L’esperienza vissuta nella realtà alternativa mi aveva provata molto più di quanto avrei mai pensato. Mi era capitato più di un volta di svegliarmi di soprassalto nel cuore della notte, grondante di sudore, turbata dalle immagini che popolavano i miei sogni. Anche Anniha ultimamente pareva preoccupata per la mia apparente mancanza di vitalità, di entusiasmo, e per tirarmi su organizzò, con la complicità di Ysaahi e di altre cadette, delle allegre riunioni serali.
Dovetti riconoscere che la loro compagnia fu un toccasana per il mio umore, inoltre la ricerca di archeologia assegnataci da Fandonius contribuì a farmi ritrovare la serenità di sempre. La mia passione per la storia antica era ormai nota a tutti in Accademia e canalizzare le mie energie in tale compito mi aiutò a scacciare i brutti ricordi.
E proprio quando stavo per terminare la ricerca…
«Cadetto Ax, si può sapere perché non risponde?» urlò la Kalligalenos all’impianto di comunicazione interna.
In effetti ero talmente presa nel terminare il mio lavoro che avevo tagliato fuori dal mio alloggio qualsiasi tipo di distrazione esterna, riducendo al minimo anche il volume del comunicatore.
«Mi dispiace, signora, non l’avevo sentita» risposi distrattamente.
«L’allenamento è stato anticipato di venti minuti, le raccomando la massima puntualità».
Da circa un anno facevo parte della squadra di Parrises Squares, uno dei giochi più seguiti all’interno dell’Accademia. Della squadra facevano parte la mia compagna di stanza Anniha, la denobulana Ysaahi e l’amica Sheeba.
«Ehi Crissy, hai sentito la novità?» mi disse la denobulana nel corridoio antistante il campo.
«Novità? Riguardo a cosa?»
«Pare che la Kalligalenos abbia organizzato una partita di allenamento con la squadra di Parrises Squares dell’Accademia del Commercio di Tellar».
«Stai scherzando? Ho sentito dire che sono delle belve sanguinarie, ma… ne sei sicura?»
«Sicura… diciamo che si tratta di una notizia affidabile all’ottanta per cento… Pel ha detto a A.J. di aver sentito la Maxwell che sussurrava a Visar di averlo udito in mensa mentre la Kalligalenos lo confidava a Stark».
«Una notizia di prima mano quindi» intervenne Anniha che si era unita a noi giusto in tempo per sentire la nostra conversazione.
«Ehi voi tre» urlò la nostra allenatrice che ci osservava dall’ingresso del campo. «Avete intenzione di entrare o dovete continuare a sbavare lì fuori?»
Estia non era mai stata molto morbida con i cadetti in genere, ma con noi riteneva di doverlo essere ancora di più per temprarci maggiormente.
Il Parrises Squares era un gioco violento, sicuramente non per femminucce. Le squadre potevano essere miste e non vi era distinzione tra squadre maschili e femminili. La nostra era una squadra totalmente femminile, quindi in campo, specialmente quando incontravamo squadre maschili, dovevamo farci valere.
«Ragazze solito schieramento» ordinò la Kalligalenos, che aveva l’abitudine di passeggiare avanti e indietro, con le mani dietro la schiena, quando doveva comunicarci qualcosa d’importante. Vidi Ysaahi strizzarmi l’occhio quasi a voler dire «ecco ci siamo».
«Devo comunicarvi una notizia che sicuramente vi farà piacere, ancora non è stata resa pubblica quindi nessuno ne è al corrente, a parte pochi… intimi e sono sicura che la cosa vi sorprenderà alquanto: sono riuscita ad organizzare una partita d’allenamento con la squadra dell’Accademia del Commercio di Tellar».
«No!!! Incredibile. E chi l’avrebbe mai immaginato!» esclamammo cercando di apparire meravigliate.
«Arriveranno domani, ed è stata organizzata una conferenza stampa. Alla squadra vincitrice verrà assegnato un trofeo e non mi pare il caso di sottolineare che ho già fatto un posto sullo scaffale del mio studio. Immaginate la soddisfazione di tutta l’Accademia quando potremmo raccontare di avere battuto 'i leoni di Tellar'… e già, così li chiamano. Il rettore inoltre è concorde con me nel pensare che sarebbe una bella impresa vincere la partita, quindi ragazze questo sarà il nostro obiettivo».
L’allenamento di quel giorno fu il più stancante degli ultimi mesi, la Kalligalenos ci spremette come limoni senza sprecare neppure una goccia, tanto che la sera crollai vinta dalla stanchezza.
Quando il giorno seguente entrammo nella sala adibita per la conferenza stampa ci rendemmo conto che tutta l’Accademia era presente. Cadetti, ufficiali, istruttori, ci dettero il benvenuto con un caloroso applauso; anche i nostri avversari furono accolti con tutti gli onori ma senza l’entusiasmo che ci avevano appena dimostrato.
La nostra allenatrice, conoscendo quanto noi i tellariti, ci aveva ordinato di mantenere a freno la lingua qualsiasi commento avessero fatto e così fu. Non mancarono commenti sprezzanti, battute equivoche e frasi offensive da parte loro e per ben due volte fui tentata di rispondere a tono, ma i pizzicotti che Anniha mi rifilò furono sufficienti a farmi desistere.
«Sul campo, Crissy. Gliela faremmo pagare sul campo» mi sussurrò la denobulana.
Durante la conferenza stampa gli allenatori di entrambe le squadre, furono invitati dal rettore a rispondere alle domande dei giornalisti e dei partecipanti all’incontro. Con mio grande stupore notai che l’allenatore dei tellariti era un giovane umano, sulla trentina, sguardo accattivante e due occhi scuri penetranti. Per un attimo i nostri occhi s’incontrarono, fu un incontro breve ma intenso e sentii che quel uomo aveva qualcosa di speciale. Anche i giornalisti furono subito conquistati dal carisma del giovane e tutti pendevano dalle sue labbra. Seguii parola per parola del suo discorso iniziale, denso di battute umoristiche che catturò l’attenzione del pubblico presente oltre che la mia. Risi come tutti alle sue frasi divertenti e per un attimo svanì anche il mio iniziale risentimento verso la squadra avversaria; in quel momento compresi di voler conoscere quell’uomo, anzi che dovevo assolutamente conoscerlo.
La conferenza terminò, il tempo passò così velocemente che non mi resi conto della sua effettiva durata. Prima di lasciare la sala dell’incontro, cercai nuovamente il suo sguardo e lui lo ricambiò con un sorriso intenso e carico di significato.
«E vai!» mi dissi, mi sentivo così stranamente felice da non accorgermi neppure di chi mi stava accanto.
Decisi di non parlare a nessuno di quello che avevo appena provato, neppure ad Anniha anche se la vulcaniana percepì all'istante che c’era qualcosa di strano in me.
«Crissy, cosa ti succede? Sono dieci minuti che ti parlo e non hai sentito neppure una parola del mio discorso» e Anniha attese con la solita calma una risposta.
«Crissy?! Se gentilmente volessi collegarti un attimo con il tuo cervello, magari riusciresti anche a seguirmi».
«Dicevi qualcosa?»
«Oh, buongiorno mia cara, sei di ritorno finalmente. Si può sapere che ti sta succedendo? E non dirmi niente, non è necessario essere vulcaniani per comprendere che qualcosa non va».
«Scusa, mi sono distratta, pensavo… hai notato l’allenatore dei tellariti?»
«Santo cielo, non dirmi che il tuo illogico comportamento è dovuto a lui?».
«SSSSSSS… parla più piano» la rimproverai. «Ma lo hai notato?» le chiesi ancora.
«Francamente no, anzi ti dirò di più: l’ho trovato noioso, il suo discorso mancava di logica, era pieno di battute a cui tutti rispondevano con aperte manifestazioni d’ilarità. Avrei magari preferito che parlasse dei giocatori o che facesse cenno a qualche tecnica di gioco di cui sono tanto famosi».
«Tecniche di cosa? Mi piacerebbe sapere il suo nome».
«Ora sì che mi stai dando seri motivi per impensierirmi. Crissy sto parlando della partita di Parrises Squares che si terrà tra pochi giorni, ricordi? Con la squadra che ha fatto fuori tutte le migliori formazioni del quadrante Alfa, e tu stai perdendo la testa per un tipo che si chiama Alex… qualcosa.»
«Si chiama Alex, sei sicura?»
«Beh sì, l’ho letto da qualche parte, ma che sto dicendo. Senti, amica mia, finiscila di ragionare con gli ormoni e riprendi il controllo, abbiamo una partita da giocare ed in questo momento non hai bisogno di questo tipo di distrazioni».
«Ma che vai pensando» dissi alla vulcaniana fingendomi indignata dalle sue insinuazioni «la mia era solo curiosità… mi conosci».
«Appunto, proprio per questo la tua reazione mi preoccupa» e cambiò argomento. «Questa sera con il resto della squadra andiamo a cena nel solito locale, sei dei nostri vero?»
«Certamente, magari ci vediamo più tardi, dovrei… avrei… qualcosa da fare, ci vediamo più tardi» e lasciai Anniha.
Iniziai a vagare per l’Accademia, persa tra i miei pensieri, quando mi ritrovai davanti alla sala mensa. Uno strano trambusto proveniva dall’interno: in un tavolo appartato vi era l’intera squadra tellarite che rumoreggiava senza ritegno. Scelsi il tavolo più lontano a quello dei nostri avversari, per gustarmi in santa pace una favolosa fetta di torta ai pinoli.
«Ciao, come mai sei sola?» mi chiese una voce familiare. Il cuore prese a battere talmente forte che credetti stesse per uscirmi dal petto, le mani mi tremarono e il cucchiaino mi scivolo spargendo zucchero a velo sulla mia uniforme.
«Che figuraccia» pensai, e sollevai lentamente lo sguardo senza riuscire neppure a rispondere.
«Posso farti compagnia?» mi chiese ancora, sorridendo al mio più che evidente imbarazzo.
«Certamente, accomodati» e misi le mani sotto il tavolo per nascondere il loro tremore. Mi sentivo come un’adolescente alla prima cotta e non riuscivo a controllarmi.
«Io sono Alex» si presentò.
«Sì lo sa… cioè… piacere mi chiamo Crissy».
Parlammo per più di un’ora e ci raccontammo così tante cose che mi pareva di conoscerlo da sempre. Alex era veramente speciale. Se non avessi avuto la sicurezza che era umano, avrei potuto pensare che sapesse leggermi nei pensieri: condividevamo tantissimi interessi, sapeva sempre cosa dire, come comportarsi e cosa fare, al momento giusto e come piaceva a me. Non ragionava come i soliti maschi, presi solo da se stessi, dal loro egoismo e dal loro bisogno di mettersi in mostra per fare colpo, inoltre decidemmo di non parlare assolutamente del Parrises Squares e del prossimo incontro. La sua semplicità, i suoi complimenti discreti ma densi di emozione, la sua capacità di farmi sentire speciale mi conquistarono.
Ci lasciammo con evidente dispiacere a causa degli allenamenti della sua squadra, però mi chiese un appuntamento per il giorno seguente.
La sera mi incontrai all’ora concordata con Anniha, Ysaahi e Sheeba, ci avviammo al solito locale e ci concedemmo una cena con i fiocchi. La serata era allegra, spensierata, io e Ysaahi ci scambiavamo simpatiche battute sui nostri avversari, eravamo entrambe su di giri e riuscimmo a far rilassare anche Anniha, facendole dimenticare per una volta schemi e tecniche di gioco.
Le nostre risate non passarono inosservate: il Rettore Ster si avvicinò al nostro tavolo con un sorriso malevolo stampato sul viso.
«Vi divertite a quanto vedo. Ridete, ridete quanto volete, vi consiglio di farlo ora che le vostre mascelle sono ancora in grado di poterlo fare, perché dopo la partita… non so quanto di voi rimarrà intero».
«Lei crede Rettore?» gli chiesi con ironia.
«Ragazze mie, non crederete di sopravvivere contro i miei Leoni spero e voglio anche darvi un consiglio… fatte testamento!!!» e scoppiò in una risata potente e sguaiata.
Senza perdere la calma preferii usare, per una volta in vita mia, la strada della diplomazia: «La ringrazio del consiglio Rettore e mi permetta di offrirle una birra¹ » e feci segno al barista di servire la bibita al banco, lontano dal nostro tavolo. «La beva alla nostra salute, Signore.»
«Il rettore sembra molto convinto della loro imminente vittoria» commentò Sheeba.
«Sino ad ora hanno sempre vinto» disse Anniha e aggiunse «ho letto che il più delle volte i giocatori delle squadre con cui si confrontano perdono la loro lucidità e sangue freddo».
«Ma ancora non sono scesi in campo contro di noi».
«Hai perfettamente ragione e se anche dovessero farcela… dovranno sudarsela» aggiunse Ysaahi e ci concedemmo un ultimo brindisi.
Ritornammo in Accademia prima della mezzanotte per ordine della nostra allenatrice, che ci attendeva il giorno seguente di buon ora per gli allenamenti.
Arrivai con Anniha in campo. Non avevo dormito bene durante la notte, il pensiero dell’incontro con Alex mi riempì la testa e m’impedì di riposare in modo soddisfacente. La Kalligalenos mi rimproverò più volte dai bordi del campo: «Crissy si può sapere che hai per la testa oggi?».
Ma per fortuna non fui la sola a non eccellere nel rendimento «Ysaahi lancia il boccino a Sheeba, guarda che quello non te lo puoi sposare».
Sicuramente la Kalligalenos non usava mezzi termini per spronarci, ma forse non aveva tutti i torti quella mattina e quando ci chiamò a sé sapevo che ci attendeva una ramanzina.
«Crissy, dal momento che ti sei scordata di come si sta in campo, non è che magari ti ricordi cosa si deve fare per vincere una partita²?» iniziò la philosiana con calma apparente.
«La prima regola del Parrises Squares dice che per vincere una partita è necessario realizzare 25 punti prima dell’altra squadra».
«E tu credi di riuscirci giocando come una femminuccia che non riesce a coordinare i movimenti per paura di tagliarsi un’unghia?» urlò tutto d’un fiato prima di rivolgersi alla mia compagna di squadra. «E tu Ysaahi dimmi, ricordi la seconda?»
«Sì, Signora: se un giocatore esce involontariamente dal campo di gioco, la squadra dovrà giocare con un giocatore in meno per i successivi cinque minuti».
«E ti sei resa conto di quante volte hai violato questa regola? Non sei riuscita a vincere nessuno scontro con Sheeba, sei andata fuori più volte di quante sei stata all’interno del campo.»
La Kalligalenos fece una pausa di qualche secondo e poi continuò: «Anniha vuoi cortesemente ricordare alle tue compagne la terza regola fondamentale?»
«Non è previsto un termine per la durata di una partita, ogni quaranta minuti di gioco ci sarà una pausa di un minuto ed inizierà un secondo tempo e poi un terzo e così via, finché una delle due squadre non raggiungerà il punteggio prestabilito».
«Esatto, ma voi due» disse l’allenatrice rivolgendosi a me e alla denobulana «avete il fiatone da quando siete entrate in campo, sembrate due ruote sgonfie. Ma avete la minima idea di quello che ci faranno i tellariti se giochiamo così? Ci umilieranno, ci faranno a pezzi, ci ridurranno in poltiglia, ma non sarà nulla rispetto a quello che vi farò io se mi farete sfigurare domenica. Voglio vederli piangere, dovete piegarli in due, voglio che vi temano ed infine… voglio che i Leoni di Tellar al massimo riescano a miagolare quando abbandoneranno questo campo. MI AVETE CAPITO?»
«Sì, Signora» urlammo tutte e quattro.
Quello fu l’allenamento peggiore della nostra squadra, io non ci stavo con la testa e Ysaahi chissà… forse aveva bevuto troppa birra durante la cena. Quella sera si creò un po’ di malumore: Sheeba sbraitò a lungo, per la nostra mancanza di concentrazione a pochi giorni dalla partita, e Anniha invece si era chiusa in un silenzio molto significativo, che solitamente significava che stava cercando di controllare il suo stato d’animo.
Incontrai Alex quella sera, fuori dall’Accademia. Fu un incontro romantico e decisamente appassionante; ci conoscevamo da soli due giorni ma avrei fatto carte false per lui ed inoltre sentivo che i miei sentimenti erano ricambiati. In quel momento ciò che per me contava più di ogni altra cosa era Alex: anche il mio desiderio di vincere la partita di Parrises Squares era diventato solo un ricordo sfumato e molto lontano.
Il giorno seguente fu la ripetizione del precedente. La Kalligalenos era talmente inferocita con me ed Ysaahi che non riuscì a trattenersi, afferrò una mazza ionica e ci scacciò dal campo lanciandoci contro diversi boccini che ci colpirono come proiettili.
Alle prediche della philosiana si aggiunsero quelle dalla mia compagna di stanza che pranzava con me in sala mensa, ma per fortuna fu interrotta da Beatrix che si sedette al nostro tavolo con l’aria di quella che la sa lunga.
«Ho sentito dire che gli allenamenti non stanno andando molto bene e che la Kalligalenos se la sia presa con Ysaahi».
«In realtà ne ha dette quattro anche a Crissy. E allora?» chiese Anniha.
«Quindi non è solo una voce di corridoio… dicono che la denobulana sia svampita in questo periodo».
«Beatrix che cosa vuoi? Da quando ti interessi di sport?» le chiesi infastidita.
«Diciamo che forse conosco il motivo dell’improvviso calo di… rendimento della vostra amica».
«Avanti parla, tanto so che non ci lascerai in pace finché non avrai sputato veleno su qualcuno».
«Ysaahi si è innamorata».
«Innamorata? Ma che dici? Se avesse incontrato qualcuno di suo gradimento puoi star sicura che ne avrebbe parlato».
«Forse, ma non questa volta» continuò B.Q.
«E perché mai! Tutti sappiamo che Ysaahi desidera trovarsi tre mariti, non ne ha mai fatto un segreto».
«Ma forse questa volta non vuole che sia di dominio pubblico perché… come credete reagirebbero in Accademia se sapessero che si è invaghita dell’allenatore dei tellariti».
Mi sentii ghiacciare il sangue. «Ma cosa vai dicendo, ti rendi conto di quante cattiverie escono dalla tua bocca e poi…» continuai ancora tremante «come mai sei così sicura?».
«Ho visto come lo guarda, ho percepito i suoi sentimenti, ti sei scordata che sono telepatica? A volte può essere utile esserlo, riesco a captare pensieri e sensazioni anche senza volerlo».
«E lui… voglio dire… anche lui?!» e il sospetto mi trapassò dolorosamente il cuore.
«Di lui non so assolutamente niente. Beh, io vi ho avvertito, se proprio desiderate vincere questa partita forse è meglio se l’aiutate a toglierselo dalla testa».
«Vergognati Beatrix» intervenne Anniha «sei in parte vulcaniana e questo tuo comportamento è inaccettabile».
«Hai detto bene mia cara… in parte».
«E come mai questa improvvisa manifestazione di… bontà e d’interesse da parte tua? Solitamente non fai mai niente per niente, cosa credi di ottenere?» le chiese ancora la mia compagna di stanza.
«E va bene, diciamola tutta. Per voi sarebbe un disastro se si sapesse che la denobulana si è presa una cotta per quel tipo e per me… beh, se voi riusciste a farglielo togliere dalla testa sarebbe un problema in meno… sapete… non è poi niente male per essere un umano» e si allontanò così come era arrivata.
«Credi veramente che le interessi?» chiesi alla vulcaniana.
«Francamente non credo che B.Q. abbia mai veramente tenuto a qualcuno… secondo me ha inventato questo suo improvviso interesse solo per seminare zizzania».
«No, non parlavo di Beatrix, intendevo dire… credi veramente che Ysaahi…»
«Perché me lo chiedi? Se anche fosse sarebbe un problema per te?»
«Io… no, certo che no…» negai tentando di essere il più convincente possibile.
«Crissy, sputa il rospo».
«Ti assicuro che… e va bene. Sì per me sarebbe un problema… io e Alex…»
«Tu e Alex… cosa?».
«In effetti… usciamo insieme, siamo innamorati e se la denobulana si sta mettendo grilli per la testa sul mio uomo è meglio che se li tolga».
«Il tuo uomo?! Crissy, ma che dici, vi conoscete al massimo da un paio di giorni e poi… se anche Ysaahi si fosse presa una cotta per Alex… non hai fiducia in lui?».
«Ma no, il fatto è che Ysaahi è denobulana e quindi…»
«E quindi non avrebbe problemi a volere dividere Alex con te: è questo che ti preoccupa?» mi stuzzicò Anniha.
«Ma non se ne parla neppure… che se ne vada a cercarli altrove i suoi tre mariti… io non divido niente con nessuno».
«Sei gelosa…»
«Non è vero».
«Tremendamente gelosa… impara a controllare le tue emozioni e finiscila. Ti stai immaginando cose che esistono solo nella tua fantasia. Crissy, per favore, dimentica tutto ciò che B.Q. ha detto, concentrati sulla partita e ricomincia a pensare con la testa; se proprio ci tieni, potrai dar sfogo all’illogicità delle tue pulsioni dopo che avremmo affrontato i tellariti».
Cercai di mettere a frutto i consigli di Anniha, ma la situazione si rivelò più complicata di quello che pensavo. Quel giorno, io e la denobulana, non ci rivolgemmo la parola, però il nostro atteggiamento in campo rifletteva una sorta di malessere interiore. Litigammo più volte durante l’allenamento e i nostri scontri fisici furono più duri di quanto lo erano mai stati. La Kalligalenos incoraggiò la nostra aggressività che interpretò come rinnovato vigore e ciò mise a rischiò la nostra stessa incolumità fisica. Solitamente, tra noi, era sufficiente scambiare uno sguardo per mettere in atto la giusta strategia di gioco, ma non quel giorno: non vi era comunicazione e neppure ci provavamo, l’unico contatto che avevamo era quello delle nostre mazze su ogni centimetro non protetto del nostro corpo.
Ormai Sheeba non stava più nella pelle per la rabbia e Anniha si rifiutò di rivolgermi la parola per ben due ore, tempo che dedicò alla meditazione, finché a furia di suppliche riuscii a convincerla d’essere sinceramente pentita del mio comportamento in campo; solo allora la convinsi ad uscire, del resto come si poteva rinunciare ad un giro per negozi durante il periodo dei saldi?
Da tempo avevo visto un capo interessante di biancheria intima che costava parecchio, quindi avevo atteso per poterlo acquistare a prezzi più convenienti.
Entrai con Anniha nel negozio, mi avvicinai alla merce in esposizione e vidi che era rimasto un ultimo pezzo del reggiseno che da tempo avevo desiderato. Allungai la mano per prenderlo e vidi un’altra mano afferrarlo contemporaneamente alla mia. «Scusi ma lo stavo acquistando…» e sentii l’eco delle mie parole riflesse in quelle di Ysaahi.
«L’ho visto prima io» le dissi
«Io sono arrivata prima di te nel negozio»obiettò la denobulana.
«Ma io tengo d’occhio questo reggiseno da mesi»
«Non so proprio che te ne faresti, non è neppure della tua taglia» disse Ysaahi.
«Che vorresti insinuare? Questa è una terza» le dissi inviperita.
«Infatti, con che cosa lo vuoi riempire».
«Per tua informazione, carissima, io porto quasi una quarta… semmai vorrei capire come faresti tu a riempirlo con quelle due noccioline che ti ritrovi».
«Noccioline a me!!!! Lascialo è mio» urlò Ysaahi tirando il capo con tutte sue forze.
«Allora è proprio una tua abitudine volerti appropriare delle cose altrui» e tirai anch’io il povero reggiseno che a furia di tirare si strappò in due pezzi, facendoci rotolare entrambe a terra.
Sheeba e Anniha, indignate per il nostro comportamento, ci bloccarono prima che la situazione degenerasse e dopo avere ripagato al danno fatto ci scaraventarono fuori dal negozio.
«Vergognatevi» disse Anniha «non vi è bastato darvele di santa ragione durante gli allenamenti? Era proprio necessario prendevi per i capelli davanti a tutti? Adesso basta, credo sia ora di chiarire questa situazione».
«Non c’è niente da chiarire» replicammo io e Ysaahi contemporaneamente.
«Noi invece, dopo aver discusso, crediamo abbiate molte cose da dirvi».
Il giorno della partita arrivò. La Kalligalenos era talmente nervosa che non riuscì neppure a farci il solito discorsetto prima dell’inizio dell’incontro e mi chiese: «Crissy vuoi dire qualcosa alle tue compagne? »
«In quest’ultima settimana abbiamo vissuto momenti difficili, abbiamo lottato contro noi stesse ma siamo ancora qui, più forti di prima. Ciò che stiamo per affrontare non sarà una passeggiata, ma sono convinta che se ognuna di noi darà il meglio di sé possiamo farcela».
«CHI SIAMO NOI?» chiesi alle mie compagne come eravamo solito fare.
«LE TIGRI» risposero in coro.
«LE TIGRI DI CHI?» domandai ancora come di rito.
«LE TIGRI DELLA KALLIGALENOS».
L’arbitrò mise in gioco il Ten Ka Su, il boccino, e la partita ebbe così inizio. Gli scontri erano duri, ma i nostri avversari non riuscivano a mantenere il campo. I loro lanci erano scoordinati, le liti tra loro continue, le buche in zona lancio erano sempre più frequenti. Mentre noi eravamo riusciti a riconquistare l’armonia, che era la vera forza della nostra squadra, loro invece l’avevano definitivamente perduta. Vidi Alex più volte urlare contro i suoi giocatori e lanciarci invece occhiate disgreganti. Pareva confuso, nessuno dei loro schemi riusciva ad avere il meglio sui nostri. Fu una partita sofferta ma finalmente arrivò al secondo tempo, il fischio dell’arbitro quando segnammo il 25° punto. Avevamo vinto.
Attraverso le grandi vetrate della tribuna coperta, da cui gli spettatori potevano seguire la partita, vidi il Rettore Ster dar di matto. Urlava contro chiunque gli stesse vicino e sbraitò parecchio anche contro Alex.
«Non mi pare vero» dissi ponendo al centro del tavolo il trofeo appena vinto. I cadetti ci avevano accompagnato festosamente sino al solito locale, con canti di vittoria. Per l’Accademia era stata una vera impresa, che sicuramente sarebbe rimasta scritta negli annali della storia dello sport.
«Ehilà Tigri» ci chiese il padrone del locale «vi porto il solito?»
«Il solito Fred e per me… anche una doppia porzione di patatine, una bistecca al sangue e una coca light. Perché mi guardate così?» chiesi ad Anniha e ad Ysaahi che mi fissavano «che c’è di strano se bevo una light… sono a dieta» e tutti risero.
«Questa volta ce la siamo vista proprio brutta» disse la denobulana.
«Già e tutto per colpa nostra, ci siamo fatte abbindolare da quello stupido doppiogiochista e ci siamo cascate in pieno… era proprio convincente» intervenni.
«Siamo state proprio delle… ingenue, abbiamo fatto il suo gioco e se non fosse stato per le manie di B.Q. di mettere becco in tutto…» continuò Ysaahi.
«Beatrix voleva solamente seminare zizzania ed invece il suo intervento ha salvato la situazione e siamo riuscite a comprendere il piano di Alex» intervenne Anniha. «Se la cosa può consolarvi ricordate che non siete le uniche ad essere state giocate da lui. Ho indagato a fondo, anche con l’aiuto di Tarf, l’amico tellarite di Ysaahi e a quanto pare, Alex, ha utilizzato molto spesso questa tecnica ed in precedenza gli è riuscita perfettamente».
«Ottimo stratega» miagolò Sheeba «grazie alle sue ormai provate arti da dongiovanni, faceva il cascamorto con due o più componenti della squadra avversaria, riusciva a metterle una contro l’altra ed il gioco era fatto o meglio… la partita era quasi vinta. Ma non avrebbe mai pensato che potessimo utilizzare la sua stessa tecnica per creare scompiglio tra le sue giocatrici».
«Gli abbiamo reso pan per focaccia, Tarf ha fatto un ottimo lavoro con le giocatrici tellariti. Ma avete visto la faccia del povero Alex quando ha fatto irruzione nel nostro spogliatoio?» dissi soffocando una risata soddisfatta. «Questa volta ha avuto una lezione coi fiocchi… la tua Anniha è stata una mossa da campioni».
«E’ letteralmente sbiancato quando anziché trovare noi nello spogliatoio si è ritrovato un bel gruppo di ex, sedotte e abbandonate, e soprattutto armate sino ai denti. Ma come hai fatto a rintracciarle Anniha?» chiese Ysaahi continuando a sorridere per la soddisfazione.
«Anche per questo devo molto al tuo amico, ho fatto una ricerca sulle partite vinte dai tellariti nell’ultimo anno, mi sono messa in contatto con alcune giocatrici di queste squadre e molte di loro sono state felici di potersi vendicare.»
«Ora che tutto è terminato, vorrei proporre un brindisi» e ci alzammo in piedi stringendo i bicchieri. «Ad Alex, che per il futuro non commetta più l’errore di sottovalutare le risorse di una femmina».
«AD ALEX» risposero in coro.
La serata era appena iniziata, molti sarebbero stati ancora i brindisi e molti i motivi per cui festeggiare: avevamo vinto una partita, ma la vittoria più importante per noi era stata quella di ritrovare l’armonia, l’amicizia e l’unità del gruppo.
Note
¹ Paletto 1: offri una birra al Rettore Ster.
² Paletto 2: cita le tre regole fondamentali del Parrises Squares
³ Palotto di Duo Maxwell: Ysaahi offre una birra al rettore Ster