«Secondo te, qual è il mio profilo migliore?» chiese Ysaahi, studiando la propria immagine riflessa sul vetro della Rec Room.
Seduto di fronte a lei, l'amico A.J. non diede segno di aver sentito la domanda.
«Sono ancora indecisa» riprese lei, per nulla turbata da quel silenzio. «Da destra, riesco a valorizzare meglio gli occhi ma da sinistra il mio sorriso ammiccante è decisamente più incisivo. Forse di fronte? » propose, verificando con lo specchietto che aveva sempre con sé. Il ragazzo non si mosse, continuando a fissare nel vuoto con sguardo vacuo. La denobulana si spazientì: «Insomma A.J., sto cercando di coinvolgerti in alcune scelte decisive per la mia carriera cinematografica e tu continui a startene muto, immobile come una statua di granito. Si può sapere a cosa stai pensando?»
A.J. si riscosse dal suo stato catatonico. Il tono con cui si rivolse alla compagna di corso era abbastanza stizzito. «Ma scusa, mi hai appena confidato di essere coinvolta in una missione di spionaggio, anzi di controspionaggio, che Garf e De Leone in persona ti hanno affidato un incarico di grande importanza per smascherare un misterioso complotto ai danni dell'Accademia, e pretendi che mi occupi della tua immagine cinematografica? Sto pensando a cosa fare per identificare la spia!»
«Ma quale complotto, ma quale spia! » sbottò Ysaahi, incapace di nascondere il proprio disappunto. «Non penserai che io creda davvero a tutto questo?»
«Ma tu mi hai detto… »
«…che De Leone e Garf mi hanno convocato, è vero, ma è una storia che non sta in piedi: chi mai approfitterebbe dell'Accademia per un'azione di spionaggio? Abbiamo i migliori sistemi di sicurezza della galassia, chi mai potrebbe riuscire ad infiltrarsi? E se anche fosse, che possibilità avrei io di identificare il colpevole? Dai, non ha senso!»
«Ma… ma…» balbettò A.J., confuso, «hai detto che la preparazione di questo film potrebbe essere un'ottima copertura, che qualcuno potrebbe approfittarne, che ti saresti infiltrata nel cast per indagare…»
«*Loro* hanno detto tutto questo, non io!»
«E allora?»
«E allora ho intenzione di concentrarmi sull'unica cosa importante di questa faccenda: la mia partecipazione al film! Anzi, scusami se ti abbandono ma ho un appuntamento irrinunciabile.»
«Con il contrammiraglio Garf? Con De Leone? Con il Consiglio di Sicurezza?» chiese A.J. con enfasi, nella speranza di ricevere ulteriori dettagli. Ysaahi lo guardò con disgusto. «No, con il parrucchiere!»
Il ragazzo la guardò allontanarsi senza avere la forza di commentare.
La notizia che il nuovo film della saga di 00Z sarebbe stato un prequel ambientato proprio all'Accademia della Flotta Stellare si diffuse in un lampo, creando non pochi problemi al normale svolgimento delle lezioni. Ancora più scalpore fece l'annuncio che non si sarebbe trattato di un semplice olo-movie, ma di un film con attori in carne ed ossa, con le comparse e gli attori per alcuni ruoli minori reclutati direttamente tra i cadetti dell'Accademia. File interminabili di studenti a caccia di un momento di celebrità si erano formate davanti ai locali utilizzati per i provini; anche Ysaahi si era prestata a questo gioco con la tranquillità di chi sapeva di avere già il posto assegnato. Dopo aver letto la descrizione fisica di uno dei profili più ricercati e, soprattutto, dopo il discorso che le avevano fatto Garf e De Leone, la denobulana era più che certa che avrebbe avuto una parte. Mai però avrebbe pensato che si sarebbe trattata proprio di quella del protagonista, il giovane 00Z durante i suoi primi anni di accademia, quando ancora non era entrato nei servizi segreti.
Il regista, il famoso Alan Smithee, non aveva avuto dubbi: «E' perfetta!» aveva esclamato dopo averla vista. «Una giovane denobulana. Basta con gli agenti segreti maschi e umani: in un colpo solo sistemiamo le quote rosa e l'integrazione razziale. Che meravigliosa opportunità. E' il cielo che ti manda, ragazzina.»
Se fosse stata in sé, Ysaahi avrebbe risposto che no, non era il cielo a mandarla ma piuttosto Garf e De Leone, ma l'idea di essere stata scelta per un ruolo di primissimo piano la mandò completamente fuori giri. Imbambolata, rimase ad ascoltare i vaneggiamenti di Smithee: «Utilizzare un attore non professionista come protagonista di un film di tale rilevanza sarà un gesto che il pubblico non potrà non apprezzare. E la critica rimarrà entusiasta: le scelte alternative sono sempre giudicate positivamente. Come te la cavi a recitare? Oh, ma che importa! La presenza c'è, il visetto accattivante pure; basterà qualche dritta da parte del nostro direttore di scena. Si dice che i cadetti della Flotta Stellare sappiano adattarsi a qualunque situazione, vero? Sono certo che ti dimostrerai all'altezza. Bisognerà convocare una convocare una conferenza stampa…»
Senza smettere di parlare afferrò Ysaahi, che già fluttuava a mezzo metro da terra, e la trascinò fuori dalla stanza.
A.J. ritrovò la sua amica qualche tempo più tardi, nel giardino dell'Accademia: stava studiando "Drama for dummies" e sembrò preoccupantemente contenta di vederlo.
«Capiti al momento giusto» esclamò, mettendogli uno stampato tra le mani, «mi hanno dato una prima bozza del copione e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a studiare. Potresti fare la parte della vecchia zia di 00Z? Ricordati di fare l'accento inglese e di biascicare un po' le parole.»
«Vorrei che i tuoi genitori potessero vederti in questo momento…» cominciò a leggere ad alta voce ma si interruppe subito dopo. «E' terribile! Chi ha scritto questa roba?»
Ysaahi sbuffò. «Non importa chi l'abbia scritta ma che io debba recitarla.»
«Ma è la fiera dell'ovvio!»
«E' un film di 00Z, che ti aspetti? Ma sono certa che la mia interpretazione porterà nuova linfa a questo filone tanto amato dal pubblico.»
«Ti stai allenando per la conferenza stampa?»
«E' una delle cose a cui sto lavorando. Forse avrei bisogno di un agente, qualcuno che curi i miei interessi e mi faccia da interfaccia verso il pubblico.»
A.J., che stava sfogliando le pagine a caso, cominciò a sogghignare. «Ehi, c'è anche una scenda di nudo!»
Ysaahi strabuzzò gli occhi. «Che cosa?» chiese con voce strozzata, cercando di strappare il copione dalle mani dell'amico.
«Figura intera di 00Z che esce dalla vasca» citò lui, sghignazzando. «A meno che tu non faccia il bagno vestita…»
«Controcampo di 00Z che si avvicina lentamente al grande letto circolare nel quale lo attende…» continuò Ysaahi, rientrata in possesso dello stampato. «Mi rifiuto! Non se ne parla neanche!»
«Sono certo che riuscirai a fare in modo di far valere le tue opinioni» cercò di tranquillizzarla, rendendosi conto di aver attivato un vulcano. «Senti, a proposito della tua missione…»
«Ancora con questa storia?» chiese lei, continuando a sfogliare il copione per assicurarsi che non ci fossero altre scene non di suo gradimento. «Ho fatto un errore a parlartene, come te lo devo dire…»
«… che tu non credi a nulla di tutto questo, lo so, lo so. Ma se ti sbagliassi? Se fosse tutto vero? Se qualcuno stesse tentando di infiltrarsi all'Accademia e tu non facessi nulla per fermarlo?»
Ysaahi chiuse il copione e fissò l'amico quasi con odio. «Senti, A.J., io sono certa che tutta questo non sia altro che una montatura, una trovata pubblicitaria per il lancio del film. Però, se tu sei convinto che ci possa essere qualcosa di vero, ti autorizzo ad indagare per tuo conto. Dirò di più» continuò, zittendo con un gesto il suo tentativo di ribattere, «se mi porterai una prova tangibile di questo complotto, lavoreremo insieme per smascherarlo. Ma fino ad allora, io voglio concentrarmi unicamente sul mio ruolo di protagonista. Che ne dici?»
«Garf e De Leone ti avevano imposto il silenzio…»
«E noi non diremo nulla, così potrai indagare più liberamente. E se dovessero venirlo a sapere, dirò che sei un amico fidato e che sono stata io a coinvolgerti nelle indagini perché avevo bisogno di aiuto.»
«Ma io non sono nel cast…»
«Non ancora. Presentati ad uno dei prossimi provini e cerca di farti assumere, così potrai muoverti sui set e parlare con attori e addetti. Se non dovessi riuscirci, tenterò di farti avere una raccomandazione.»
«E se i due capoccioni dovessero chiederti un rapporto?»
«Gli dirò quello che tu hai scoperto, con ogni probabilità il nulla assoluto. Sei autorizzato a farmi rapporto sullo stato di avanzamento delle tue indagini purché questo non turbi il mio lavoro sul set. Allora, affare fatto?» chiese tendendo la destra.
A.J. rimuginò qualche secondo, poi strinse la mano di lei. «Affare fatto! Ti dimostrerò che ti sbagli.»
«Lo vedremo. Fino ad allora, cerca di non farti beccare. E adesso prendi quel copione e cerca di essere una zia credibile.»
L'inizio delle riprese gettò l'Accademia in uno stato di confusione ancora maggiore: personale di scena e vari macchinari avevano invaso ogni angolo del giardino. Tende e capannoni sorgevano come funghi ed era facile imbattersi in strani personaggi intenti a provare la loro parte. In tutto questo trambusto, Ysaahi si sentiva terribilmente a suo agio. Con grande sorpresa di tutti, era entrata nella parte con estrema facilità, merito forse del suo carattere allegro ed estroverso. Smithee, il regista, era rimasto senza parole davanti alla naturalezza con cui la ragazza sembrava eseguire le sue direttive. Gli stessi attori professionisti, che pure all'inizio l'avevano trattata con sufficienza e distacco, avevano dovuto riconoscere le sue capacità e avevano cominciato a considerarla una di loro. L'esperienza fatta nei corsi di sopravvivenza di Sherman l'avevano aiutata ad interpretare le scene d'azione, facendole rifiutare la controfigura, se non per quelle più tecniche e pericolose. La stampa l'aveva subito adorata, e il suo era diventato il viso più diffuso nelle pagine non solo delle riviste specializzate ma anche in quelle di informazione generale. Insomma, un successo!
E se non avessimo il limite delle dieci facciate, potremmo raccontare di come Ysaahi fece una piccola fortuna vendendo foto autografate; di come si fece fregare da Romansk regalandogli i diritti di sfruttamento della propria immagine e riuscendo poi ad annullare il contratto lasciandogli mano libera solo per le action figure; di come, di conseguenza, le action figure di 00Z si diffusero a macchia d'olio in tutta San Francisco; di come litigò furiosamente con Owen a causa delle eccessive attenzioni, almeno a detta di lui, che il regista Smithee sembrava riservarle e di tutte le maledizioni che lanciò all'indirizzo del povero A.J., reo di finirle sempre tra i piedi durante le sue indagini.
Visto che il limite - per fortuna! - c'è, andiamo avanti con le cose essenziali.
Quel pomeriggio, Ysaahi cercò ispirazione e sostegno nella sua amica Chantal, una frizzante francesina ben in carne che l'aveva iniziata alla raffinata arte dello shopping. «Non voglio peccare di falsa modestia,» confessò, sorseggiando il suo frappè al cioccolato, «nelle scene d'azione me la cavo piuttosto bene. E' nelle inquadrature ravvicinate che non mi sento a mio agio. »
«Immagino non sia facile, con tutte quelle persone intorno» cercò di tranquillizzarla l'amica, attaccando la sua fetta di torta al cioccolato.
«No, non è facile. Guardo la cinepresa e mi blocco.»
Chantal spalancò i suoi grandi occhi chiari posandole una mano sul braccio. «Ma tu non devi semplicemente *guardare* la cinepresa,» disse, sottolineando le sue parole con strani movimenti della forchetta, «devi sedurla, devi flirtare con lei. Devi guardarla come guarderesti il tuo paio di scarpe preferito in saldo al 50% di sconto. Devi farle capire che tra voi c'è feeling, che siete fatti l'uno per l'altra.»
Ysaahi la fissò, perplessa. «Non sono sicura di capire. Quando mi chiedono di fare certi movimenti, di assumere certe espressioni, non mi sento più me stessa. Non sono io, sono falsa come una borsa D&G in un emporio ferengi. Chiunque se ne accorgerebbe.»
«Ma è naturale, chérie, non puoi pensare di comprare un classico tailleur e sentirti soddisfatta se quello a cui aspiri è un aggressivo completino da discoteca. Vesti il personaggio nella tua mente e poi interpretalo, senza seguire le indicazioni di quei buzzurri.»
«Chantal, quei buzzurri sono il regista e il suo assistente. Non so se posso oppormi…»
In fila per la cena, Ysaahi stava ancora meditando sulle parole dell'amica quando sentì una mano batterle su una spalla. Era A.J. con un'aria da cospiratore che avrebbe fatto invidia al migliore emissario dell'O.R.O.S.C.O.P.O.
«Ho novità, sediamoci nell'ultimo tavolo d'angolo. Ma non far vedere che ci sediamo apposta allo stesso tavolo.»
Ysaahi sospirò, rassegnata. Da quando il suo amico si era calato nel ruolo di agente segreto, non c'era stato modo di sottrarsi a quelle strane manovre.
«Allora?» chiese, senza particolare entusiasmo. A.J. tirò fuori un taccuino: «Ho fatto qualche indagine e direi che possiamo escludere tutto il personale e le comparse, dal momento che non hanno un pass di livello tale da poter accedere alle zone calde dell'Accademia. Gli attori minori potrebbero essere coinvolti, ma nessuno di loro ha scene significative che si girino all'interno dei locali dell'Academy. Direi che possiamo concentrare i nostri sospetti sulle figure di primo piano del cast. Smithee e il suo Assistente prima di tutto, che sono liberi di accedere a quasi tutti i locali. Poi Emmen e Thorsen, che gireranno alcune scene nelle nostre officine, sicuramente Rass, che ha molte scene nei laboratori, ma anche Britney e Pablo, che potrebbero essere coinvolti in una scena d'azione nelle nostre palestre.»
«Vedo che ti sei dato da fare» commentò Ysaahi senza celare il proprio sarcasmo. «Hai trovato qualche prova?»
A.J. storse il naso. «Non ancora, ma sento di essere sulla strada giusta. Sono riuscito a farmi affidare una piccola parte in modo da poter girare sul set indisturbato e, nel tempo libero, do una mano al trovarobe, in modo da poter parlare con il personale di scena. Certo, se tu mi dessi una mano…»
Invece di rispondere, Ysaahi si sporse in avanti, facendo cenno all'amico di avvicinarsi. «Non voltarti, ma c'è un tizio, alle tue spalle, nel tavolo vicino alla finestra, che continua a fissarti con aria strana.»
A.J. trattenne il respiro. «Un tizio? E chi può essere? Lo conosci?»
Lei si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea ma ha un'espressione molto sospetta. Ti suggerisco di non fare mosse azzardate: forse ti sta pedinando. Adesso io mi alzo e mi allontano con noncuranza. Tu aspetti un bel po' di tempo facendo finta di nulla, poi verifichi se è ancora là o se è stato un falso allarme.»
A.J. annuì, agitato. «Grazie, sei una vera amica.»
«Figurati» disse lei, trattenendo a stento una risata. «Ma tu, mi raccomando, non muoverti: non vorrai rischiare di far saltare la tua copertura. Ci vediamo in giro» aggiunse, dileguandosi alle sue spalle.
Per molti minuti, il povero A.J. non ebbe il coraggio di girare lo sguardo verso il tavolo vicino alla finestra, da ore completamente vuoto.
Ysaahi aveva una missione segreta molto personale da portare a termine. Decisa a migliorare il suo stile, aveva prenotato alcune lezioni di recitazione in una scuola specializzata. L'aveva scelta con cura, in una zona di San Francisco lontana dall'Accademia, per essere ragionevolmente sicura di non incontrare volti conosciuti: dopo tutti i complimenti che le avevano fatto per la naturalezza e la spontaneità della sua recitazione, non le sembrava buona cosa che qualcuno scoprisse di queste sue lezioni private. Vestita in modo anonimo, senza nessun segno che potesse collegarla all'Accademia della Flotta Stellare, si presentò con un certa inquietudine alla sua prima lezione di gruppo.
«Vieni avanti, vieni avanti, Ysaahi» la incoraggiò l'insegnante, presentandola alla classe, «non essere timida. Siamo tutti qui per imparare, e non bisogna avere paura di fare brutte figure. Finora avete lavorato individualmente, cercando di approfondire le vostre conoscenze di base e la percezione di voi stessi. Ora è arrivato il momento di misurarvi con un partner, sotto lo sguardo attento, anche se indulgente, dei compagni di corso. Cominceremo con qualcosa di semplice, una scena tratta dalla milionesima puntata del serial Beautiful. Coraggio, chi vuole essere il primo?»
Nel silenzio di tomba che avvolse l'aula, fatto di respiri trattenuti e sguardi fissi a terra, lo scatto della serratura della porta principale echeggiò come uno sparo nel buio. La porta si aprì e un enorme klingon fece il suo ingresso nella sala.
«Scusate» disse, mentre gli occhi di tutti si puntavano su di lui, «sono in ritardo.»
Ysaahi spalancò gli occhi per lo stupore. «Comandante Vinsar!» esclamò, con voce strozzata.
«Cadetto Ysaahi!» ringhiò lui, altrettanto stupito, mentre il suo sguardo vagava per la stanza come a sincerarsi di essere nel posto giusto. «Che ci fa qui?»
«Lei che ci fa qui?»
«Meraviglioso, voi due vi conoscete?» chiese l'insegnante, battendo allegramente le mani. «Sicuramente c'è già feeling tra voi, potreste essere i primi a cimentarvi con la prova di oggi. Lei, Arvan tai,» disse trascinandolo dentro e porgendogli un copione, «sarà uno splendido Ridge e lei, Ysaahi, interpreterà Brooke, la sua ex-moglie, ex-cognata, ex-nuora, ex-zia ed ex-nipote.»
«Ma… ci dev'essere un equivoco…» balbettò lei, salendo sul palco con la stessa energia con la quale sarebbe salita sulla forca.
«Non credo di potere…» rincarò lui, tentando inutilmente di guadagnare la porta.
«Andiamo, andiamo, si tratta solo di poche battute. Non abbiate timore, so che potete farcela.»
Evitare non era più possibile, fuggire non sarebbe stato onorevole. L'unico modo per uscire da quella situazione era recitare quella maledetta scena e sparire per sempre.
«Ridge, amore mio…» tentò di iniziare Ysaahi, quasi strozzandosi con il suo stesso fiato.
«Ottimo. Sentite che partecipazione emotiva?» chiese l'insegnante alla classe, che osservava trattenendo il fiato.
Vinsar aveva occhi che lanciavano strali di fuoco. «No, Brooke, non rivolgerti più a me con quelle parole» ringhiò, con voce profonda. «Dopo che hai sedotto mio padre, sposato mio fratello, adescato mio figlio, flirtato con mio nonno, abbandonato mio cognato, irretito mio nipote, mentito a mia madre, turlupinato mia sorella, fregato mia nonna, raggirato mia zia e molestato il mio cane, come pensi che possa ancora crederti?»
«Meraviglioso!» uggiolò l'insegnante, in estasi. «Sentite quale rabbia riesce a sprigionare dal suo spirito martoriato.»
«Tu sai che l'ho fatto solo per attirare la tua attenzione» esclamò Ysaahi, attaccandosi al braccio di lui. «Sei stato e sempre sarai l'unico uomo della mia vita. Torna con me, e smetterò di tiranneggiare il resto del mondo.»
Lui non si sottrasse alla stretta di lei. «Smetterai di frugare nel guardaroba di Bridget alla ricerca dei suoi vestiti migliori?»
«Sì, lo prometto.»
«E restituirai a Sally la sua collezione di corsetti pitonati?»
«Sì, sì, qualsiasi cosa per te.»
«Brooke, anche se sei la donna più perfida dell'universo, lo sai che ti amo e che non potrei fare a meno di te!» esclamò lui prendendola tra le braccia.
«Oh, Ridge, amami come se fosse la prima volta.»
«Brooke!»
«Ridge!»
Un applauso scrosciante coronò la fine della scena. Applausi a scena aperta e urla di approvazione si levarono da ogni parte mentre l'insegnante, con le lacrime agli occhi, applaudiva freneticamente. Sul palco, Vinsar e Ysaahi, rossi come peperoni, si sciolsero da quello scomodo abbraccio e si volsero verso il pubblico per ringraziare.
«Puntualizziamo subito un dettaglio» biascicò il klingon inchinandosi goffamente, «tutto questo non è mai successo. Noi non ci siamo mai visti e non siamo mai stati qui. E se dovessi scoprire che anche una sola sillaba è uscita dalla sua bocca, lei non passerà un esame di ingegneria da qui alla caduta di Q'nos. Sono stato abbastanza chiaro?»
Ysaahi, che stava lanciando baci al pubblico entusiasta, non se lo fece dire due volte. «Chiaro come l'esplosione di una supernova» assicurò con voce flebile.
Quella sera stessa, entrambi disdissero la loro partecipazione al corso di recitazione. ¹
Le riprese continuarono senza particolari intoppi, solo con qualche inevitabile contrattempo, come quella volta che Ysaahi, nel girare la scena delle indagini nello spogliatoio dell'Accademia, aprendo l'armadietto del sospettato numero uno, vi aveva trovato… A.J. in persona!
«Stoooop!» aveva gridato il regista con il suo inseparabile megafono. «Buona la prima! Ecco quello che io intendo per espressione sorpresa.»
Ysaahi aveva richiuso velocemente l'armadietto sperando che nessuno avesse notato l'originale contenuto e accettò con modestia la quotidiana dose di complimenti.
«Ma sei impazzito?» gridò quella sera all'indirizzo del povero A.J. «Per poco non mi facevi venire un colpo. Ma che ci facevi, chiuso in quell'armadietto?»
«Di che ti lamenti?» cercò di sdrammatizzare il ragazzo. «Ho contribuito a farti girare una delle migliori scene della tua carriera. Senza di me, non credo che saresti riuscita ad avere una espressione sufficientemente sorpresa.»
L'occhiataccia di Ysaahi non fece presagire nulla di buono. «E va bene,» continuò lui, «stavo indagando su Britney e Pablo che tengono lì dentro la loro attrezzatura: sul più bello, è arrivata la troupe per montare la scena e io non sono riuscito ad allontanarmi in tempo, così mi sono nascosto nel primo posto che mi è venuto in mente.»
«Ancora questa storia dello spionaggio? Sono giorni che indaghi e non hai ancora trovato nulla. Quand'è che ti deciderai ad ammettere che non c'è niente di losco nelle riprese di questo film?»
«Per ora ammetto solo di non aver ancora trovato nulla di sospetto» rispose A.J. risentito. «E mi sento in grado di poter escludere dalla lista dei sospetti anche le nostre due bombe sexy: a parte il parere personale che quei due non abbiano abbastanza cervello per portare avanti un piano criminoso di questa portata, non ho trovato nulla di sospetto nella loro attrezzatura. Solo un po' di anabolizzanti tra i loro effetti personali, forse è per questo che sembravano comportarsi in modo sospetto. Però ho un'idea» aggiunse, mentre gli occhi gli brillavano. «Sospetto dell'arvicola.»
«Cosa c'entra adesso l'arvicola?»
«Hai notato Akun Rass come la cura? La tiene sempre con sé e non permette a nessuno di avvicinarla.»
«E' solo un paranoico che sta cercando di entrare nella parte. Anche De Leone, se avesse un'arvicola, si comporterebbe allo stesso modo.»
«Io sono convinto che quell'animale nasconda qualche segreto. Forse ha una radio ricetrasmittente impiantata sottopelle. O il suo collare di diamanti nasconde un congegno di occultamento. Oppure i codici di accesso al sistema centrale dell'Accademia sono scritti sulla sua pelliccia chiara con inchiostro simpatico.»
«Probabilmente ha i piani per la distruzione della galassia impressi direttamente nelle sinapsi» lo prese in giro Ysaahi.
Il ragazzo ci pensò un attimo. «Non ci avevo pensato, potrebbe essere.»
«A.J. » gridò la ragazza, «smettila di dire sciocchezze. Stai diventando peggio dell'Ammiraglio! Quella povera arvicola albina è solo una povera arvicola albina.»
«Non starò tranquillo fino a che non avrò controllato» si giustificò il ragazzo, guardandola con grandi occhi supplichevoli. «Da solo non posso farcela, ma se tu mi dessi una mano e chiedessi al tuo amico Owen di dare un'occhiata alla bestiola…»
«Owen? Che c'entra Owen?» chiese Ysaahi, perplessa. Non aveva ancora deciso se essere arrabbiata con lui oppure no, e sentirlo nominare riaprì la sua piccola diatriba interiore.
«E' della sezione medica, ha accesso ai laboratori scientifici e agli obitori.»
«Non vorrai ucciderla?»
«Ma no, che dici, voglio solo fare qualche indagine. Analisi del sangue, raggi X, ecografia…»
«E cosa speri di trovare?»
«Le prove della colpevolezza di Akun Rass, ovviamente. Allora, mi aiuterai?»
Ysaahi sospirò: sapeva che il suo amico non avrebbe mollato la presa fino a quando non avesse analizzato quell'arvicola. «Va bene, hai vinto. Da dove cominciamo?»
Addormentare Akun Rass con un potente sonnifero per poi drogare l'arvicola e portargliela via da sotto il naso fu un gioco relativamente semplice. Anche convincere Owen non costituì un problema: il ragazzo era troppo incuriosito dallo strano comportamento di A.J. e dall'espressione furiosa di Ysaahi, per negare il suo aiuto. E poi sentiva di avere qualcosa da farsi perdonare.
«Vorrà dire che ti sdebiterai uscendo una sera con me» aveva detto, offrendo il suo aiuto come calumet della pace.
«Sai benissimo che uscirei con te anche senza bisogno di questo favore» aveva detto lei, riconoscente e anche un po’ stupita dell’intraprendenza del ragazzo. «Pensi di riuscire a scoprire qualcosa?»
«Se c'è qualcosa da scoprire, lo scoprirò, statene certi. Voi, intanto, potreste provare con il collare.»
E così avevano fatto: la povera arvicola e il suo collare furono rigirati come calzini e analizzati in ogni molecola ma alla fine il responso fu negativo.
«Niente di strano» disse Owen, levandosi il camice. «Questa arvicola è quello che dice di essere: un'arvicola.»
«Ma non è possibile,» balbettò A.J., consapevole di aver perso una buona occasione, «ero sicuro che avremmo trovato qualcosa…»
Le orecchie di Ysaahi fumavano. «E io sono sicura che farai un figurone, nella parte del cadavere della scena di domani mattina. Userò te al posto del manichino, e non sarà salsa yamok quella che mi sporcherà la divisa.»
Girò sui tacchi e uscì come un tornado, sbattendo la porta.
«Però, che caratterino…» commentò Owen. A.J. lo guardò rassegnato: «Forse ha ragione lei, non c'è niente di losco, solo un film da girare. Dai, rimettiamo a posto questo animale, prima che qualcuno ci scopra.»
Owen non poté che essere d'accodo su tutta la linea.
Ysaahi rientro nel suo alloggio e rimase immobile al centro della stanza. Era furiosa, soprattutto con se stessa: non avrebbe dovuto dire nulla ad A.J., avrebbe dovuto immaginare che le sue parole avrebbero fatto breccia nella latente paranoia del compagno di corso. Certo non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero giunte a quel livello.
Frustrata, afferrò un cuscino e lo lanciò contro la parte: di solito, sfogarsi contro le cose l'aiutava a calmarsi. Il primo cuscino fu seguito da un secondo, dal pigiama e dalla sua maglietta preferita. Il lancio delle scarpe da tennis non fu, invece, uno dei migliori: una delle calzature si impennò, andando a colpire di rimbalzo la lampada da tavolo che si rovesciò a terra con un tonfo sordo. La ragazza non diede nemmeno segno di essersene accorta: sconfortata, si sedette sul letto, il viso tra le mani. Non doveva permettere a questa faccenda di rovinare la sua concentrazione sul set: era l'occasione della sua vita, doveva sfruttarla al massimo. Risoluta, alzò lo sguardo, e fu in quel momento che la vide. Una piccola macchia scura alla base della lampada. Fu attratta dalla sua forma vagamente familiare. Si avvicinò lentamente per studiarla da vicino: no, non si era sbagliata, quella macchia assomigliava pericolosamente ad una microspia. Rimase qualche minuto immobile, incapace di accettare quella scomoda verità, poi, muovendosi con noncuranza, si avvicino all'armadio e recuperò il kit di sopravvivenza che teneva sempre a portata di mano: alcuni strumenti di rilevazione e misura che più di una volta l'avevano tratta dai pasticci. Con il cuore in gola, analizzò il misterioso dispositivo: non c'erano dubbi, era proprio una cimice, un piccolo microfono omnidirezionale attivato dal suono. Qualcuno la stava spiando.
Cercando di tenere i nervi saldi, fece una accurata scansione del proprio alloggio: se c'era un microfono poteva sicuramente esserci anche una telecamera ma di questa non trovò traccia. Trovò invece un secondo microfono nel bagno (nel bagno? Chi mai poteva avere interesse a mettere un microfono nel bagno?) e un sofisticato dispositivo sulla linea ottica del suo terminale, in grado di intercettare il flusso di dati con la rete e di girarlo ad un ricevitore esterno. Incredibile: qualcuno stava monitorando i suoi accessi. Tutto quello che aveva detto o aveva digitato negli ultimi giorni era stato accuratamente intercettato ed analizzato. Ma chi poteva aver fatto una cosa del genere?
«E' così A.J., credimi: tu avevi ragione, ed io torto. Qualcuno sta veramente tentando di infiltrarsi in Accademia usando questo film come copertura.»
Il ragazzo la guardò senza esultare. «Puoi credermi se ti dico che la cosa non mi fa felice. E adesso, cosa hai intenzione di fare?»
«Prima di tutto, devo riprendere il controllo dei miei nervi» asserì la denobulana facendo segno al cameriere di portare altre due birre analcoliche. «Il pensiero di essere stata spiata in ogni movimento mi mette i brividi.»
«Sei fortunata che non ci fossero telecamere. Ma come hanno fatto ad entrare nel tuo alloggio?»
«Non dev'essere stato troppo difficile. Diverse scene del film sono state girate nella zona degli alloggi e non penso che le serrature delle nostre stanze abbiano dei dispositivi anti-intrusione troppo sofisticati. La domanda, piuttosto, è perché hanno voluto tenermi sotto controllo?»
«Forse sapevano che De Leone sospettava…»
«O addirittura dell'incarico che mi aveva affidato. Forse anche il suo ufficio è controllato.»
«Sei riuscita ad analizzare la strumentazione?»
Ysaahi scosse la testa. «Non molto bene. Ho preferito rimettere tutto al suo posto e non dare troppo nell'occhio. Meglio che continuino a pensare che non mi sono accorta di nulla. All'occorrenza, possiamo sempre farli analizzare da un esperto.»
A.J. approvò il comportamento dell'amica con un cenno del capo. «Bene, ora che siamo di nuovo dalla stessa parte, che si fa?»
«La partita è tua» disse Ysaahi, alzando le spalle, «io mi sono già dimostrata miope a sufficienza.»
«Ormai ho depennato quasi tutto il cast dalla lista dei sospetti. Purtroppo sono rimasti solo i pezzi da novanta: Emmen, Thorsen e Smithee in persona.»
«Per i primi due avrei una mezza idea. Sai se Vinsar tiene ancora da qualche parte i transbabulatori che abbiamo costruito per l'ultima esercitazione?»
«Sono prove d'esame, non penso possa liberarsene fino al prossimo anno. Ma che te ne fai di un transbabulatore?»
«Domani dovremmo girare una scena in cui io, cioè 00Z, viene introdotto per la prima volta nel fantastico laboratorio di Cu. Tra gli oggetti di scena c'è un transbabulatore che grida vendetta, tanto sembra finto. Pensavo di indignarmi e di suggerire di utilizzare al suo posto il nostro prototipo. E se accettano…»
«… potremo utilizzarlo come macchina della verità, registrando quante fanfaronate sparano gli attori coinvolti nella scena.»
«Smithee, Emmen e Thorsen, ci saranno di sicuro. Io cercherò di farli parlare durante le pause, tu controllerai il segnale mentre loro parlano. Se siamo fortunati, isolando la fluttuazione omega, potremo verificare se qualcuno sta nascondendo qualcosa.»
«Ysaahi, è un'idea fenomenale» esclamò A.J. illuminandosi.
Ysaahi si sistemò la divisa, compiaciuta. «Modestia a parte, è mia.»
Neanche ventiquattro ore più tardi si ritrovarono allo stesso tavolino, con le stesse birre analcoliche ma due musi lunghi che avrebbero tolto la gioia di vivere anche al più allegro degli esseri viventi.
Il piano di Ysaahi aveva funzionato alla perfezione: Smithee aveva condiviso le rimostranze della ragazza sulla scarsa verosimiglianza del transbabulatore e aveva accettato con gioia l'idea di sostituire lo scadente modello con un vero prototipo. A.J. si era offerto di andare a recuperare il macchinario: a lui era stato affidato il compito di mettere in funzione i dispositivi più appariscenti, lasciandolo libero di attivare più circuiti di quanto strettamente necessario. Tutti gli attori si erano dimostrati estremamente loquaci, rispondendo alle domande di Ysaahi, anche a quelle più subdole, con estrema naturalezza. Tutto perfetto, dunque, se non per il fatto che il transbabulatore non aveva rilevato nessuna anomalia. ²
«Ne sei proprio sicuro?» chiese Ysaahi, per l'ennesima volta.
A.J. le mise nuovamente sotto il naso i tabulati. «Se non ti fidi, verifica tu, che sei l'ingegnere! Nessuna onda omega, nemmeno una insignificante fluttuazione.»
«Forse lo strumento era tarato male…»
«O forse sono dei professionisti e sanno come non farsi scoprire da due pivelli come noi» la rimbeccò A.J. profondamente frustrato. «Andiamo, Ysaahi, è una battaglia senza speranza. Come facciamo a beccare una spia se non sappiamo nemmeno cosa abbia intenzione di fare?»
Questa volta fu Ysaahi a rimanere senza parole. «Forse abbiamo sbagliato approccio» riprese, meditabonda. «Forse dobbiamo partire dal cosa, e non dal chi.»
«Non ti seguo» la interruppe il ragazzo, spazientito. «De Leone e Garf hanno parlato chiaramente di intrusione nell'Accademia: pensi ad un accesso alla AcademyNet? Ma tutti gli accessi alla rete locale sono potetti.»
«Una spia non sarebbe interessata alla intranet ma al sistema centrale.»
«Ancora peggio. I punti di accesso al sistema centrale sono ancora meno. E non sono accessibili al pubblico.»
«Di solito no, ma c'è stato un momento in cui i computer sono stati messi a disposizione della troupe.»
«Certo, la scena in cui l'agente dell'O.R.O.S.C.O.P.O. si introduce nel cuore del sistema per rubare i dati. Ma abbiamo già controllato: in quell'occasione sono stati digitati dei numeri a caso e non è mai stato premuto l'invio. I log non hanno registrato alcun accesso.»
«Eppure c'è qualcosa…» mormorò Ysaahi, prendendo lo storyboard della scena incriminata.
«Mentre tu pensi, io prendo un'altra analcolica» disse A.J., digitando velocemente la sua ordinazione: sul terminale comparve il conto per l'accredito automatico. «Vuoi qualcos'altro?» chiese, ma Ysaahi non lo ascoltava più. Stava fissando il numero di conto sul monitor.
«Non dei numeri a caso…» In preda ad una frenesia crescente, afferrò il braccio dell'amico, facendolo sobbalzare. «Guarda questo monitor secondario» disse, indicando la foto di una console sul copione, «li vedi questi numeri e queste lettere? Hanno la stessa struttura dei nostri codici di accesso. Qualcuno ha suggerito all'attore i dati da digitare sulla console secondaria e gli ha dato libero accesso alla rete.»
Batté la mano sul tavolo con una foga tale da rischiare di rovesciare le bottiglia. «Ma come ho fatto a non pensarci prima? Il controllo della retina e delle impronte digitali era sicuramente disattivato, per permettere all'attore di girare la scena. Gli è bastato copiare il codice dallo storyboard per accedere al sistema.»
A.J. era frastornato. «Stai dicendo… che hanno agito così, alla luce del sole, davanti agli occhi di tutti?»
«Non ci sono altre spiegazioni. Con il sistema a sua disposizione potrebbe aver attivato un programma latente, o aperto una backdoor. Ma sono pronta a scommettere che è riuscito a scaricare i dati proprio sul supporto che si è portato via. Ce l'ha fatta sotto il naso.»
«Chi era l'attore che ha girato questa scena?» chiese A.J. sempre più irrequieto, consultando velocemente la documentazione. «Non lo si vede mai in faccia, potrebbe essere chiunque.»
«Avrebbe dovuto essere Ethan Eagle» rispose Ysaahi, «ma ebbe un malore; ricordo che fu sostituito all'ultimo momento…»
«…da Lassi Thorsen.»
Tra i due cadde un silenzio carico di tensione. «Se abbiamo ragione…» cominciò A.J. con un filo di voce.
Ysaahi annuì gravemente. «Se abbiamo ragione, abbiamo appena trovato la nostra spia.»
«Ysaahi, ragiona, quello che vuoi fare è da pazzi: entrare nell'alloggio di Thorsen. Andiamo a raccontare tutto a De Leone e lasciamo che sia lui a decidere cosa fare.»
La denobulana scosse la testa. «Non se ne parla! Non abbiamo alcuna prova, solo una intuizione: dobbiamo procurarci qualcosa di più solido e quel qualcosa può essere solo nei Padd di Thorsen.»
«Sei fuori. Adesso mi dirai che vuoi fare come 00Z, arrampicarti fino all'ultimo piano dell'edificio, entrare dalla finestra e rubargli il padd.»
«E' esattamente quello che intendo fare.»
«Ma io scherzavo…»
«E io no! Senti, quell'uomo ha spiato il mio appartamento - il mio bagno! - probabilmente da quando sono iniziate le riprese, non ho intenzione di fargliela passare liscia. Puoi scegliere se aiutarmi o toglierti dai piedi.»
«Che domanda, certo che ti aiuto. Ma cosa vuoi che faccia? Di non troppo pericoloso, possibilmente» aggiunse, temendo il peggio.
«A quest'ora è sempre in mensa, a fare il galletto con qualche studentessa. Tienimelo lontano dai piedi mentre io cerco un po' nel suo appartamento.»
«Ma ci saranno dispositivi di sicurezza, trappole, allarmi… E' pur sempre una spia!»
«E' un verme, e i vermi vanno schiacciati. Scommetto che è talmente sicuro di sé che non ha nemmeno chiuso la porta a chiave. Ma non sa ancora con chi ha a che fare.»
«E' inutile che cerchi di fermarti, vero?» chiese rassegnato, ma la ragazza lo aveva ormai distanziato, marciando a grandi passi verso la zona residenziale.
Se si fosse fermata a riflettere, Ysaahi si sarebbe resa conto di quanto pazzesca fosse la sua idea. A.J. aveva ragione, una spia non lascia in giro il proprio biglietto da visita, né tanto meno le prove di un suo coinvolgimento in un piano criminale una spinta ed una energia fuori dal comune. Ma la ragionevolezza non era una della sue doti. Si arrampicò come un gatto sulle pareti esterne dell'edificio, sufficientemente defilato per permetterle una buona copertura; ringraziò l'esperienza che aveva fatto girando le sequenze acrobatiche senza l'aiuto di una controfigura. Certo, ora non c'era la corda di sicurezza, né il materasso pronto ad attutire la sua caduta ma questo non aveva importanza: Ysaahi *era* 00Z in azione e nulla avrebbe potuto fermarla.
Identificare l'appartamento di Thorsen fu fin troppo facile: risiedeva nell'attico, quindi tutte le finestre avrebbero portato ai suoi appartamenti. Aveva considerato anche l'abbaino, ma era possibile che non venisse usato da molto tempo e che la serratura fosse fuori uso. No, meglio la finestra sul retro, nascosta da una grossa quercia e con un comodo cornicione su cui sistemarsi. Tirò fuori il tricorder: non rilevò traccia di sistemi di sicurezza, né di telecamere nascoste o di microfoni. Con poche mosse sicure, forzò la serratura e scivolò all'interno dell'appartamento. Le tende colorate davano alla stanza una strana penombra arancione: i suoi occhi ci misero un attimo ad abituarsi a quella strana luminosità, poi lo vide. Era abbandonato sul tavolo, un portatile di ultima generazione; lì vicino alcune memorie ausiliarie e un padd. Ysaahi si avvicinò, trepidante. Era acceso… E collegato… ‘Non è possibile,’ disse tra sé, ‘questo è un colpo di fortuna troppo grande!’
Si sedette e cominciò a cercare nel database qualcosa di significativo. Era così concentrata sul suo lavoro che non si accorse di un movimento alle sue spalle.
«E tu cosa ci fai qui? » una voce imperiosa la fece sobbalzare, bloccandole il respiro.
Si girò lentamente. Lassi Thorsen era sulla porta dell'appartamento e la stava fissando con aria a dir poco minacciosa. E aveva in mano una pistola faser.
«Io… veramente… » balbettò Ysaahi, cercando di valutare le possibili vie di fuga. La finestra dalla quale era entrata era troppo distante, la seconda finestra aveva le serrande abbassate quasi completamente e la porta era bloccata. La stanza era poco arredata, niente mobili dietro i quali ripararsi.
«Cosa stai cercando?» chiese l'uomo, avvicinandosi lentamente. «Cosa speri di trovare?»
«Io… niente… soltanto…»
Thorsen scoppio in un risata che le fece accapponare la pelle. «Certo, hai perso il copione della prossima scena e stavi verificando se potevi trovarne una copia sul mio computer.»
«Effettivamente…» cominciò la ragazza, abbozzando un sorriso, ma la risata dell'uomo si spense in un ringhio sinistro. «Non tentare di prendermi in giro, ragazzina, o sarò costretto a riservarti un trattamento veramente molto speciale. Allora, chi ti manda? Garf? De Leone? Cosa hai scoperto?»
Paralizzata dal terrore, Ysaahi pensò che era venuto il momento in cui, nei film, l'eroe ormai prossimo alla fine fa parlare il cattivo inducendolo a raccontare i suoi loschi piani, prendendo tempo fino all'arrivo della cavalleria. Ma nessuna parola riusciva ad uscire dalla sua bocca: la sua mente era vuota, la gola arsa mentre l'unico suono sembrava essere quello del suo cuore che picchiava a martello. Cosa avrebbe fatto 00Z? Si sarebbe messo a ridere, prendendosi gioco del Genio del Male; avrebbe fatto avvicinare il nemico, gli si sarebbe gettato contro, lo avrebbe atterrato e sarebbe fuggito dalla porta. Ma questo film era solo nella sua mente; nella realtà, Ysaahi non riuscì a muovere un muscolo. Lasciò che Thorsen la prendesse per un braccio e la trascinasse fuori dalla stanza.
«Che fine ingloriosa» pensò, mente veniva sbatacchiata come un sacco di patate.
«Adesso noi due andiamo a fare una passeggiata» disse l'uomo, spingendola davanti a sé. «E tu mi dirai tutto quello che voglio sapere, o ti farò pentire di essere nata.»
«Battuta scontata» lo beffeggiò Ysaahi, riscattando parzialmente la pessima figura che stava facendo. Doveva reagire: se era destino che uscisse di scena, doveva farlo alla grande. Stavano per uscire dall'edificio: lì, Thorsen sarebbe stato più esposto, lì avrebbe dovuto tentare la fuga.
L'uomo aprì la porta, stringendo a sé la ragazza come se fossero state due persone a passeggio ma una voce che sembrava provenire dal un altro mondo lo costrinse a fermarsi. «Fermo dove sei e mani in alto: sei circondato!»
Thorsen si bloccò, allibito. Davanti a loro, uno spiegamento di forze degno di un assalto al QG della Flotta lo teneva sotto tiro. Ysaahi, non se lo fece dire due volte: con grande sangue freddo gli assestò una potente gomitata in zona strategica, rincarando la dose con una sapiente ginocchiata. Libera dalla stretta, si gettò al riparo, lontano da ogni minaccia.
«Non muoverti, Thorsen, o saremo costretti a ridurti in poltiglia.» La voce era quella dura e minacciosa di Ted Sherman.
«O a farti volare dalla rupe» rincarò Vinsar, strappandogli il megafono. Anche Thorsen doveva aver imparato a conoscere il valore delle minacce dei due perché lasciò la pistola e si fece prendere senza opporre resistenza.
In un attimo tutto finì, veloce come era cominciato.
«Ysaahi, stai bene?» La voce era quella amica di A.J. ma Ysaahi gli assestò uno sganassone che lo mandò a gambe all'aria.
«Razza di impiastro, ti sembra di aver fatto un buon lavoro? Ti avevo detto di tenermelo lontano e quello arriva sul più bello! Per poco non mi ammazzava!»
«Ma perché te la prendi con me?» piagnucolò il ragazzo, dolorante. «Non sono riuscito a trovarlo e, temendo che potesse farti del male, mi sono rivolto al settimo cavalleggeri.»
«Il suo amico ha fatto un'ottima scelta, cadetto, e anche lei, naturalmente.» La voce era quella calda e suadente di De Leone. «Che coraggio, entrare a mani nude nella tana del lupo.»
«Che encomiabile eroismo,» rincarò il contrammiraglio Garf con voce di tromba, «un fulgido esempio per tutti noi.»
«Un'idea stupida» sibilò Vinsar, quando i due pezzi grossi si furono allontanati.
«Concordo» rincarò Sherman. «Ma non le sono servite a niente le mie lezioni di assalto? E quelle sulle tattiche di guerriglia? E ha anche passato l'esame al primo tentativo… Dovrò essere meno magnanimo al momento di dare i voti.»
Mortificata, Ysaahi non seppe cosa rispondere. Aiutò l'amico a rialzarsi e si avviò con lui lungo il vialetto, dietro gli Istruttori, verso il piazzale principale della scuola. Ma qui, c'era un'ultima sorpresa ad aspettarli.
Una folla di giornalisti assiepava il cortile, premendo sul cordone di sicurezza per forzare il blocco e riuscire ad avvicinarsi. Una selva informe di teste, microfoni e telecamere, si animò nel vedere Thorsen uscire dal bosco controllato a vista da Vinsar e Sherman. E al centro del piazzale, De Leone e Garf si godevano quel bagno di folla, salutando a destra e a manca con sorrisi e cenni delle mani.
Allibiti, Ysaahi ed A.J. inchiodarono ai margini della piazza. Ma come aveva fatto la notizia a spargersi così in fretta? C’era un’unica possibile spiegazione: qualcuno sapeva già come sarebbe andata a finire.
A.J. era avvilito. «Avevi ragione, Ysaahi» disse, con un filo di voce, «era tutta una montatura. La spia, i microfoni, il furto… tutto falso, solo una trovata pubblicitaria per il lancio del film.»
La denobulana non rispose, pensierosa.
«Ci hanno preso in giro!»
«Non lo so A.J., ci sono ancora dei punti oscuri, troppe cose ancora senza spiegazione. Che mi dici di quei buchi nelle registrazioni anagrafiche di alcuni studenti che abbiamo rilevato? E quelle aree protette del computer di cui non c'è traccia nella documentazione?»
«Vuoi dire che Lassi è veramente una spia e che c'è stato veramente un tentativo di infiltrazione?»
Ysaahi sospirò. «Temo che Lassi sia solo un pesce piccolo, se non addirittura uno specchietto per le allodole. Quello che mi chiedo è se Garf e De Leone sono veramente estranei all'accaduto o fanno parte dell'ingranaggio.»
A.J. strabuzzò gli occhi. «Pensi possano essere complici di qualche piano oscuro?»
«Ormai non sono più sicura di niente» disse la denobulana, «ma ricorda quello che ti dico: non è finita qui!»
Guardò De Leone venire verso di lei, seguito da una cascata di flash, e prese un profondo respiro.
«Permettete che vi presenti il vero eroe, anzi, la vera eroina di questa giornata» cinguettò, l’ammiraglio stringendole la mano e trascinandola verso i fotografi. «Complimenti, cadetto, ha catturato la spia. Ora, grazie a lei, è in carcere.» ³
… TO BE CONTINUED?
Note
¹ Paletto 1: incontrare un istruttore in un contesto insolito. E maledizione a chi ha inventato 'sto PaLotto: è stata forse la cosa più faticosa dell’intero racconto.
² Paletto 2: tra gli oggetti di scena c’è un transbabulatore e viene usato
³ Paletto 3: il round si conclude con la frase richiesta