La notizia era di quelle roventi, di quelle in grado di scatenare il gossip accademico oltre la più sfrenata immaginazione: l'imminente incontro di Parrises Squares tra la squadra dell'Accademia del Commercio di Tellar e quella della Flotta Stellare non era cosa di tutti i giorni e finì per monopolizzare ogni conversazione. La versione più accreditata dava per certo che il Rettore D'Elena avesse fatto una scommessa con il Rettore Ster, con le rispettive Accademie come posta in gioco ma c'era chi sosteneva che fosse tutta una manovra del Dominio per minare alla base l'intera struttura della Flotta Stellare, chi pensava ad una subdola tattica dei Borg per infiltrarsi in Accademia celati sotto la pesante armatura di gioco, chi riteneva che fosse solo un'abile mossa di De Leone per mettere i due rettori uno contro l'altro al fine di liquidarli e prendere il posto di entrambi, o almeno quello di uno dei due.
In mezzo a questo vortice di voci e illazioni, c'era qualcuno che non si poneva troppe domande.
«Cosa vuoi che mi interessi, A.J.» sbottò Ysaahi, dopo aver sentito l'ennesima ipotesi di complotto elaborata dall'amico, «qualunque sia la realtà, io sono fregata! Mi toccherà sudare le vostre proverbiali sette camicie!»
«Ehi, che modi! Che ci posso fare se la tua squadra è stata scelta per sfidare quella di Tellar? Non è colpa mia se hai deciso di dedicarti a questo sport!»
'Nemmeno mia, se è per questo' pensò Ysaahi, rabbuiandosi. Si era chiesta per mesi chi avesse potuto farle lo scherzo di iscriverla, a sua insaputa, al corso avanzato di Parrises Squares: la denobulana era un tipo sportivo ma avrebbe preferito qualcosa che le desse una maggiore visibilità, che le permettesse di scendere in campo con qualche deliziosa tutina e di elargire ai supporter sorrisi e sguardi ammalianti. Fare a botte rinchiusa dentro una armatura non corrispondeva propriamente alla sua idea di sport. La cosa paradossale è che non aveva nemmeno potuto tirarsi indietro: la sola notizia della sua iscrizione l'aveva riabilitata agli occhi di Shermann, il quale non le aveva più dato un voto al di sopra del minimo sindacale dai tempi dell'esercitazione con l'assalto al fortino: ricevere un ottimo in 'tecniche di sopravvivenza avanzato' l'aveva indotta ad accettare il destino e a gettarsi anima e corpo nella pratica del Parrises Squares, peraltro con notevole successo. L'episodio nell'Universo Specchio l'aveva convinta che in quella misteriosa iscrizione ci fosse lo zampino del suo doppio, ma questo non poteva certo raccontarlo ad A.J.
«Che c'è?» chiese il ragazzo, preoccupato dall'insolito silenzio dell'amica. «Ho detto qualcosa che non va?»
Ysaahi si riscosse. «Ma no, stavo solo ripensando all'ultimo allenamento. La Kalligalenos ci ha fatto sputare sangue: avresti dovuto vedere la luce nei suoi occhi mentre ci parlava dell'importanza di aggiudicarsi questo trofeo. 'Ho già fatto un posto sullo scaffale del mio studio'“ le fece il verso, imitando la voce e i movimenti della Platoniana, “'La sconfitta non è un'opzione contemplata', 'Vincere sarà il nostro obiettivo'. Non farmici pensare. Piuttosto, grazie per la soffiata: ho fatto un figurone con le altre ragazze della squadra svelando in anteprima la notizia dell'incontro.»
A.J. si strinse nelle spalle. «Il merito è di Pel e del suo udito da andoriana. Quando mi ha detto di aver sentito Maxwell che sussurrava a Vinsar di aver udito in mensa la Kalligalenos che confidava a Stark di questa sfida, ho pensato che scherzasse; poi ho visto De Leone rispolverare il suo vecchio antistress a forma di maiale e ho capito che la notizia era fondata.»
«Più che fondata A.J.,» esclamò la denobulana con impeto. «La Kalligalenos è stata chiara. L'onore dell'accademia è nelle nostre mazze: o si torna vincitori...»
«... o si muore tra i dolori!» concluse il ragazzo con un ghigno. Ysaahi gli chiuse la bocca con un Happy Harvy al cioccolato ancora incartato!
Il gioco del Parrises Squares, benché molto fisico, a tratti anche brutale, era uno degli sport più seguiti all'interno dell'Accademia ed Ysaahi, anche se non voleva ammetterlo, era molto orgogliosa di giocare per una delle squadre più apprezzate e vincenti delle ultime stagioni. Del team facevano parte la caitiana Sheeba, amica di vecchia data, e l'umana Crissy Ax con la sua compagna di stanza, la vulcaniana Anniha. Le ragazze avevano legato immediatamente, diventando amiche e frequentandosi anche al di fuori della palestra, e la cosa non aveva fatto altro che migliorare il loro affiatamento. Una squadra tutta al femminile era una rarità nel mondo del Parrises Squares ma le ‘Tigri della Kalligalenos’ avevano sorpreso più di un osservatore facendo della velocità e della perfetta intesa le loro armi vincenti: Sheeba, con la sua agilità, era abilissima a sottrarsi alle prese degli avversari per poi sgattaiolare verso la meta; Anniha era una infallibile regista, capace di coordinare le azioni delle compagne in modo impeccabile; Crissy si distingueva per la sua caparbia e la tecnica perfetta che le permetteva di avere la meglio su avversari spesso più forti di lei; Ysaahi ci metteva l'originalità tattica e la fantasia, riuscendo molte volte a ribaltare l'esito di partite che sembravano irrimediabilmente segnate. Quando le ‘Tigri’ scendevano in campo, non c'era il rischio di annoiarsi: il pubblico non aveva tardato ad accorgersene, accorrendo sempre numeroso alle loro partite e seguendo la squadra con calore.
Non c'era da stupirsi, quindi, se la grande sala preparata per la conferenza stampa di presentazione era gremita di persone di ogni tipo, personale della Flotta ma anche civili e giornalisti, desiderosi di poter vedere e ascoltare le proprie beniamine. Un boato salutò l'ingresso della squadra insieme ad un festante sventolio di sciarpe e bandiere: Estia Kalligalenos, vestita con una semplice ma preziosa tunica, precedette Anniha, Crissy, Sheeba e Ysaahi splendenti nella loro tuta di rappresentanza. I sorrisi che elargirono a destra e a manca mandarono in visibilio la folla. L'onnipresente De Leone porse il braccio alla platoniana, aiutandola a raggiungere la postazione, alla destra della dottoressa Leneorat, gran cerimoniere e moderatore dell'incontro.
Se le ‘Tigri della Kalligalenos’ godevano di una certa notorietà, i ‘Leoni di Tellar’ non erano da meno: la squadra ospite, formata da due maschi e due femmine, tutti di razza tellarite, era salita spesso agli onori della cronaca per il suo gioco duro e aggressivo, al limite del regolamento. Probabilmente era per questo che le squadre che osavano sfidarli smarrivano facilmente il filo del gioco, perdendo lucidità fino allo sbandamento completo. E questo rendeva ancora più affascinante l'idea di una sfida tra le due formazioni. Presentati dalla dottoressa Leneorat, i Tellariti fecero il loro ingresso marciando compatti e squadrando la folla con sguardo torvo; li precedeva il Magnifico Rettore Ster, più aggressivo e strafottente dei suoi giocatori mentre chiudeva il corteo l'allenatore della squadra, un umano che li superava in altezza di tutta la testa e che contrastava per il largo sorriso e i modi gentili. La sala tributò anche a loro una buona accoglienza, anche se non mancò qualche fischio e qualche coro isolato non troppo sportivo.
Ysaahi e le compagne sostennero lo sguardo degli avversari, decise a non perdere quello scontro preliminare. Le direttive della loro allenatrice erano state chiare: non cedere alle provocazioni, non rispondere per le rime, indifferenza e signorilità. Ma i buoni propositi si rivelarono durissimi da mantenere. Parlarono i Rettori, poi gli allenatori, quindi gli atleti, in un crescendo di stoccate, frecciatine, battute e doppi sensi; Ysaahi si morse più volte la lingua per non esplodere, mentre Crissy collezionava pizzicotti da Anniha e il pelo arruffato di Sheeba tradiva la sua agitazione. Solo la Kalligalenos sembrava non perdere la sua calma glaciale, contemplando ogni cosa come se non la riguardasse e parlando con una tranquillità olimpica, che mandò in bestia i tellariti più di una raffica di offese.
'Sul campo, gliela faremo pagare sul campo' continuava a ripetere Ysaahi, qualche volta a se stessa, qualche volta alle compagne. Ma seguire quelle sagge parole fu uno sforzo non indifferente.
Quando la conferenza finì, Ysaahi si fiondò verso la toilette: dopo quel bagno di folla sentiva la necessità di passare qualche minuto da sola e quello era il posto più vicino e solitario che le fosse venuto in mente. Stava per raggiungere la porta quando le giocatrici tellariti le tagliarono la strada, spingendola da una parte.
Ysaahi perse l'equilibrio e venne travolta da qualcuno che passava in quel momento: sarebbe sicuramente caduta se due braccia non l'avessero provvidenzialmente sorretta. «Accidenti, fai attenzione» sbottò la denobulana, indispettita più per essersi fatta sorprendere dallo spintone che per lo scontro fortuito.
«Hai ragione, ero distratto» disse una voce che non si aspettava di sentire. L'allenatore dei tellariti, l'umano alto dai modi gentili, l'aiutò a rimettersi in piedi. «Scusa, spero non ti sia fatta male...» aggiunse, raccogliendo e porgendole il mini-padd che le era caduto di tasca.
«No, no, è solo che...» balbettò Ysaahi, decisamente imbarazzata. Non riusciva a staccare gli occhi dal viso del giovane. Come aveva fatto a non accorgersi di quegli splendidi occhi scuri? E di quel sorriso accattivante? Era più giovane di quanto avesse immaginato, non poteva avere più di una trentina d'anni.
«Lo so, le mie giocatrici sono un po' irruente» proseguì l'allenatore, «pensano di essere in campo anche quando non lo sono.»
Queste parole diedero alla denobulana il tempo di riprendersi. «Immagino sia il prezzo da pagare quando si allena una squadra tellarite, signor...?» chiese, dandosi dell'idiota per non aver memorizzato il nome del coach avversario.
«Chiamami Alex» rispose lui con uno sguardo di intesa. «Non sono ancora così vecchio da aver bisogno del 'signor', né così famoso da meritare l'appellativo di 'mister'.»
«Questo non lo direi proprio» cinguettò Ysaahi, stupendo persino se stessa, «tutti sanno che i Leoni devono molto al loro ultimo allenatore.»
«Così come le Tigri alla loro giovane fantasista» replicò lui, restituendole il complimento. Continuava a fissarla e Ysaahi sentì uno strano rimescolo interiore. «Pensi si possa trovare l'occasione per parlarne a quattrocchi?»
Ysaahi temette di non aver capito bene, tutta la situazione cominciava a sembrarle surreale ma le parole le uscirono spontanee. «Certo,» disse, stringendosi nelle spalle, «perché no?»
Alex le fece un cenno di assenso e si allontanò raggiungendo un giornalista.
Al solito tavolo nell’area ricreativa, Ysaahi sospirò levando gli occhi al cielo. «Mi sono innamorata!» esclamò con voce rapita.
Seduto di fronte a lei, A.J. non distolse nemmeno lo sguardo dal libro che stava leggendo. «Sai che novità, me lo hai detto anche tre giorni fa.»
«Tre giorni fa?» Era sconcertata da quello stano paradosso temporale.
«Ma sì, non ti ricordi? Hai conosciuto Don Isaac, il cappellano militare, e hai deciso che era l'uomo della tua vita. Volevi scrivere al Papa per perorare l'abolizione del celibato ecclesiastico.»
«Ah, già!» esclamò lei, infervorandosi al ricordo, «un vero spreco. Che se ne fa la Chiesa di preti celibi? Perché non li condivide con mogli generose che possono renderli felici?»
«Ti ho già consigliato di lasciar perdere, non ci sono riusciti per secoli a far passare un concetto del genere. Fai prima a cercare di convincere lui a cambiare religione.»
«Diamine, non ci avevo pensato. A.J., sei un genio...»
«Un talento sprecato» sospirò lui, consapevole.
«...ma non è di don Isaac che stavo parlando. Questo è stato un incontro fatale. Anzi uno scontro fatale, visto come sono andate le cose. E pensare che ha parlato per un'ora e io quasi non l'ho ascoltato. Che occhi, che sorriso, che sguardo.»
A.J. distolse gli occhi dalla lettura per fissarli sul viso dell'amica, cercando di trovare una logica in quel fiume di parole. Ci rinunciò quasi subito.
«Ysaahi, si può sapere di cosa stai parlando?»
«Di *chi* sto parlando, vorrai dire. Ma di Alex, l'allenatore della squadra tellarite!» esclamò lei, mentre gli occhi le brillavano per l'emozione. «Ci siamo parlati dopo la conferenza e... sì, insomma... qualcosa è scattato tra di noi...»
«L'allenatore dei tellariti...»
«Io ho sentito un tuffo al cuore...»
«...il capo dei nostri avversari...»
«...e lui ha fatto intendere che potremmo rivederci...»
«... la loro guida sportiva...»
«A.J., smettila di farfugliare: ti sto raccontando di grandi sentimenti e travolgenti passioni e tu continui a fissarmi con il tuo sguardo da cernia.»
«E come vuoi che ti fissi? Questa è connivenza col nemico, assimilabile al tradimento: c'è la corte marziale!»
«Non c'è corte marziale che possa fermare il vero amore. Guarda, mi ha mandato un messaggio. Mi dà appuntamento questa sera per un aperitivo.»
«Non avrai intenzione di andarci...»
«Certo che sì! Ci vediamo fuori dall'Accademia, lontano da occhi e orecchi indiscreti, così le malelingue non avranno nulla da ridire» disse, fulminando A.J. con uno dei suoi sguardi più gelidi. «D'ora in poi terrò per me notizie di questa portata, invece che condividerle con gli 'amici'. Ed ora scusami» aggiunse, alzandosi precipitosamente, «vado a prepararmi per il grande incontro.»
Il ragazzo sospirò: era certo che anche questa volta ci sarebbero stati cocci da raccattare, un compito ingrato che per qualche misteriosa ragione finiva sempre per toccare a lui.
In un locale poco noto della periferia di San Francisco, Alex e Ysaahi stavano chiacchierando ad un tavolo appartato.
«Ma come sei finito ad allenare una squadra di Tellariti?» chiese Ysaahi, mescolando con studiata lentezza il suo cocktail alla frutta.
Alex si strinse nelle spalle: «Un allenatore va dove lo chiamano. L'Accademia del Commercio di Tellar ha una squadra prestigiosa: quando ho saputo che il precedente allenatore era a rischio di siluramento mi sono fatto avanti e ho avuto fortuna.»
«Non la chiamerei fortuna, hai un palma res strepitoso.»
«Che vuoi farci, mi trovo bene con i tellariti. Non hanno una psicologia complessa: basta sapere come prenderli e il gioco è fatto. Ma dimmi di te. Hai una tecnica veramente invidiabile.»
«Sei troppo buono» rispose lei, arrossendo. «In realtà ho cominciato a giocare qui in Accademia. Pensa che, quando sono arrivata, del Parrises Squares conoscevo solo tre regole: si vince a 25 punti, c'è un numero indeterminato di tempi di quaranta minuti e se esci involontariamente dal campo di gioco rimani fuori per cinque minuti.» ¹
«Un vero talento naturale allora,» apprezzò lui con un fischio sommesso, «mi piacerebbe averti nella mia squadra.»
La denobulana apprezzò il complimento. «Non penso di iscrivermi all'Accademia del Commercio nel prossimo futuro ma se dovesse capitare...»
Lui le prese la mano. «In quel caso, spero di essere il primo a saperlo.»
Lei gli sorrise, incantata.
Il giorno dopo, Ysaahi era al settimo cielo: il pensiero correva sempre al pomeriggio precedente e ogni volta che il volto di Alex si disegnava nella sua mente, assumeva inconsapevolmente un sorriso ebete e lo sguardo sognante.
Come sempre le succedeva in questi casi, non riusciva a concentrarsi su nulla. Le lezioni della mattina passarono senza che nemmeno se ne accorgesse mentre l'allenamento del pomeriggio... beh, ci mancò poco che la Kalligalenos la spedisse anzitempo negli spogliatoi. La salvò la scarsa concentrazione di Crissy: anche la compagna di squadra sembrava avere la testa nelle nuvole e tra l'una e l'altra non riuscirono a mettere insieme un'azione decente.
Dopo la sfuriata dell'allenatrice, le due ragazze dovettero subire anche i rimproveri delle compagne di squadra. Sheeba non usò mezzi termini per dire tutto quello che pensava della loro mancanza di concentrazione a pochi giorni dalla partita e Anniha si chiuse in un silenzio eloquente.
Per tutta la sera, Crissy non si fece vedere mentre Ysaahi tentò inutilmente di contattare Alex, alla ricerca di un po' di conforto. Lo trovò solo a notte fonda.
«Devi scusarmi» il tono di Alex era dispiaciuto, «ero a cena con la squadra e dopo... beh, sono stato fermato da una persona che non pensavo di incontrare e che non sono riuscito, come dire, a scaricare.»
«Non fa nulla» disse lei, comprensiva, «solo, è stata una giornata storta e avevo voglia di sentirti.»
«Che dici, facciamo colazione insieme domani? Conosco un posticino non troppo lontano, potremmo vederci lì prima delle lezioni.»
«Era proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire. A domani, allora.»
«A domani, e dormi serena.»
Lei sorrise. «Dopo questa chiamata, puoi starne certo.»
La notte non portò alcun consiglio e il giorno dopo fu la fotocopia di quello precedente. L'allenamento fu una lenta agonia di azioni mancate, tiri sballati e attacchi inconcludenti: Ysaahi era distratta, poco aggressiva, troppo lenta per chiudere correttamente gli schemi di attacco. E Crissy non era da meno: fiacca, debole in difesa, poco reattiva sulle azioni veloci.
Sheeba e Anniha si fecero in quattro per tentare di sopperire alle carenze delle compagne di squadra ma il risultato fu comunque inaccettabile. La Kaligalenos era fuori di sé dalla rabbia.
«Mi chiedo» le apostrofò durante una pausa mentre, schierate sull'attenti, cercavano di riprendere fiato, «se vi rendete conto di quello che state combinando.» Si rivolse a tutta la squadra ma era chiaro che solo due elementi erano i destinatari di quelle parole. «Sapete cosa succederà se affronterete i tellariti giocando in questo modo? Ve lo dico io: non uscirete vive dal campo. E nella improbabile ipotesi che doveste riuscirci, ci penserò io a farvi esalare l'ultimo respiro. L'Accademia vuole quel trofeo ma, soprattutto, IO voglio quel trofeo. E quando io voglio qualcosa, sono solita ottenerla. Sono sicura» disse, decisa a dare alle sue giocatrici un'ultima chance, «che saprete ritrovare il gioco di sempre. Ysaahi, vuoi dire qualcosa alle tue compagne?»
La denobulana, persa nei suoi sogni, venne riportata bruscamente alla realtà. «Beh... Ecco... Io... Sento che possiamo farcela ma, in ogni caso, ci sono cose più importanti nella vita quindi... ottimismo!» ²
L'attimo dopo, la Kalligalenos stava roteando una mazza ionica scagliando una pioggia di boccini contro le sue sciagurate giocatrici. Per quella mattina l'allenamento finì così, senza morti ma con qualche contuso.
Ysaahi sedeva in mensa in un tavolo appartato. Non aveva voglia di parlare con nessuno, si sentiva sola e incompresa: non era abituata ad avere dei segreti, non sulle questioni di cuore, e questo flirt clandestino cominciava a pesarle come un macigno.
«Posso sedermi?» le chiese Chantal, arrivando con un vassoio. La denobulana le fece un cenno di assenso, guardando l'amica con interesse. Si vedeva che la francesina aveva voglia di parlare: era chiaramente sulle spine e continuava a guardarsi attorno con aria preoccupata. Che avesse scoperto...
«Senti un po', che sta combinando la tua compagna Crissy?» attaccò senza mezzi termini appena su certa che nessuno potesse udirla.
La denobulana fu presa in contropiede. «La mia compagna...» balbettò, confusa. «Non so, non capisco, a cosa ti riferisci?»
«Ieri sera ero a cena fuori con amici di vecchia data; volevo portarli in un locale tipico, un po' fuori mano, un posto dove non siamo mai state insieme. Purtroppo non pensavo ci fosse bisogno di prenotare così, quando siamo arrivati, non abbiamo trovato posto e non ci siamo potuti fermare. Ma mentre stavamo uscendo, chi vedo in un tavolo appartato? Crissy Ax in compagnia dell'allenatore dei tellariti.»
Ysaahi sgranò gli occhi. «Crissy in compagnia di Alex?»
«Alex, Alan, Andrew che differenza fa?» continuò Chantal, senza notare il turbamento dell'amica. «Non conosco il nome ma ti dico che era lui: io non dimentico mai una bella faccia, né un bel fondoschiena» aggiunse, con un sorriso eloquente, «e quel tipo ha sia l'una che l'altro.»
«Crissy in compagnia di Alex...» ripeté Ysaahi, cercando di dare un senso a quelle parole. «Ma come è possibile?»
«E' quello che mi chiedo anch'io. Voglio dire, Crissy ha il diritto di frequentare chi le pare, e quel tipo è veramente un bel tipo, lascia dirlo a me, che di umani me ne intendo, ma intrattenersi con l'allenatore della squadra avversaria a pochi giorni dalla partita dell'anno...»
«Forse si sono incontrati per caso» azzardò la denobulana.
«Faccio un po' fatica a crederlo ma tutto è possibile» concesse Chantal, «però avresti dovuto vedere lo sguardo perso di lei: io dico che si è presa una bella cotta!»
Ysaahi era allibita: Crissy innamorata? Ecco spiegato il motivo del suo scarso rendimento durante gli ultimi allenamenti. Come aveva fatto a non pensarci?
«E lui?» chiese, per nulla sicura di voler sentire la risposta.
«Cosa vuoi che ti dica? L'ho visto solo per un attimo: mi è sembrato più distaccato, certo gli uomini non fanno testo...»
Ma Ysaahi non l'ascoltava già più: aveva sentito quello che voleva sentire e tirò un sospiro di sollievo. Alex era fuori a cena, glielo aveva detto lui stesso. Crissy doveva averlo seguito e aver approfittato del momento per accozzarglisi e lui, da quel gentiluomo che era, non aveva trovato il coraggio di liquidarla. Forse era lei la persona che al comunicatore diceva di non aveva voglia di incontrare. Povero Alex, che animo generoso, sopportare tutto questo per non ferire quella povera ragazza senza speranze. Un attimo dopo, la denobulana stava già covando sentimenti omicidi nei confronti della compagna di squadra: quella serpe stava cercando subdolamente di rubarle il ragazzo e questa non era cosa che lei potesse tollerare.
La fulva sagoma di Sheeba si materializzò al loro tavolo. «Ysaahi, sei qui? Ti ho cercata per tutta l'Accademia. Ascolta, dobbiamo parlare» disse, con un tono che non ammetteva repliche. «Hai letto la newsletter interna di oggi? Fare gli ultimi allenamenti a porte chiuse non è servito a nulla. Qualcuno deve essere riuscito a vedere e la notizia del nostro scarso rendimento è ormai di pubblico dominio. Si può sapere cosa ti sta succedendo? Non possiamo andare avanti così.»
Ysaahi la guardò con una luce sinistra negli occhi. «Hai proprio ragione, non possiamo andare avanti così!» disse con voce gelida, poi si dileguò, lasciando le due amiche a fissarsi attonite con un brivido lungo la schiena.
In realtà, Ysaahi era troppo infuriata per razionalizzare. Quella notte, i suoi sonni furono tormentati da incubi: continuava a sognare di offrire una birra al rettore Ster, come aveva fatto Crissy qualche sera prima, mentre cenavano tutte insieme nel loro solito locale, ma il Rettore si trasformava in Alex e Crissy lo abbracciava felice. ³
Dormì pochissimo e gli occhi gonfi che si ritrovò il mattino seguente la fecero arrabbiare ulteriormente. Indecisa sulla tattica migliore da seguire, finì per tacere, togliendo a Crissy il saluto e scatenando su di lei tutta la sua aggressività.
L'allenamento della mattina fu un gioco al massacro: Ysaahi non perse occasione per cercare lo scontro fisico con la compagna, per colpirla a tradimento o per metterla in difficoltà. Crissy, da parte sua, non sembrava intenzionata a subire, restituendole colpo su colpo, scorrettezza su scorrettezza. Le due non si parlarono se non per discutere o litigare. La Kalligalenos si rallegrò, interpretando il loro vigore come ritrovata carica agonistica, ma il loro gioco era legnoso, le azioni confuse, l'intesa inesistente. Fu un caso che anche quell'allenamento finisse senza lasciare cadaveri sul campo ma, per precauzione, Sheeba trascinò Ysaahi fuori dallo spogliatoio. Era furibonda.
«Adesso basta!» esplose, nella tranquillità di uno sgabuzzino di servizio. «Sono giorni che sopporto le tue stranezze: prima svanita, ora una belva. Non vuoi darmi spiegazioni? Va bene, è una tua scelta, non mi interessa. Ma questa è anche la *mia* partita, anche *io* devo scendere in campo contro degli avversari desiderosi solo di farci a pezzi. Voglio vincere, o almeno uscire dal campo con le mie zampe: e per farlo ho bisogno della mia squadra.»
«Ma anche Crissy...» tentò di giustificarsi Ysaahi. Sheeba la interruppe con veemenza. «Spero che a Crissy ci stia pensando Anniha. Il fatto che non lo dia a vedere non vuol dire che non sia esasperata quanto e più di me. Ora è con te che sto parlando e ti chiedo: vuoi rinsavire e mettere da parte le tue paturnie personali almeno fino al termine della sfida? Oppure abbi la decenza di ritirarti e lasciare il posto ad una delle riserve: sarà sicuramente più motivata di te in questo momento!»
Le parole di Sheeba non caddero nel vuoto. Ysaahi abbassò lo sguardo, turbata. L'amica aveva ragione, non aveva il diritto di compromettere il lavoro della squadra rischiando l'onore dell'Accademia per una questione personale. Lei stessa aveva lavorato duro per raggiungere quei risultati, non aveva senso buttare tutto all'aria per una cosa che poteva aspettare ancora qualche giorno per essere chiarita.
«E' vero, ho sbagliato, mi dispiace» disse semplicemente. «Per favore, non farmi domande e dammi un'altra possibilità: prometto che mi concentrerò sulla partita e giocherò per il bene della squadra.»
Sheeba la fissò a lungo, poi l'abbracciò, sciogliendosi in un grande sorriso. «Ok, ricominciamo da capo. Non ti chiedo nulla ma c'è qualcosa che posso fare per farti ritrovare un po' di serenità?»
Ysaahi ci pensò un solo secondo. «Che domande, accompagnami a fare shopping!»
Quel pomeriggio, le due amiche si avventurarono nel più grande centro commerciale della zona, decise a prosciugare la loro carta di credito.
«Credevo ti avrebbe accompagnato Chantal» disse la caitiana, «di solito è lei l'esperta in questo campo.»
«Questo pomeriggio aveva lezione fino a tardi ma ha dato la sua benedizione a che andassi da sola. 'Devi fare esperienza' ha detto, 'considerala una esercitazione'.»
«Lo fai sembrare un corso scolastico.»
«Per Chantal è come se lo fosse.»
Il centro commerciale era enorme e Sheeba cominciava a perdere l’orientamento.
«Hai puntato qualche cosa o stiamo semplicemente guardandoci intorno?»
«Cominciamo dalla biancheria intima. Avevo visto un delizioso reggiseno, un po' costoso ma stavo proprio aspettando che scendesse di prezzo. Mi sembrava fosse... Ah, eccolo!» esclamò soddisfatta allungando la mano sull'ultimo pezzo in esposizione: fu sorpresa di scoprire che un'altra mano, dalla parte opposta dello scaffale, aveva fatto la stessa cosa.
«Scusi ma lo stavo acquistando...» disse ma era la voce di Crissy quella che si sovrappose alla sua. La compagna di squadra aggirò l'espositore senza mollare il prezioso capo; dietro di lei, l'onnipresente Anniha sospirò con fare molto poco vulcaniano. Sheeba era già un piumino da cipria.
«L'ho visto prima io!» disse l'umana, perentoria.
«Io sono arrivata prima di te!» ribatté la denobulana, caricandosi come un compressore.
«Ma io tengo d’occhio questo reggiseno da mesi.»
«Non so proprio che te ne faresti, non è neppure della tua taglia.»
Il suo tono sarcastico fece inviperire Crissy. «Che vorresti insinuare? Questa è una terza.»
«Infatti. con che cosa lo vuoi riempire?» Ysaahi gongolò per il punto segnato ma Crissy non era lingua facile da zittire.
«Per tua informazione, carissima, io porto quasi una quarta... Semmai vorrei capire come faresti tu a riempirlo con quelle due noccioline che ti ritrovi.»
Era troppo! «Noccioline? A me??? Lascialo è mio!» urlò Ysaahi tirando il capo con tutte sue forze.
«Allora è proprio una tua abitudine volerti appropriare delle cose altrui» ribatté Crissy, tirando a sua volta.
Il povero reggiseno pensò di averne avuto abbastanza e si strappò in due pezzi, mandando le due contendenti a gambe all'aria. Sheeba e Anniha si buttarono sulle compagne di squadra per bloccarle prima che le cose degenerassero ulteriormente, poi, ripagato il danno, le trascinarono fuori dal negozio.
«Proprio un bello spettacolo...» commentò Sheeba indignata, mentre le due ragazze rifiutavano persino di guardarsi in faccia. «Ora basta, credo sia arrivata l'ora di chiarire questa situazione.»
«Non c’è niente da chiarire» replicarono le due all'unisono.
In quel momento il comunicatore di Anniha squillò. La vulcaniana lesse velocemente poi alzò lo sguardo con una strana espressione. Fece un cenno a Sheeba.
«Noi, invece, dopo aver discusso, crediamo abbiate molte cose da dirvi.»
Infine arrivò il giorno della partita.
Quel pomeriggio, Chantal si sedette al tavolo migliore della Rec Room dell'Accademia insolitamente vuota e si apprestò a gustare in tutta tranquillità una mousse al cioccolato preconfezionata: in giro non si vedeva anima viva, anche il bar, a quell’ora solitamente preso d'assalto per il break pomeridiano, era tristemente chiuso. Tutti, ma proprio tutti, erano alla partita di Parrises Squares, decisi a non perdersi la sfida dell'anno. Tutti tranne lei. «Non insistere, non vengo!» aveva piegato ad A.J. costernato davanti a quella che riteneva una scelta inconcepibile, «non voglio assistere alla loro debacle. Non hai sentito come sono andati gi ultimi allenamenti? Quei maiali le massacreranno.»
E aveva mantenuto la sua promessa. Non si sentiva in colpa: aveva dato all'amica tutto il sostegno che aveva potuto ma quando Ysaahi prendeva queste sbandate era impossibile farla ragionare. C'era solo da sperare che gli avversari non infierissero più di tanto e permettesse alla squadra di casa di uscire sulle proprie gambe.
Il trillo del comunicatore interruppe il filo dei suoi pensieri. «Sì?» disse ma fu travolta da rumore indescrivibile. In mezzo alla confusione riuscì a distinguere la voce di A.J.
«Chantal, dove sei? Devi assolutamente venire.»
La francesina sbuffò. «Ti ho già spiegato...» cominciò ma il ragazzo la interruppe. «Lo so, lo so, ma è una cosa da non credere...»
La voce di A.J. si perse sommersa dal boato della folla. Chantal chiuse la comunicazione. E se fosse successo qualcosa di grave? L'amico sembrava più esaltato che preoccupato ma con A.J. non si poteva mai dire. Forse era il caso di andare a dare un'occhiata.
Entrò dall'ingresso che solitamente usava con gli amici quando andava a vedere gli incontri ed ebbe un attimo di mancamento: lo stadio era gremito, bandiere e sciarpe colorate sventolavano un po' ovunque mentre trombe e clacson sovrastavano appena le urla di incitamento del pubblico. A.J. la intercettò immediatamente. «Guarda là!» le gridò nell'orecchio indicando il tabellone del punteggio. Chantal tentò di mettere a fuoco: quindici punti per i Leoni di Tellar e per le Tigri... ventidue? Guardò l'amico in cerca di una conferma.
«Li stanno asfaltando!» esclamò A.J. all'apice della felicità. «E devi vedere come giocano. Guarda, guarda!» disse, indicando il campo, «ecco Anniha che imposta l'azione, Ysaahi che finta il blocco e scarta, Crissy che blocca a sua volta, Sheeba che raddoppia, passa a Ysaahi che potrebbe tentare il tiro ma passa a Anniha completamente smarcata... e punto!!!»
Chantal non poteva credere ai suoi occhi. La squadra di Ysaahi si muoveva in campo con armonia e velocità: sembrava una danza più che una partita di Parrises Squares; la squadra di Tellar, al confronto, appariva lenta e goffa: i giocatori erano disorientati, incapaci di imbastire un'azione di gioco ben organizzata. In panchina, Estia Kalligalenos aveva abbandonato la sua calma platoniana ed incitava la squadra squarciagola; dall'altra parte, un allibito Alex cercava inutilmente di coordinare i suoi giocatori mentre il Rettore Ster, verde dalla rabbia, continuava a minacciarli con delle borracce d'acqua. De Leone, nella postazione delle autorità, aveva ormai abbandonato ogni ritegno, saltando sulla sua poltroncina raggiante di felicità. Persino il rettore D'Elena, solitamente imperturbabile, fu visto abbandonarsi a gesti di giubilo.
La partita, ormai, aveva una direzione sola. Un boato salutò il venticinquesimo punto della squadra di casa: le Tigri della Kalligalenos avevano vinto, l'onore dell'Accademia della Flotta Stellare era salvo.
«Ma l'avete vista la faccia del Rettore Ster?» chiese Ysaahi, rimirando il trofeo che Crissy aveva posto al centro del tavolo. «Credevo che gli venisse un colpo apoplettico.»
Sheeba ridacchiò. «Non capita tutti i giorni di vedere la squadra avversaria uscire dal campo presa a calci dal proprio presidente.»
Seduta al solito tavolo del solito locale, la squadra delle Tigri stava concludendo degnamente la giornata dopo i riconoscimenti ufficiali delle autorità e i festeggiamenti ufficiosi dei compagni. Cerimonie, interviste, canti e balli si erano protratti fino a sera inoltrata ma ora le ragazze sentivano il bisogno di avere un attimo tutto per loro.
Ysaahi sospirò. «Ragazze, ammettiamolo: questa volta abbiamo rischiato grosso.»
«Già, e tutto per colpa nostra» confermò Crissy, guardando la denobulana in modo eloquente. «Ma chi poteva immaginare una cosa del genere? Ci siamo fatte abbindolare da quello sporco doppiogiochista...»
«Se vi può consolare,» la interruppe Anniha, «non siete state le uniche. Sembra che il nostro amico Alex abbia usato spesso questa tecnica.»
Sheeba annuì. «La tattica è sempre la stessa: Alex fa il cascamorto con due o più componenti della squadra avversaria, riesce come minimo a deconcentrarle o, più spesso, a metterle una contro l'altra e gli effetti si vedono in campo. La squadra non ingrana e i Leoni hanno gioco facile. Sicuramente» aggiunse con un ghigno, «non avrebbe mai pensato che potessimo usare la stessa tattica per portare scompiglio nella sua squadra.»
«Il tuo amico Tarf è stato grande» commentò Crissy dando di gomito alla denobulana. «Fare la corte alle due maialotte, pardon, alle due giocatrici avversarie e farle ingelosire a quel modo...»
«Tarf ha sempre sostenuto di essere bello e affascinante per i canoni della sua razza: credevo che esagerasse!»
«No, no, diceva sul serio: quelle sono cadute ai suoi piedi come pere» sogghignò Crissy con soddisfazione. «Ma il vero colpo di classe è stato quello di Anniha: rintracciare le 'vittime' dei raggiri di Alex e fargliele trovare nello spogliatoio...»
«Ho solo fatto una ricerca sulle partite vinte dai Tellariti nell'ultimo anno» si schernì la vulcaniana, «e mi sono messa in contatto con le giocatrici sconfitte. Molte di loro sono state molto felici di potersi vendicare.»
«Avete visto la sua faccia quando ha fatto irruzione nel nostro spogliatoio e si è trovato quel plotone di sedotte e abbandonate? Credo stia ancora scappando.»
«Ora che tutto è terminato vorrei proporre un brindisi» disse Crissy, alzandosi in piedi sollevando il bicchiere. Le altre la imitarono. «Ad Alex, con i nostri ringraziamenti. E che in futuro non commetta più l'errore di sottovalutare le risorse di una femmina.»
«Ad Alex!» risposero in coro.
La partita era vinta ma più di ogni altra cosa, il gruppo aveva ritrovato unità e armonia, cementando una amicizia che era destinata a durare a lungo.
Quando, a notte inoltrata, Ysaahi riuscì a raggiungere il proprio alloggio, trovò ad attenderla un messaggio. Era di Serge, anche lui giocatore di Parrises Squares, che non aveva potuto venire allo stadio perché impegnato con gli studi ma aveva visto l'esito dell'incontro e si congratulava con lei per la grande vittoria. Ysaahi sospirò, fissando il monitor: forse c'era una lezione da imparare dagli avvenimenti degli ultimi giorni, forse avrebbe fatto meglio a smetterla di correre dietro ad amori passeggeri per concentrarsi su qualcosa di più importante e duraturo. Serge sembrava la persona giusta, forse avrebbe potuto...
Fu la considerazione di un minuto. L'attimo dopo stava riaprendo le bozze dei messaggi da spedire: «Spettabile Eminenza, Sua Santità, Caro Papa…»
Note
¹ Paletto 1: Ysaahi cita le tre regole fondamentali del Parrises Squares.
² Paletto 2: Ysaahi fa un discorso di incoraggiamento alla squadra, anche se l’esito non è quello sperato (non può fare quello prima della partita perché tocca a Crissy).
³ Palotto di Duo Maxwell: Ysaahi offre una birra al rettore Ster