A.J. non riuscì a trattenersi: «Ysaahi, ma si può sapere cosa stai facendo?»
La ragazza fissò il compagno di corso spalancando i grandi occhi grigi. «Non lo vedi? Mi sto preparando per la festa di San Valentino.» Accarezzò sorridendo la copertina del grande raccoglitore che stava riordinando. «Questa vostra festa è una vera figata…»
«Non usare quella parola, non è elegante!»
Ysaahi si strinse nelle spalle. «Scusa, ma tu come definiresti una ricorrenza che ti permette di abbordare ragazzi senza fare brutte figure? E' una trovata geniale. L'ho sempre detto che voi umani avete una marcia in più!»
«E quello sarebbe…» balbettò A.J., indicando il voluminoso incartamento.
«Il mio booklet privato» spiegò lei, orgogliosa. «Contiene le schede di tutti i ragazzi più carini dell'Accademia con tanto di foto, piccola biografia, note biografiche e, naturalmente, il mio personale giudizio sul soggetto. Certo, alcune cose derivano da esperienze personali, altre per sentito dire, altre per aver sbirciato… ehm, letto casualmente i diari di altre ragazze…»
«Ma è una mezza enciclopedia!»
«Più di centocinquanta schede. Stavo giusto selezionando i casi più interessanti per poi dare il via alla 'Operazione San Valentino'.»
«Che sarebbe…»
«Non ho ancora le idee molto chiare. Devo organizzare bene la giornata in modo da riservare ad ogni candidato un po' di tempo. Devo pensare all'abbigliamento, e ai capelli, e al trucco: qualcosa che lasci il segno. E a dei regali personalizzati: non voglio certo passare per una che fa le cose in serie. Certo ci sarà qualche problema logistico da affrontare, come quello di assicurarmi di avere la stanza tutta per me, ma non mi sembra che sia nulla di insormontabile. E non devo dimenticare di sistemare l'arredamento…»
A.J. era completamente frastonato. «Ysaahi, non vorrei rovinare il tuo entusiasmo ma temo che tu abbia leggermente frainteso il significato di questo giorno.»
Le sue parole ebbero l'effetto di fermare la piena. «Come sarebbe a dire» chiese la denobulana, perplessa. «San Valentino non è forse la festa degli innamorati?»
«Degli innamorati, appunto. Due persone che si amano e che approfittano di questo giorno per dichiarare i propri sentimenti. Due persone… Due… Non la 'fiera dell'intorto'.»
«E poi sarei io quella poco elegante…» commentò Ysaahi, risentita. «Ma scusa, mi sembra che tu abbia un modo sbagliato di porre la questione: come faccio a dichiararmi ad una persona se prima non ne ho provati almeno un po'? Come faccio a sapere che è lui quello giusto? Bisognerà pure fare qualche verifica. E poi non me ne basta uno: io ne devo trovare tre, di mariti! Quale occasione migliore per cominciare a fare un po' di selezione?»
«Ci rinuncio» dichiarò A.J. crollando sulla sedia, come era solito fare ogni volta che si cimentava in uno scontro verbale con la sua amica.
Qualcosa doveva però aver fatto breccia nelle convinzioni di Ysaahi. «Dì un po',» si informò con noncuranza, «tu cosa avresti intenzione di fare?»
Si stupì nel vedere l'amico diventare color porpora: avrebbe giurato che le sue orecchie cominciassero a fumare. «Beh, ecco, io… vorrei invitare Janet a passare la serata con me.»
«Janet? Janet chi?» chiese Ysaahi cercando di visualizzare il volto della fortunata.
«Janet Fowler» la aiutò A.J. e la voce gli tremò nel pronunciare quel nome.
«Janet Fowler? La secchiona del secondo anno?»
«Non è affatto una secchiona. E' molto intelligente, gentile, delicata…»
Ysaahi si trattenne a stento dal dire tutto quello che pensava di quella ragazza. Fissò A.J. sbattendo gli occhioni. «Pensavo che anch'io sarei stata nella lista delle tue 'valentine'…»
«E' questo che non riesco a farti capire. Tu sei una carissima amica, non ti cambierei per nulla al mondo… diciamo per quasi nulla!» si corresse, schivando per un pelo la sberla che stava per arrivargli, «ma sei… un'amica, appunto! E non si mandano 'valentine' alle amiche!»
«Insomma, mi stai dicendo che non mi sposeresti? Che non vado bene per te? Non sono abbastanza intelligente? O gentile? O delicata?»
«O mio Dio,» esclamò A.J. disperato. «Ma certo che no. Cioé sì! Tu sei fantastica, però… Voglio dire… Ma insomma, come ci siamo finiti a fare questo discorso?»
Ma Ysaahi, ferita nell'orgoglio, aveva già raccolto le sue cose, allontanandosi senza degnarlo di uno sguardo. A.J. si abbandonò di nuovo sulla sedia, stremato: se le femmine umane erano difficili da capire, con quelle denobulane l'impresa sembrava assolutamente impossibile.
Se c'era qualcosa di buono nel carattere di Ysaahi, era che le nuvole non duravano mai troppo a lungo. Bastò una scatola di cioccolatini e un tenero bigliettino perché il sole tornasse a splendere tra i due amici.
«Come sta andando la tua battuta di caccia?» si informò A.J., che aveva abbandonato ogni velleità di far comprendere all'amica il vero spirito di San Valentino.
«Non posso lamentarmi: per il momento ho collezionato sei scatole di dolci assortiti, otto pupazzi, due braccialetti e un anello… ma non deve essere di grande valore. Per non parlare dei quarantadue messaggi d'amore, tra lettere e biglietti. Probabilmente sarebbero stati 43, ma Owen Benson è fuggito prima di riuscire a consegnarmi il suo.»
«Owen, il Timido? Accidenti, devi avere fatto proprio colpo se è riuscito a trovare il coraggio di rivolgerti la parola.»
«Diciamo che ci ha provato ma senza grandi risultati. Dopo il secondo passaggio a vuoto ha fatto dietro front e si è dileguato. Siete strani, voi uomini.»
«Adesso non generalizziamo» ribatté A.J. a disagio: solo pochi minuti prima aveva fatto una figura simile tentando di consegnare un biglietto alla sua Janet. «Alcuni hanno qualche problema nelle relazioni sentimentali.»
«Alcuni, invece, no…» sospirò Ysaahi con aria sognante, rivolgendo un saluto e un languido sorriso a Troy Dillon, un aitante portoricano del quinto anno che la ricambiò mandandole un bacio.
A.J. era disgustato. «Dillon? Non può piacerti veramente…»
«E perché no?» chiese Ysaahi annotando l'ennesimo successo sulla sua agenda.
«Ma è un farabutto. Se lo chiamano 'Usa e getta' ci sarà un motivo.»
«Ma si sta specializzando nella sezione comando. Diventerà sicuramente un capitano…»
«E ti sembra un buon motivo per cadere ai suoi piedi?»
«Certo la cosa mi garantirebbe una buona posizione sociale, prestigio, tranquillità, forse un buon imbarco su una nave stellare…»
«Come puoi parlare così, Ysaahi?» Il ragazzo era esasperato. «E gli affetti? E i sentimenti?»
Ysaahi sospirò. «Andiamo, A.J., non sono cinica come pensi. Anch'io vorrei che un ragazzo buono, onesto, sensibile, generoso… magari anche atletico e bello, si innamorasse di me e mi chiedesse di passare insieme il resto dei nostri giorni. E' solo che non sono sicura che possa succedere, così preferisco non farmi illusioni e trattare la questione da un punto di vista estremamente pragmatico.»
A.J. la guardò come se la vedesse per la prima volta: non aveva mai pensato che l'apparente leggerezza della sua amica potesse nascondere un disagio tanto profondo. «Ma così ti neghi ogni speranza di felicità. Come puoi farlo?»
«Più alto il volo, più dolorosa la caduta. Preferisco rimanere con i piedi per terra. Ed ora scusami: ho ancora diversi biglietti da consegnare.»
La guardò allontanarsi sentendosi terribilmente triste per lei: dedicarsi con metodo scientifico alla sistematica ricerca di un partner poteva aumentare le possibilità di successo ma toglieva sicuramente poesia ed emozione. Rimase ancora qualche minuto immerso in profonde meditazioni, poi afferrò la sua 'valentina' e partì risoluto alla ricerca di Janet Fowler.
La notizia si sparse in un lampo, come del resto facevano tutte le notizie in Accademia: la discrezione non era una delle caratteristiche peculiari dei cadetti, ma nemmeno degli istruttori.
«Una festa danzante?» A.J. era perplesso. «Sarà sicuramente un'idea di Cobledick. Ma tu non sembri molto stupita.» Seduta accanto a lui, Ysaahi stava studiando un catalogo per acquisti on-line.
«Sapevo che qualcosa del genere era nell'aria. Per poco non finivo nel Comitato Organizzatore: Coble era sulle mie tracce.»
«E cosa hai fatto per meritarti tale onore?»
«Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato, come al solito. Ho rischiato di finire in team con Ivan Grubov, poi quel bellimbusto si è fatto di nebbia e ne ho approfittato per dileguarmi anch'io. Cobledick voleva farci fare la personificazione della ricorrenza: San Valentino e Amore. Solo a pensarci mi vengono i brividi. Sai che divertimento, stare tutta la serata a fare la statua al centro del palcoscenico…»
«Mi rendo conto che hai ben altro da fare» commentò A.J. stando attento a non sembrare acido. Non voleva correre il rischio di innescare un'altra allucinante discussione. «Sarebbe stata una buona occasione per marcare stretto Ivan» aggiunse, cercando di apparire neutrale. «Non mi sembra un brutto ragazzo…»
«Umpf, uno delle operazioni. Cosa mai vuoi aspettarti da uno delle operazioni? Dicono, dicono e non concludono mai nulla.»
«Per l'amor del cielo,» esclamò A.J. guardandosi intorno, «parla piano! Se ti sente la Maxwell siamo finiti.»
Ma Ysaahi era già persa nei suoi pensieri. «Strano tipo, quell'Ivan. Ti ho mai raccontato come ci siamo conosciuti?»
«Almeno una decina di volte» sospirò il ragazzo, rassegnato. Poi si illuminò: «Ehi, Owen il Timido a ore cinque. Sembra sia intenzionato a riprovarci» aggiunse, sogghignando con una certa cattiveria. Al terzo tentativo lui, il suo biglietto, era riuscito a consegnarlo. Ed il sorriso di Janet lo aveva ripagato di tutti i suoi sforzi.
Ysaahi getto lo sguardo in quella direzione: il fatto che il goffo Owen non rientrasse tra i suoi obiettivi non era una buona ragione per non farsi trovare nel pieno del suo splendore. Sistemò velocemente i capelli, controllò lo stato delle sue labbra e sistemò la divisa. Quando il ragazzo inchiodò a pochi passi dal tavolo, Ysaahi sfoggiò uno dei suoi più luminosi sorrisi: «Owen, tesoro, come mai da queste parti? Vuoi sederti a prendere qualcosa con me?»
Troppo emozionato per fare qualunque cosa, Owen gorgogliò una frase inintelligibile poi fece dietro front e fuggì a gambe levate. Ysaahi sospirò, rassegnata.
Nel clima sdolcinato e romantico che la festa di San Valentino aveva contribuito a creare, concentrarsi sugli studi era diventata una impresa difficile. Affrontare una lezione del vulcaniano Stark, preciso e monocorde come molti vulcaniani, era più di quanto Ysaahi potesse sopportare. Finire in prima fila proprio davanti alla cattedra suonò addirittura come una beffa. In altri momenti, le proprietà dei cristalli di dilitio avrebbero esercitato su di lei un potere magnetico: come aspirante ingegnere, tutto ciò che in qualche modo poteva riguardare la tecnica e la fisica dei materiali era per lei motivo di grande interesse.
In altri momenti, appunto… ma non in quello!
La quantità di fronti che aveva aperto sul discorso San Valentino cominciava a preoccuparla. Aveva passato la notte a cercare di ottimizzare i tempi incastrando tutti gli appuntamenti; per il nervosismo, aveva fatto fuori diverse scatole di cioccolatini e ora il suo stomaco dimostrava tutto il suo disappunto nei confronti del trattamento subito. E poi c'era quest'altro sgradevole dettaglio… Continuava ad agitarsi sulla poltroncina cercando di trovare una posizione comoda ma senza successo. Pel, l'andoriana, le aveva già rivolto diverse occhiate perplesse e persino Stark aveva alzato un sopracciglio fissandola con i suoi acuti occhi scuri.
«Tipo interessante, questo signor Stark» si ritrovò a pensare Ysaahi, con aria rapita. «E' un capitano ed è libero… Se questa Pel non gli ha messo gli occhi addosso potrei quasi farci un pensierino: in fondo, i vulcaniani sono senza età… E poi, guarda con che perizia maneggia quel tricorder…»
Stava giusto riflettendo sul fascino irresistibile di un uomo con competenze tecniche quando fu strappata dai suoi pensieri, e dalla sua poltrona, da una violenta esplosione. Si ritrovò schiacciata al suolo dallo spostamento d'aria e, per un attimo, temette di non riuscire a respirare. Poi gli impianti di ventilazione di emergenza entrarono in funzione e il fumo, lentamente, cominciò a diradarsi, permettendole di prendere qualche boccata d'aria. Si obbligò a prestare attenzione alla voce del computer che, insensibile al panico, stava dando precise istruzioni per l'evacuazione dei locali. Si innervosì rendendosi conto di essere rimasta l'ultima nella stanza: incastrata in prima fila, aveva avuto più difficoltà degli altri nel raggiungere la porta ma ora era veramente ad un passo dalla salvezza. Stava per tirare un sospiro di sollievo quando una seconda esplosione, più forte e devastante delle prima, fece crollare le paratie proprio davanti a lei, precludendole l'uscita.
«Calma,» si disse, «devo stare calma. I sistemi di sicurezza entreranno in funzione tra breve. Se solo sapessi cosa devo fare…»
Come in risposta alla sua richiesta, la rassicurante voce del computer si premurò di indicarle una nuova via d'uscita: il deposito strumenti sembrava un locale ancora agibile e la porta per accedervi era collocata proprio dietro la cattedra.
Con i polmoni in fiamme e la vista appannata, si diresse faticosamente verso la porta del deposito, facendosi largo tra le macerie. Pensava di avercela fatta quando, con orrore, vide i corpi esanimi di Stark e Pel riversi a pochi passi da lei: un grosso taglio squarciava la fronte dell'andoriana mentre chiazze di sangue verde imbrattavano il viso del vulcaniano. Senza pensare, Ysaahi si gettò verso di loro: con sollievo constatò che entrambi erano ancora vivi, ma privi di conoscenza e incapaci di muoversi. Si guardò intorno pur sapendo che non avrebbe trovato nessuno: doveva portarli fuori da lì e poteva contare solo su se stessa. Fece il tentativo di trascinarli verso il deposito ma si rese subito conto che non sarebbe riuscita a trasportarli entrambi. Il fumo ottenebrava ormai la sua capacità di giudizio. Senza pensare, concentrandosi solo sul proprio respiro, afferrò il primo corpo che le capitò tra le mani e cominciò a trascinarlo verso la salvezza. Quei pochi metri le sembrarono chilometri, quei secondi durarono un'eternità. Quando la porta del locale si aprì e fu investita da una ventata d'aria pura, Ysaahi respirò a pieni polmoni cercando di ossigenarsi il più possibile. Spinse il corpo all'interno poi, richiuse la porta e tornò indietro per recuperare il secondo ferito: il percorso le sembrò ancora più lungo e insidioso. Quando una trave cadde dal soffitto a pochi metri da lei, provò l'impulso disperato di fare marcia indietro e mettersi al sicuro all'interno del deposito ma il corpo privo di sensi pochi passi davanti a lei la indusse a proseguire. Era un cadetto della Flotta e questo era il momento di dimostrarlo. Ormai incapace di vedere alcunchée;, sentì finalmente qualcosa di morbido sotto le sue mani: con la forza della disperazione lo afferrò per le spalle e lo trascinò verso il deposito, sentendo le sue ultime energie venire meno. Si concentrò per trovare al primo colpo il pulsante per l'apertura della porta e fu con grande sollievo che sentì il familiare sibilo delle paratie e la folata di aria fresca. Si chiuse la porta alle spalle e crollò a terra.
Riprese conoscenza nell'ambiente asettico dell'infermeria. Gli occhi le dolevano e faticava a respirare ma era viva. La leggera coperta che la ricopriva pesava come un macigno, ma quando provò a muoversi, i dolori che provò in ogni parte del corpo la indussero a soprassedere. Voltò appena la testa da un lato, giusto per vedere le sagome di Stark e Pel nei due lettini accanto al suo. Uno stormire di fronde portò la sua attenzione su una figura accanto al suo letto.
«Bentornato tra noi, cadetto» la voce della dottoressa Leneorat era bassa e pacata. «Cerchi di non muoversi troppo e di respirare a fondo. Ha avuto una brutta avventura ma si rimetterà in breve tempo.»
Ysaahi tentò di dire qualcosa ma non riuscì ad emettere alcun suono. La phyilosiana capì ugualmente. «Il capitano Stark è fuori pericolo: è stato il primo ad essere portato in salvo, mentre Pel…» Ysaahi trattenne il respiro. «E' in prognosi riservata, non posso ancora dire se ce la farà. Ma cerchiamo di essere ottimisti.»
Contro la sua volontà, una lacrima rigò il volto della denobulana. La dottoressa la asciugò con dolcezza. «Non ha nulla da rimproverarsi, cadetto, ha fatto tutto quello che era in suo potere per salvarli e anche qualcosa in più. Non sono molti quelli che avrebbero rischiato la propria vita tornando nuovamente in quella stanza. E' solo merito suo se Pel è ancora in vita e può continuare a sperare. Anche lei, però, dovrebbe ringraziare una persona…»
La phylosiana fece un cenno e una figura che fino ad allora era rimasta in disparse si avvicinò al letto. Fu con grande sorpresa che Ysaahi riconobbe il suo compagno di corso. «Owen…» rantolò, cercando di riprendere il controllo della voce, «ma cosa…»
«Il cadetto Benson aveva trovato rifugio nel deposito strumenti» spiegò Leneorat, «e stava cercando di mettersi in contatto con l'esterno quando vi ha visti entrare.»
«E' successo tutto così in fretta che non sono riuscito ad uscire per darti una mano» disse il ragazzo, quasi scusandosi, «ma quando siete rientrati ho fatto il possibile per farvi riprendere i sensi.¹»
Leneorat annuì, soddisfatta. «Owen vuole diventare un medico ed è stato veramente molto bravo a mettere in atto le tecniche di pronto soccorso. Senza di lui, non so se i nostri infermieri sarebbero arrivati in tempo.»
Ysaahi era senza parole. Con uno sforzo, sfilò un braccio da sotto le coperte e allungò la mano verso di lui: non aveva più la divisa, e la pelle nuda rabbrividì al contatto con l'aria fredda². Il ragazzo la prese tra le sue, cercando di riscaldarla.
«Non so come ringraziarti…» disse senza riuscire a continuare, ma Owen si strinse nelle spalle.
«Non devi. Ho fatto solo il mio dovere, ma sono stato felice di averlo fatto per te.» Arrossì visibilmente ma non abbassò gli occhi. «Vorrei che tu lo considerassi il mio regalo di San Valentino.³»
Ysaahi sorrise, riscaldata da quelle parole inaspettate: «In fondo» pensò, chiudendo gli occhi e lasciando che lui le tenesse la mano, «anche un ufficiale medico non è male, come marito…»
Note
¹ Paletto 2: da notare che Ysaahi non è stata aiutata: affronta la prova da sola e soltanto dopo che ha portato in salvo Stark e Pel, interviene Owen ad aiutarla. Da nessuna parte si dice che i due feriti non possano essere portati fuori uno dopo l'altro (si possono portare fuori uno alla volta e senza tanto tempo a disposizione, ma non ci sono altri vincoli).
² Paletto 3: essendo ricoverata in infermeria, non ha più la divisa ed è rimasta con la sola biancheria intima: a voi la scelta se immaginare la biancheria di ordinanza o quella di pizzo che stava provando per San Valentino. Sempre di biancheria intima si tratta!
³ Paletto 1: ed ecco lo speciale regalo di San Valentino!