in vulcaniano e il traduttore universale si è inceppato. Tu non hai firmato la domanda di trasferimento al posto mio, confermando la mia richiesta di avere un altro alloggio.»
La vulcaniana la fissò, impassibile come al solito «E' esattamente quello che ho fatto. Sembravi così ansiosa di andartene che non ho visto nessuna logica nell'oppormi a questa decisione e ho fatto quanto in mio potere per favorirti.»
«Mi stai dicendo che l'hai fatto per farmi un favore?» Il tono di Ysaahi era a dir poco tagliente: avrebbe volentieri tirato il collo alla compagna di stanza con le sue stesse mani.
«Se vogliamo chiamarlo così» replicò T'Min, gelida. «Data l'urgenza della cosa, manderanno qualcuno questa sera stessa per aiutarti nel trasloco. Hanno detto di preparare le valigie» aggiunse, con voce melliflua mentre un sorriso malizioso increspava appena le sue labbra.
In un lampo, Ysaahi ebbe chiaro l'intero quadro. T'Min, l'irreprensibile vulcaniana, era certamente a conoscenza del filo diretto con la sala insegnanti - come poteva non essersene accorta, visto l'udito finissimo dei vulcaniani? - e ora stava facendo di tutto per liberarsi di una scomoda concorrente e poter godere da sola dei vantaggi di quella posizione. La decisione di andarsene era stata soltanto sua, ma T'Min aveva fatto di tutto per renderle la vita insopportabile e spingerla in quella direzione; e ora che le si era presentata l'occasione per accelerare i tempi, lei ne aveva approfittato. Che cosa poteva fare? Rincorrere il fattorino? Supplicarlo di restituirle i documenti? Piantare una grana per dimostrare che la firma non era la sua? Con che faccia avrebbe spiegato tanto accanimento per ritornare in quello scomodo alloggio dopo che la sua richiesta aveva avuto un tale successo da far girare la macchina burocratica come una trottola?
Ma, soprattutto, era sicura di volerlo fare?
Guardò la sua immagine pallidamente riflessa dal monitor spento della sua scrivania e quello che vide non le piacque affatto: quella ragazza insicura e sleale, che aveva bisogno di spiare gli istruttori per passare i test, di rubare le risposte per riuscire, di barare per primeggiare, non era lei. Non era questo che le avevano insegnato! Non era così che voleva essere! Avrebbe affrontato l'Accademia, e la vita stessa, a testa alta, cercando di farcela con le sue forze, approfittando delle occasioni e dei colpi di fortuna ma senza cercarli ad ogni costo, come se questi fossero l'unica possibilità di successo. E, come altri prima di lei, non avrebbe ignorato i codici di condotta sviluppati dalla sua razza in favore di facili alternative.³/²;
Quando il campanello suonò, andò ad aprire notevolmente rinfrancata. Un uomo alto, con una tuta grigia e un piccolo antigrav, occupò lo specchio della porta.
«Sono l'Inserviente. C'è un trasloco da fare?» Ysaahi gli sorrise. «Ancora un momento, per favore, sto finendo di preparare la mia roba.»
Tutto sommato, la serata riservò delle sorprese piacevoli. T'Min, con il suo solito tono strafottente, uscendo dalla stanza disse una frase di troppo all'indirizzo dell'uomo in grigio e, più tardi, si ritrovò con gli abiti incollati alle pareti, disposti in modo da formare la frase: 'Bisogna essere gentili con gli Inservienti'.
A.J. per risollevarla e scusarsi per averla abbandonata nel momento del bisogno, le offrì un 'chocolate revenge' ossia un enorme gelato al cioccolato, con mousse di cioccolato e cioccolato a scaglie, appoggiato su una fetta di torta al cioccolato e affogato nel cioccolato liquido.
Un buon voto, firmato da Sherman in persona, comparve inaspettatamente sul suo libretto, insieme ad una nota di merito per l'ottimo lavoro svolto a supporto della classe di aspiranti marines dell'ultimo anno.
E, per finire, il nuovo alloggio che le avevano riservato era ampio, accogliente e luminoso, forse uno dei più belli tra quelli riservati alle matricole. Quella notte, nonostante l'apprensione per il test in agguato, Ysaahi dormì sogni tranquilli.
Il test a sorpresa arrivò puntualmente il giorno seguente e si rivelò molto più fetido del previsto. Era una prova a quiz, di quelle che Ysaahi proprio non sopportava ed era incentrata su argomenti che non ricordava fossero mai stati trattati a lezione. La cosa l'aveva messa in crisi: non era certo quella che si definisce 'una secchiona' ma stava attenta durante le lezioni e cercava di ricordare il più possibile di quanto trattato in classe. Non capiva come potesse aver rimosso argomenti così importanti e così vasti. Cercò di non farsi prendere dal panico, concentrandosi sulle cose che ricordava: grazie a qualche suggerimento scambiato con i compagni delle postazioni limitrofe e con l'aiuto di qualche bigliettino sapientemente nascosto nella suola degli stivali, riuscì a terminare il test strappando una sufficienza. Mentre gli Istruttori confabulavano attorno alla cattedra, i cadetti ne approfittarono per rilassarsi.
«Il bello di questi test, è che non devi aspettare giorni per conoscere l'esito» commentò una voce dal terminale alla sua sinistra. Ysaahi si sporse verso il compagno e storse il naso: «Più che sufficiente! Accidenti, A.J., sei andato meglio di me!» commentò, fissando i dati visualizzati sul monitor.
«L'importante è essere passati. Ma hai visto che razza di domande? Chissà come se l'è cavata T'Min…»
«Hai qualche dubbio?» disse Ysaahi, voltandosi verso il gruppetto di Vulcaniani in fondo alla sala. «Guarda che aria soddisfatta.»
La vulcaniana sedeva alla sua postazione, eretta e impassibile come suo solito, ma il velo di soddisfazione che trapelava dal suo sguardo era evidente. L'ottimo che lampeggiava sul suo monitor la diceva lunga su come avesse impegnato la serata precedente. Gli altri vulcaniani del suo gruppo sembravano aver raggiunto gli stessi, brillanti, risultati e ora si scambiavano compiaciuti cenni di intesa.
«Figurati se non facevano comunella…» cominciò l'umano, ma il movimento degli Istruttori intorno alla cattedra gli impedì di continuare il discorso.
«Attenzione!» ruggì Vinsar, ottenendo un immediato e rispettoso silenzio. C'era qualcosa di strano in tutta quella procedura ma Ysaahi non riusciva ad afferrarne il motivo. Il capitano Maxwell si fece avanti.
«Vi sarete accorti che il test di oggi aveva caratteristiche molto particolari, raramente ne troverete altri di questo genere.»
«Caratteristiche particolari? Metà delle domande riguardavano argomenti che non abbiamo ancora trattato!» pensò Ysaahi ma tenne per sè il commento. Il mormorio che si levò nella classe era già sufficientemente eloquente. «Il test era tarato per un grado di conoscenza notevolmente superiore al vostro» continuò Maxwell, imperterrita. «Solo un cadetto del quinto anno con una ottima preparazione avrebbe potuto rispondere con precisione a tutte le domande, oppure…» aggiunse, fissando con sguardo glaciale il gruppo dei vulcaniani, «un cadetto che avesse spiato quanto ci siamo detti io e il comandante Vinsar ieri sera, in sala istruttori, preparando le domande.»
Sulla classe scese un silenzio di tomba.
Vinsar si avvicinò a T'Min, immobile alla sua postazione. «Già da tempo ci eravamo accorti di alcune anomalie statistiche nei risultati dei test ma, nonostante le nostre ricerche, non eravamo mai riusciti a stabilire con certezza l'origine della fuga di notizie. Fino ad ora…» ringhiò e T'Min, suo malgrado, dovette arretrare di qualche centimetro.
Ysaahi non poteva credere alle sue orecchie. Una trappola! Questo test non era altro che una trappola alla quale era sfuggita per puro caso. Guardò A.J. che, accasciato sulla sedia, seguiva la scena con gli occhi sbarrati. Lei stessa non era sicura di stare ancora respirando.
«Avrebbe potuto far fallire questa nostra piccola indagine, signor T'Min» aggiunse Maxwell, con malcelato sarcasmo, «se solo non avesse voluto strafare rispondendo a tutte le domande. Per nostra fortuna, i vulcaniani difficilmente sanno trattenersi dall'apparire meno che perfetti.»
«Chiedo il permesso di parlare liberamente» disse T'Min, alzandosi in piedi.
«Lo avrà» sogghignò Maxwell, «ma direttamente nell'ufficio di De Leone. L'Ammiraglio la sta aspettando, insieme ai suoi colleghi che hanno ottenuto il massimo del punteggio. Non vede l'ora di sapere da lei come ha fatto ad impadronirsi delle domande del test. E spero che questo» aggiunse, abbracciando con lo sguardo tutta la classe, «vi serva da lezione per il futuro, nel caso vi venga la tentazione di preferire le vie facili al duro e onesto lavoro.»
Ysaahi rabbrividì: avrebbe potuto giurare che gli occhi di Maxwell si fossero puntati direttamente su di lei.
Note
¹ Ecco i tre oggetti di pessimo gusto che Romansk ha rifilato a Ysaahi: il quadernone, la biro e i segnalibri. E in più la videocassetta, tanto per fare conto pari!
² Ecco l'abitudine del compagno di stanza che Ysaahi trova estremamente irritante: il suo assoluto, sprezzante mutismo.
³/¹ «Tuttavia non è questo l'esempio che voglio dare alla mia prole» dice Phlox parlando con il ferito Antariano nell'episodio 'Il recupero', riferendosi al fatto di non voler continuare a perpetrare i pregiudizi della sua razza.
³/² «Le sembrerà strano ma anche gli umani hanno un codice di condotta ci sono voluti milioni di anni ma forse comincia a funzionare… e io stavo per ignorarlo» dice Archer rivolgendosi a T'Pol nell'episodio 'Vincere la paura', rifiutandosi di abbandonare i cadaveri ritrovati in una nave alla deriva senza tentare di contattare le loro famiglie.