Non era possibile!
Si trovava sul pianeta più lontano dal centro luminoso del settore (di qualsiasi settore!), non sapeva nemmeno come ci fosse arrivata e, per giunta, si era fatta fregare come una pivellina alle prime armi! Lei, abituata a viaggiare a seguito dei genitori, a gestire bagagli di decine di persone, era riuscita a farsi rubare una valigia grande poco più di un beauty case! Avrebbe voluto vedere la faccia dei ladri quando, aprendola, vi avrebbero trovato dentro solo una ricca collezione di foto di famiglia, libri e un paio di vestiti. Peccato che, mescolati alla rinfusa con il resto della roba, ci fossero anche tutti i suoi soldi e i biglietti per arrivare all'Accademia.
Ysaahi si guardò intorno, sospirando.
Senza soldi, senza biglietti e con soli 80 sequafu per arrivare a destinazione… Cosa mai poteva fare con sole 48 ore a disposizione? Rubare una navetta? Si guardò intorno. No, non poteva rubare una navetta, non ne vedeva neppure una sulla pista di lancio. Solo un vecchio cargo scalcinato, due trasporti che sembravano vecchi autobus terrestri (li aveva visti in foto, una volta, quando aveva iniziato ad informarsi sull'Accademia e i suoi dintorni) e un piccolo elicottero a cui mancavano due eliche.
Ysaahi sospirò di nuovo. Inutile disperarsi per quanto era successo. Il caso le stava dando l'opportunità di mostrare al mondo, e soprattutto a se stessa, di che pasta era fatta. Come poteva sperare di affrontare il corso di studi della Flotta Stellare se non sapeva neppure cavarsela dopo un piccolo contrattempo? Come poteva pensare di poter scoprire strani, nuovi mondi, se non riusciva neppure a trovare la strada di casa? Puntò il count down del suo cronografo a 48.00.00 e premette il pulsante di avvio. Sul quadrante, i secondi cominciarono a scorrere: era giunto il momento di entrare in azione.
Per prima cosa, denunciò lo smarrimento di bagagli e documenti al locale ufficio di polizia: difficilmente avrebbe potuto salire su di un qualunque mezzo di trasporto senza il documento sostitutivo che la identificasse al momento dell'imbarco. A dire la verità, aveva sperato che i funzionari potessero darle una mano a risolvere il suo piccolo problema: purtroppo per lei, trovò tanta comprensione ma nessun aiuto concreto.
Il secondo passo fu quello di cercare un percorso alternativo per raggiungere San Francisco. Con la sua prenotazione smarrita e il volo al completo, non aveva altra scelta. Requisì uno dei vecchi terminali dell'astroporto alla disperata ricerca di una combinazione vincente. Dopo parecchi tentativi, e diverse aggressioni alla precaria apparecchiatura, rea di non collaborare con sufficiente entusiasmo, lanciò un grido di giubilo: otto tratte! Con solo otto tratte, arditamente incastrate tra loro, sarebbe potuta arrivare sulla Terra nei tempi richiesti. «Più facile del previsto» commentò tra sé, ripiegando accuratamente il tabulato e mettendolo al sicuro in una tasca interna.
Il passo successivo fece vacillare il suo ottimismo. Dove diavolo avrebbe preso i soldi per tutti quei biglietti? I pochi spiccioli che teneva in tasca non sarebbero bastati neppure per la prima tratta. E, senza il denaro, non aveva nemmeno la possibilità di prenotare i voli: ci aveva provato, ovviamente, ma senza successo: quelle maledette macchine pretendevano pagamenti. Improponibile mettersi in contatto con i parenti a casa: non si sarebbe certo abbassata a chiedere aiuto… e poi si era già informata: in nessun modo sarebbero riusciti a farle avere dei soldi in così poco tempo. Doveva proprio cavarsela da sola!
47.25.00 (h12.35 circa, ora di San Francisco)
Visto che gli spiccioli non avrebbero potuto portarla da nessuna parte, Ysaahi decise di concedersi una piccola colazione. «A stomaco pieno si pensa meglio» sentenziò, sedendosi alla caffetteria dello spazioporto ed ordinando qualcosa da mangiare. Un attimo dopo si pentì amaramente di quella decisione. Un'orda di turisti delle razze più disparate, evidentemente scesi da un astro pullman fermo per una breve sosta, si riversò dentro il locale, prendendolo d'assalto. In un batter d'occhio, i tavoli furono tutti occupati e quanti non erano riusciti a sedersi si accalcarono al bancone, cercando di attirare l'attenzione. Il gestore, un umanoide dall'aria tranquilla che non doveva mai aver servito più di una manciata di clienti per volta, era sopraffatto da quella marea di esseri vocianti. La giovane cameriera, della stessa razza umanoide, se ne stava immobile senza sapere da che parte cominciare.
Ysaahi, che già non era del suo umore migliore, schiacciata contro il bancone da un boliano di notevoli dimensioni, decise che ne aveva avuto abbastanza. «Sileeeeenzio!» urlò, balzando in piedi sullo sgabello e lanciando a terra il suo piatto. Nella sala calò un silenzio di tomba. La ragazza sbuffò, soddisfatta. «Se i signori avranno un attimo di pazienza cercheremo di servire tutti nel pi&ug breve tempo possibile. La nostra cameriera…» aggiunse, indicando la ragazza. «Alma» disse questa, con voce incerta. «La nostra cameriera Alma passerà ora a prendere le ordinazioni mentre il signor….» «Otis» fece questo, con voce altrettanto malferma. «… mentre il signor Otis si occuperà dei signori al banco. E adesso con calma, in fila, uno alla volta…»
Il tono suadente ma deciso della ragazza produsse l'effetto desiderato. Sotto gli occhi increduli di Otis, gli avventori si disposero diligentemente in fila mentre quelli ai tavoli scelsero velocemente le consumazioni in modo da facilitare le ordinazioni. La stessa Ysaahi si nominò 'addetta alle bevande', prendendo posto dietro il bancone e cimentandosi con i dispenser di bibite calde e fredde.
L'orda dei barbari fu servita a tempo di record, in modo professionale ed efficiente, lasciando tutti estremamente soddisfatti. Ysaahi per prima, che si ritrovò con una lauta colazione ed una discreta gratifica offertale da un riconoscente signor Otis. Contando anche i soldi delle mance, il biglietto per la prima tratta era abbondantemente assicurato.
44.00.00 (h16.00 circa, SFT)
«Al peggio non c'è mai fine!» concluse Ysaahi una volta sbarcata. Se lo spazioporto dal quale era partita era vecchio e malandato ma, in fondo, ancora organizzato ed efficiente, questo nel quale era giunta non si poteva definire altro che fatiscente. Le strutture dell'edificio erano rovinate e pericolanti, i terminali per la maggior parte guasti, le informazioni inesistenti. La buona notizia era che il suo volo era regolarmente programmato e in orario, con molti posti ancora disponibili; la cattiva è che non aveva trovato ancora il modo di procurarsi i soldi per il biglietto. Aveva sperato di ripetere il colpaccio riproponendosi come cameriera a ore ma in questo posto dimenticato, a ore si poteva svolgere solo un altro mestiere… e lei non era ancora disperata fino a quel punto. I pochi locali aperti avevano un'aria terribilmente equivoca e quello che si spacciava per uno sportello bancario aveva più l'aspetto di un covo di ricettatori. Un po' abbacchiata, sedeva mestamente su una panchina, fissandosi le palme alla ricerca di qualche idea quando una manciata di crediti le cadde letteralmente tra le mani. Incredula, alzò la testa, sgranando gli occhi.
«Animo, fanciulla» la apostrofò, con voce squillante, una strana creatura umanoide, inguainata in quello che poteva sembrare un vestito da sera rosso brillante, con tacchi altissimi ed una stola arancione che faceva a pugni con il resto dell'abbigliamento, «non posso tollerare di vedere gente depressa mentre io ho il morale alle stelle! Ecco, prendi anche questo» disse, aggiungendo un altro credito al già discreto mucchietto, «e beviti un goccetto alla salute di Miss Bove». Scomparve lasciando dietro di sé una intensa scia di profumo. Con la bocca spalancata, incapace di proferire parola, Ysaahi puntò lo sguardo nella direzione da cui si era materializzata la sua benefattrice e, finalmente, capì. Quell'ingresso luminoso, quelle insegne ammiccanti non potevano essere che quelle di un casinò: miss Bove doveva aver fatto veramente una buona vincita se si era dimostrata così generosa con una perfetta sconosciuta.
Contò speranzosa il piccolo gruzzolo ma, come temeva, non era sufficiente per comprare il biglietto che le serviva e a pagare la tangente che, verosimilmente, avrebbe dovuto sganciare per poterlo avere. Guardò con occhio cupido l'ingresso del locale: se ce l'aveva fatta miss Bove…
Poco dopo, stava aggirandosi per i tavoli del casinò, infuriata per tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare per riuscire ad entrare. Odiava quando la sua aria da ragazzina faceva sì che gli altri la considerassero molto più giovane: anche in questa occasione, c'era voluto del bello e del buono per convincere il servizio d'ordine che aveva l'età sufficiente per poter giocare. L'arrabbiatura durò solo qualche minuto: inutile ripensarci, ormai era dentro, e questa era la cosa importante. Ora bisognava concentrarsi sullo scopo della missione: incrementare il gruzzolo. Il sorriso le tornò sulle labbra quando trovò la sala dedicata ai giochi tipici del pianeta Terra: quelli li conosceva bene, li aveva studiati a lungo, come tante altre abitudini terrestri, per non farsi cogliere impreparata durante gli anni di Accademia. Guardò con interesse il tavolo del poker ma dovette scartare subito questa possibilità dal momento che la piccola cifra a sua disposizione non le avrebbe permesso di puntare forte. Il black jack non l'aveva mai convinta: troppe le possibilità che il banco barasse. La roulette però… Si avvicinò al tavolo verde dove un affascinante croupier stava distribuendo le fiches ai numerosi giocatori. «Trentasei, rosso, pari, passe» disse, con una voce profonda e professionale che Ysaahi trovò molto sexy. «Il gioco, devi concentrarti sul gioco» si disse, mordendosi il labbro. Per fortuna, il pensiero dell'Accademia ancora lontana e l'inesorabile conto alla rovescia del cronometro, la aiutarono a staccare gli occhi dal croupier per fissarli sul tavolo.
Non doveva farsi prendere dalla fretta. Doveva solo aspettare una serie favorevole e sperare che la legge dei grandi numeri fosse dalla sua parte. Tanto per saggiare il campo, tentò un semplice 'rosso': quando vide i suoi crediti portati via dall'ennesimo 'nero' la prese sul personale e decise che il croupier non era degno delle sue attenzioni.
Dopo aver perso un altro paio di giri, decise di cambiare tattica: invece di studiare la sequenza dei numeri usciti, si mise a studiare i giocatori. Identificò quello che sembrava il più fortunato e che aveva vinto di più e aspettò il momento favorevole. «La prossima mano, lo seguo!» decise, ma quando l'alieno allungò la mano puntando forte sullo zero, ebbe un attimo di esitazione. Appoggiò tutto quello che aveva un attimo prima del fatidico 'les jeux sont faits' e chiuse gli occhi. La pallina rotolò per un tempo paragonabile ad una eternità, poi si fermò. «Zero» annunciò il croupier, allungando verso di lei un discreto mucchietto di crediti. Ysaahi lo avrebbe baciato. Pochi minuti dopo stava acquistando uno degli ultimi biglietti sul volo che l'avrebbe avvicinata all'Accademia!
39.00.00 (h21.00 circa, SFT)
Il piccolo tesoro che era riuscita a mettere insieme le sarebbe bastato anche per il biglietto per la terza tratta, ma, quando si precipitò alla biglietteria per prenotare il volo, scoprì che i posti erano esauriti. E, cosa peggiore, non ci sarebbero stati altri voli per quella destinazione per i due giorni successivi. «Maledizione questo non ci voleva» disse tra sé, mentre rielaborava per l'ennesima volta i piani di volo alternativi senza trovare nulla che facesse al caso suo. Non c'erano altre possibilità, doveva salire su quel volo. Ma come? Immersa nelle sue meditazioni, fu riportata al presente dalla conversazione che si stava tenendo al tavolino vicino al suo. Una aliena che indossava la divisa di una compagnia di voli intercontinentali, stava parlando al comunicatore in modo concitato. «Ti dico che non posso fermarmi. Parto tra meno di un'ora con il volo Q-123»
«Il mio volo» pensò Ysaahi, tendendo le orecchie.
«Sono già qui in astroporto. Sto aspettando il mio the e poi mi presento per l'imbarco. Non mi cercare più!» concluse con veemenza, interrompendo la comunicazione. Ysaahi guardò il the ancora fumante che le era stato appena portato e una luce sinistra le brillò negli occhi.
Si alzò di scatto andando accidentalmente a sbattere contro una cameriera. «Oh, che sbadata» si scusò con voce melliflua. «Sono proprio un disastro…»
«Era il the della signorina» disse indispettita la cameriera, indicando l'aliena in divisa che già sbuffava per il contrattempo.
«Mi permetta di riparare. Ecco, prenda il mio the.»
«Ma no, non si preoccupi…»
«La prego, insisto. E' ancora bollente, me l'hanno appena portato.» Il tono della ragazza era molto convincente e l'aliena era troppo seccata per mettersi a discutere
«Se la mette così…» disse, accettando la bevanda.
Ysaahi aiutò la cameriera a pulire ed era ancora in prossimità del tavolino quando l'aliena, alzandosi dopo aver finito la sua consumazione, si piegò su se stessa come in preda a dei crampi. La ragazza si affrettò a soccorrerla. «Cosa succede?» chiese, «si sente male?»
«Che dolore!» disse l'altra lanciando un verso che fece voltare più di un avventore.
«Venga, la accompagno ad una stazione medica»
«No, io… devo partire… mi porti al terminal della mia compagnia, la prego…»
«Come desidera,» accondiscese Ysaahi, «ma dubito che potrà andare da qualche parte in queste condizioni. Venga, si appoggi a me.»
Attese nella sala d'aspetto del piccolo centro medico, desiderosa di accertarsi delle condizioni della donna. Con lei, stava aspettando un altro personaggio, con due piedi e quattro mani, che aveva ormai consumato il pavimento a forza di andare avanti e indietro. Quando il medico uscì dall'ambulatorio, il quadrimane si precipitò verso di lui. «Dottore, mi dica, come sta? Sono il direttore generale della compagnia aerea.»
Ysaahi storse il naso: se un 'direttore generale' poteva permettersi di aspettare l'esito di una visita di una sua hostess, la 'compagnia aerea' non doveva poi essere così grande!
Il medico lo rassicurò immediatamente. «Niente di grave, un piccolo fastidio all'apparato digerente, probabilmente dovuto a cibo avariato o troppo pesante.»
«Ma si rimetterà?» chiese Ysaahi avvicinandosi. «Sono una sua… conoscente» spiegò, in risposta allo sguardo interrogativo del medico. «State tranquilli, non è niente che non si possa curare con qualche calmante e una bella dormita. Domani sarà in forma smagliante»
«Domani???» gridò l'altro in preda al panico. «Ma dobbiamo partire tra poco. Non farò in tempo a chiamare una sostituta e non posso partire con l'equipaggio non al completo.»
«Mi dispiace, ma la sua hostess non è assolutamente in grado di viaggiare. E ora, se vuole scusarmi…»
«Sono rovinato, sarò costretto ad annullare il volo e a rimborsare tutti i passeggeri» piagnucolò l'alieno, lasciandosi cadere pesantemente su una delle poltroncine. Ysaahi si fece avanti. «Mi scusi, non ci conosciamo, ma ho sentito del suo problema. Ecco, io, forse potrei aiutarla… sono una hostess!» mentì con la migliore faccia di bronzo che riuscì a mettere insieme.
«Lei? Una hostess?» L'alieno la guardò in modo indecifrabile, evidentemente indeciso se prenderla sul serio oppure no. 'Eccone un altro che non mi dà l'età che ho!' pensò la ragazza provando l'irrefrenabile impulso di prenderlo a calci.
«Naturalmente non posso vantare l'esperienza della sua dipendente» si schermì, «ho servito solo in qualche compagnia minore e non lo faccio certo per professione, ma penso di poterla sostituire degnamente. E poi» disse, sfoderando il suo sorriso più ammaliante, «sarebbe un onore poter servire in una compagnia prestigiosa come la sua.»
Tra i due cadde un pesante silenzio mentre l'alieno valutava i termini di quella proposta e Ysaahi pregava tutte le divinità del suo pianeta, e anche quelle di qualche mondo limitrofo. Alla fine, il direttore decise che, quando accadono certi colpi di fortuna, non è il caso di fare troppo gli schizzinosi. Quella ragazza gli piaceva e poteva risolvere il suo problema: perché farsi altre domande?
«Bene,» disse alla fine, stringendole la mano, «sarò lieto di accettare la sua offerta. Naturalmente,» si premurò di spiegarle prendendola sotto braccio e trascinandola verso l'uscita, «non posso permettermi di pagarla, né di iscriverla regolarmente tra il mio personale, ma se la cosa rimane tra noi…»
«… non credo che ci saranno problemi!» concluse Ysaahi, sorridendo. Passando vicino ad un vaporizzatore di rifiuti si liberò della confezione del potente lassativo che aveva versato, non vista, nel the della sfortunata aliena. Doveva ricordarsi di ringraziare sua madre che le aveva raccomandato di portare sempre con sé i medicinali.
26.00.00 (h 10.00 circa, SFT)
Il viaggio era stato lungo, ma tranquillo. La maggior parte dei passeggeri aveva approfittato delle ore notturne per dormire e anche Ysaahi aveva potuto godere di un po' di sonno dandosi il cambio con i colleghi, con i quali aveva legato immediatamente. Abituata a viaggiare, non aveva fatto altro che ripetere i movimenti che tante volte aveva visto fare al personale di volo, sorridendo a destra e a manca, accorrendo quando veniva chiamata, servendo pasti e bevande, dando informazioni e aiuto a chiunque ne avesse bisogno, mettendosi a disposizione dei piloti per ogni loro esigenza. Lasciò le parti più tecniche ai colleghi che, comunque, non ebbero a lamentarsi del suo operato, anzi… Una volta sbarcati, il capitano insistette perché prendesse il suo biglietto da visita. «Se non dovessi trovarti bene nella Flotta Stellare» le aveva detto, «sono certo che qui da noi avrai un avvenire assicurato!». Ysaahi aveva ringraziato e aveva messo il biglietto in un posto sicuro: a prescindere dal lavoro, un capitano, anche se di una compagnia privata, rappresentava sempre un buon partito. Doveva tenerlo presente.
La tratta successiva non era lunga, il biglietto non era particolarmente costoso e denaro ne aveva a sufficienza. Fu per questo che quasi non poté credere alle sue orecchie quando, alla biglietteria, le dettero la ferale notizia.
«Sciopero?!» esclamò trasecolata. «Come sarebbe a dire sciopero?!?!'
»Sa quella cosa per la quale i lavoratori incrociano le braccia e tutti i mezzi si fermano?«
La ragazza preferì non rispondere e si allontanò inviperita. Lei doveva raggiungere San Francisco e questi lavativi cosa facevano? Scioperavano! Ma non potevano scioperare ieri? O domani? Si accorse di stare reagendo con un po' troppa emotività e si impose di mantenere la calma. Per aiutarsi, si comprò un enorme dolce alla crema che divorò in un lampo. Dopo si sentì meglio. Ora non restava che elaborare un piano di riserva.
Fece il giro di tutte le compagnie private ma nessuna aveva in programma la tratta che le interessava. E prenotare un volo per lei sola rappresentava una spesa che non poteva certo sostenere. Però… pensandoci bene… possibile che lei fosse l'unica rimasta senza trasporto a causa di quell'improvviso sciopero? Ci saranno ben stati altri passeggeri infuriati desiderosi di trovare un mezzo per coprire al più presto quella distanza… Fece due rapidi conti. Per poter noleggiare un trasporto ad un prezzo paragonabile o poco superiore a quello del biglietto di linea avrebbe dovuto trovare altri… vediamo… venticinque compagni di viaggio.
Valeva la pena di tentare.
Si armò di carta e penna, presi a prestito dal banco di una compagnia aerea lasciato incautamente incustodito, e si avviò verso lo sportello della compagnia scioperante. Come aveva previsto, lo sportello era preso d'assalto dai passeggeri inferociti: chi chiedeva informazioni, chi esigeva la restituzione del prezzo del biglietto, chi voleva chiamare le forze dell'ordine perché facessero non si sapeva bene che cosa. Insomma, una vera baraonda.
Dopo aver tentato inutilmente di sovrastare con la voce la massa urlante, Ysaahi decise che sarebbe stato più produttivo lavorarla ai fianchi. Ad uno ad uno, avvicinò i passeggeri tirandoli letteralmente per la manica e spiegando loro la sua idea. Iniziò da quelli che sembravano più ragionevoli, per poi passare a quelli più nervosi, tralasciando gli esagitati. La sua proposta fu un vero successo: non ci volle molto perché una colonna di venticinque passeggeri, capitanata da una ragazzina denobulana, marciasse alla volta della compagnia privata e prenotasse un volo. Ysaahi ebbe anche la faccia tosta di tirare sul prezzo, promettendo di occuparsi del reclutamento di altri venticinque passeggeri per un volo analogo: alla fine, non solo riuscì a non pagare il viaggio ma si trovò più soldi di quanti ne avesse al principio. Qualche ora dopo, due astronavi gemelle erano in viaggio: Ysaahi, stremata, si addormentò pesantemente sulla poltroncina così faticosamente conquistata.
21.00.00 (h 15.00 circa, SFT)
Quando si accorse che il suo meraviglioso piano aveva una falla, era ormai troppo tardi per rimediare. Organizzare il volo dall'ultimo spazioporto aveva richiesto una notevole quantità di tempo così, una volta sbarcata, si rese conto di aver perso la sua coincidenza per una manciata di minuti. Ricevere complimenti, ringraziamenti e anche una proposta di matrimonio non la rasserenò affatto. Consultò a lungo il terminale di servizio, alla disperata ricerca di un trasporto alternativo, ma invano: l'unico volo rimasto era quello di una costosissima compagnia privata e, come se non bastasse, i posti risultavano esauriti. Purtroppo non le rimanevano alternative: doveva imbarcarsi su quel volo, a qualunque costo.
La sua carriera di clandestino finì prima ancora di cominciare. Era riuscita a salire a bordo, approfittando di una disattenzione della giovane hostess all'ingresso, ma era stata subito scoperta dai rilevatori della nave. 'Attenzione! Registrato peso della nave a vuoto anomalo. Delta 63 chilogrammi' aveva scandito la voce atona del computer di bordo azionando, subito dopo, la sirena di emergenza. «Accidenti, sono ingrassata!» pensò Ysaahi, rintanata dietro ad un sedile; un attimo dopo, si rese conto di avere problemi più grandi ed immediati da affrontare.
«Avanti, clandestino» tuonò una voce dalla cabina di guida, «sappiamo che sei a bordo. Vieni fuori con le mani in alto e non ti verrà fatto alcun male.»
Sporgendosi dal suo nascondiglio, Ysaahi vide un grosso umanoide farsi avanti con aria minacciosa. Aveva un fucile faser e sembrava assolutamente intenzionato ad usarlo. «Conterò fino a tre, uno…» Ysaahi decise che non si sarebbe arresa senza lottare. Avrebbero dovuto stanarla. «Due…» Sarebbe morta nel tentativo, piuttosto che rinunciare a quel viaggio. « E tr…»
«La prego, non spari, mi arrendo, sono sola, disarmata, pietà!!!» La ragazza saltò fuori dal suo nascondiglio, con le mani alzate e il fiato corto per lo spavento. Dopotutto, solo nei film le eroine riuscivano a farla franca senza essere atomizzate dal cattivo di turno. L'essere che si trovò di fronte, sicuramente un tellarite, viste le sembianze porcine, rimase impietrito per la sorpresa. Squadrò la denobulana da capo a piedi, poi scoppiò in una fragorosa risata. «Ma guarda cosa abbiamo qui. Uno scorfanello denobulano. Di' su, ragazzina, non avrai certo pensato di farla franca?»
Ysaahi stava per dirgli tutto quello che lo 'scorfanello denobulano' pensava di lui, ma si trattenne. Si rese improvvisamente conto di essere stata un po' troppo ottimista sulle sue possibilità di successo; per la prima volta da quando era iniziata quell'avventura, ebbe veramente paura. E, come succedeva ogni volta che la paura prendeva il sopravvento, cominciò a parlare a ruota libera. «La prego, signore, non mi denunci. Sono solo una povera ragazza che ha bisogno di arrivare al più presto alla più vicina base stellare. Ho perso il mio volo, non sapevo come fare, ho sbagliato, la sua era l'unica nave disponibile, ero in preda al panico, la prego mi creda…»
«Silenzio!» esclamò l'irascibile tellarite, sparando un colpo a salve, in preda ad un violento mal di testa. Ysaahi tacque immediatamente, riprendendo il controllo delle sue reazioni. Il tellarite la squadrò con occhio severo. «Stai tranquilla, non ho intenzione di denunciarti perché le beghe burocratiche riuscirebbero solo a farmi perdere del tempo, a patto» aggiunse immediatamente per frenare i facili entusiasmi, «a patto che tu faccia ammenda pulendo tutti i finestrini della nave.»
Ysaahi, che stava già per sciogliersi in mille ringraziamenti, rimase interdetta. «Pulire… i finestrini?»
«Hai capito benissimo, scorfanello. Acchiappa il secchio e mettiti al lavoro, o finirai immediatamente al più vicino posto di controllo.» Rassegnata, Ysaahi si mise all'opera.
Finì il lavoro a tempo di record, con una cura e una meticolosità tali da lasciare il tellarite senza fiato. Come sempre, Ysaahi non accettava di dare meno del massimo in qualunque cosa facesse, compresi i lavori forzati. Stanca, ma non doma, la ragazza decise di giocare la sua ultima carta. «Capitano, la prego, ho assolutamente bisogno di prendere questo volo» disse con voce melliflua, tentando di impietosire il suo interlocutore. «L'avrei pagato ma non c'erano più posti disponibili. Per favore, mi permetta di rimanere a bordo. E' di vitale importanza…»
Il tellarite la zittì con un gesto, un attimo prima che il suo mal di testa ricominciasse, poi le passò un aspirapolvere. «Pulisci gli interni,» disse, con il solito tono rude ma con un accenno di sorriso sul muso porcino, «e ti faccio viaggiare nella cabina di pilotaggio.»
Ysaahi sorrise. Il suo interlocutore aveva evidentemente un cuore d'oro e non era rimasto insensibile davanti al suo caso pietoso. Si mise nuovamente al lavoro, fischiettando allegramente. Quella sera, i passeggeri abituali, rimasero allibiti nel vedere quale grado di pulizia avessero raggiunto i mezzi della Oink Inc.
17.30.00 (h18.30 circa, SFT)
L'emozione di poter viaggiare nella cabina di pilotaggio aveva tenuto Ysaahi sveglia per tutto il tempo. Non aveva smesso un attimo di fare domande, per la gioia dello scorbutico tellarite, che si pentì più e più volte per la sua buona azione; era andata addirittura in estasi quando, stremato, il capitano le aveva affidato i comandi per qualche tempo. Era la prima volta che aveva la possibilità di guardare i comandi di un mezzo così grosso, figuriamoci di pilotarlo. Quando raggiunsero la loro destinazione, la ragazza fu quasi dispiaciuta di doversi separare dal suo benefattore; molto meno dispiaciuto fu sicuramente il tellarite che però, incredibilmente, cominciava ad affezionarsi a quella intraprendente ragazzina. Ysaahi collezionò un nuovo biglietto da visita, una nuova offerta di lavoro e un nuovo capitano con il quale valutare un eventuale matrimonio.
Ancora una volta, però, il ritardo accumulato le aveva fatto perdere la coincidenza con il volo successivo. Stava di nuovo lambiccandosi il cervello con il terminale dello spazioporto alla ricerca di qualche alternativa, quando qualcuno le pose una mano sul braccio. «Signorina, per cortesia, me lo farebbe un favore?» Voltandosi per identificare il proprietario di quella mano, Ysaahi si trovò davanti una delle persone più originali che avesse mai incontrato. Era sicuramente una femmina terrestre, anziana, molto anziana, con i capelli bianchi, un enorme paio di occhiali e un indescrivibile cappello. Portava una incredibile quantità di gioielli e si appoggiava ad un bastone madreperlato, più per posa che per un reale bisogno. E il vestito… beh, il vestito proprio non avrebbe saputo da che parte iniziare a descriverlo. Incoraggiata dal suo attonito silenzio, la vecchina proseguì. «Sto cercando di inserire un piano di volo per questa destinazione» disse, porgendole un padd ultimo modello che Ysaahi guardò con occhio concupiscente, «ma non riesco a trovare i comandi corretti. I miei occhi non sono più quelli di una volta. Potresti aiutarmi?»
La ragazza stava cercando di capire come mai una persona così anziana potesse aver bisogno di inserire un piano di volo, quando lesse la destinazione sul visore e sgranò gli occhi: esattamente dove sarebbe dovuta andare lei stessa. Subito, la sua mente cominciò ad elaborare un piano mentre il suo viso si sciolse in un luminoso sorriso. «Ma naturalmente,» cinguettò, spostandosi sul terminale dove la vecchietta aveva già aperto una sessione, «ecco, mi lasci guardare… Dovrebbe bastare entrare in questa procedura… Che strano,» lasciò cadere con tono casuale, «anch'io sto cercando di raggiungere questa destinazione…»
«Ma che coincidenza!» esclamò con voce gioviale, la terrestre. «E' meraviglioso. Ha già comprato il biglietto? Sa,» spiegò tutta allegra, «possiedo un mezzo mio e viaggio sempre da sola. Per caso non vorrebbe accompagnarmi? Lei risparmierebbe i crediti e io potrei godere finalmente della compagnia di qualcuno.»
«E' una proposta allettante,» disse cautamente Ysaahi, cercando di dissimulare il suo entusiasmo per non far fuggire la preda, «ma non so se posso approfittare…»
«E io non posso accettare un rifiuto!» disse con veemenza la terrestre. «Mi dica che verrà!»
«Se la mette così, non posso certo rifiutare. Ecco, il piano di volo è inserito e convalidato.»
«Perfetto. Allora possiamo partire. Mi segua!» e si avviò a passo di carica, verso la zona di imbarco. Ysaahi la seguì ringraziando la sua buona stella.
Il ringraziamento si trasformò presto in una serie di variegate maledizioni. L'arzilla vecchietta aveva sì un mezzo di trasporto di sua proprietà, la 'Abelarda II' che portava il suo nome, ma lo pilotava con la prudenza e la tranquillità che la sua avanzata età suggeriva. Per dirla con una espressione che Ysaahi aveva imparato studiando la storia terrestre, 'guidava in seconda'. Guardò il cronometro senza farsi notare: se avessero continuato a quella velocità, avrebbe sicuramente perso anche la successiva coincidenza. Quando il centro di controllo del traffico chiamò per la terza volta per chiedere se avevano dei problemi all'impianto di propulsione, la ragazza decise che era il momento di prendere in mano la situazione. «Senta, signora Abelarda» disse, cercando di non offendere la proprietaria. «Non vorrei sembrare impaziente, o spericolata, ma avrei assolutamente» e sottolineò quella parola, «bisogno di raggiungere la destinazione prima…» del prossimo corso di studi, avrebbe voluto dire, ma si trattenne; «al più presto. Non potrebbe accelerare un poco?»
La donna la guardò in uno strano modo. «Accelerare? Mi sembrava già di andare così veloce». Ysaahi si guardò bene dal farle notare che la velocità che lei si ostinava a mantenere era quella minima consigliata, non quella massima permessa. «E' solo che, ecco, rischio di perdere una importante coincidenza» cercò di spiegare. La signora Abelarda era perplessa.
«Beh, io non me la sento di andare più veloce; sai com'è, l'età, la vista… Ma se tu pensi di poter guidare, sarò lieta di cederti i comandi. E' una nave molto facile da pilotare.»
«Se lei fosse così gentile…» disse Ysaahi, impossessandosi dei comandi. Un attimo dopo, con l'acceleratore a tavoletta, la 'Abelarda II' stava schizzando tra le stelle ad una velocità che non aveva mai conosciuto.
15.00.00 (h21.00 circa, SFT)
La tratta successiva si rivelò quella più problematica. Sembrava che l'intero settore non avesse altro desiderio al mondo che raggiungere San Francisco: i voli erano completi, le navette private tutte prenotate, le liste di attesa interminabili e nessuna possibilità di tracciare percorsi alternativi «E io come ci arrivo, sulla Terra?» si chiese Ysaahi. Emise un profondo sospiro; ancora una volta, non aveva scelta: doveva rispolverare i panni del clandestino. «Ma questa volta non mi prenderanno!» esclamò, con aria di sfida. Riattivò il terminale e cominciò ad analizzare la struttura e le caratteristiche tecniche di tutte le navi in partenza, ben decisa a non ripetere gli errori del passato. Rinunciò subito ad intrufolarsi nella zona passeggeri: i sistemi di allarme erano troppo sensibili per sperare di eluderli senza adeguati strumenti. Più facile sarebbe stato viaggiare nel vano di carico, nascosta tra i bagagli. Identificò i modelli con stiva pressurizzata e ambiente climatizzato, qualcosa di abilitato al trasporto di piante e animali da compagnia, che le avrebbe permesso un viaggio confortevole. Decise inoltre di tentare con una nave in transito, che arrivasse già con la stiva mezza carica, dove sarebbe stato più facile trovare opportunità di nascondersi. E preferì un volo che facesse uno scalo abbastanza lungo, contando sul fatto che i controlli si sarebbero probabilmente allentati prima nell'attesa della partenza. La ricerca incrociata le restituì un nome: 'Nostromo'. Cancellò ogni traccia delle sue ricerche dalla memoria del terminale e si preparò ad affrontare la difficile missione.
La fortuna, a volte, assume forme imprevedibili: quel pomeriggio, si presentò a Ysaahi sotto le sembianze di 'Strike', una renna alta quasi due metri, mascotte della fase finale del campionato di baseball, in programma proprio a San Francisco nelle settimane seguenti. L'ingombrante costume che qualche malcapitato avrebbe dovuto indossare per fare animazione a bordo campo, giaceva abbandonato in uno dei container in attesa di essere imbarcati sulla Nostromo, proprio ai margini della zona di carico. Ci volle un attimo perché Ysaahi riuscisse ad issarsi all'interno del container e a nascondersi dentro la maschera. Chiuse la cerniera e si sentì al sicuro: poteva respirare facilmente e guardare all'esterno, e se anche qualcuno avesse controllato il carico, avrebbe visto solo un floscio costume da renna. Trovò il nascondiglio così comodo e accogliente che, appena imbarcata, si addormentò come un sasso.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato ma, quando si svegliò, si diede della stupida per essersi addormentata a quel modo e aver perso così il controllo della situazione. Il monotono rombo dei motori la rassicurò sul fatto di essere effettivamente in viaggio: tirò un sospiro di sollievo e decise che era il caso di sgranchirsi un po' le gambe. Ancora intontita, dimentica del costume che aveva indosso, si alzò in piedi, emergendo dal container… e si ritrovò a fissare negli occhi un giovane umano. «Aaaaahhhhh!!!!» gridò questo, trovandosi faccia a faccia con una enorme renna pelosa. «Aaaaahhhhh!!!!» gridò Ysaahi, presa alla sprovvista da quell'inaspettato incontro. «Aaaaarrrgghhhhh!!!» ruggì uno strano essere a quattro zampe, liberandosi dalla stretta dell'attonito umano e fuggendo chissà dove. «Non mi spari, mi arrendo!» gridarono all'unisono i due, alzando contemporaneamente le mani. Rimasero a fissarsi in quella posizione per qualche secondo; Ysaahi fu la prima a rendersi conto dell'assurdità della situazione. «Ma tu sei un clandestino» disse, abbassando le mani. «Anche tu,» ribatté l'altro, facendo altrettanto, «e non sei neppure una renna». «Una renna?' ripeté la ragazza, confusa. »Ah, sì, il costume…« Con qualche difficoltà si liberò del travestimento e saltò fuori dal container: quell'umano era troppo giovane per costituire un pericolo. «Mi chiamo Ysaahi,» disse, «cadetto della Flotta Stellare. Di solito non viaggio in questo modo ma oggi si tratta di una emergenza». «E io sono Ivan,» si presentò il ragazzo. Aveva un bel sorriso e una espressione simpatica: doveva avere circa la sua età. «Io e Igor stiamo cercando di raggiungere San Francisco.»
«Igor?» chiese Ysaahi, mentre Ivan impallidiva improvvisamente, rendendosi conto di avere le mani vuote.
«Igor?» chiese nuovamente Ysaahi, fissandolo con sguardo interrogativo.
«E' la mia arvicola» spiegò Ivan, in preda ad una forte agitazione.¹ «Le stavo dando da mangiare quando mi hai spaventato. E' scappata!»
«Una arvicola? Una arvicola cardassiana?» chiese Ysaahi sgranando gli occhi. «Ma sono animali pericolosi. Credevo il loro trasporto fosse vietato!»
«Secondo te, perché sto viaggiando in una stiva di carico invece che in prima classe? Forza, dobbiamo trovarla prima che distrugga tutto. Igor? Igor? Da bravo, vieni fuori…»
«Ma che ci fai con una arvicola?» chiese Ysaahi, che ancora non riusciva a capacitarsi della cosa. «Non sarai mica uno di quelli che si arricchisce con i combattimenti tra animali!» esclamò, guardandolo con disapprovazione.
Ivan allargò le braccia. «Ma se mi sono trovato in questo pasticcio proprio per salvarla da una banda di sfruttatori! Dai, dammi una mano a trovarla, che poi ti racconto…»
Per nulla rassicurata, Ysaahi si armò di una solida mazza da baseball e si unì a lui nelle ricerche.
Alla fine la presero per fame, attirandola nella sua gabbia con una generosa razione di cibo. Loro stessi si sedettero in un angolo, per riposarsi un attimo e mangiare qualcosa. «E così sei un cadetto della Flotta Stellare» disse Ivan, guardandola con un certo interesse. Ysaahi ne fu compiaciuta. «In realtà sono solo una matricola ma non vedo l'ora di cominciare.»
«Dai, parlami di te. Non conosco molto bene la tua razza, potrebbe essere una buona occasione per rimediare.» Ysaahi lo guardò, dubbiosa. «Sei sicuro? Non vorrei annoiarti. In fondo, ho avuto una vita normale, una infanzia felice, corso di studi standard, nessun problema di salute e una famiglia che mi ha voluto bene. Niente di esaltante che valga la pena di raccontare» aggiunse, con una punta di disappunto.
«Tu comincia,» la esortò il ragazzo, «abbiamo ancora diverse ore di viaggio. Sei figlia unica?»
«Si vede che non conosci i denobulani» disse Ysaahi, sorridendo. «Sono nata dieci anni dopo l'ultimo dei miei fratelli, quando ormai mia madre pensava di non poter più avere figli. La mia famiglia è atipica, perfino per gli standard denobulani. Innanzitutto siamo tantissimi perché sia mia madre che le altre due mogli di mio padre sono molto prolifiche. Poi mio padre ha fatto una cosa veramente strana: in una società trigamica che favorisce la massima dispersione genetica, lui ha scelto di sposare tre donne imparentate tra loro, anzi, addirittura sorelle strette. A nessun denobulano verrebbe mai in mente una cosa del genere, anche se mio padre dice che avere una sola coppia di suoceri ha avuto i suoi vantaggi!» Questa volta fu Ivan a sorridere: «Allora non siamo solo noi umani ad inventare barzellette sull'argomento. E' la prima volta che ti allontani dal tuo pianeta?»
«Scherzi? Ho cominciato a viaggiare prima ancora di camminare, seguendo mio padre nelle sue trasferte artistiche. Lui è un compositore piuttosto noto e si è esibito diverse volte anche fuori dal pianeta. Gli ha sempre fatto piacere portare con sé la sua famiglia, ma man mano che i figli si sistemavano o si sposavano avevano sempre meno tempo per lui. Per questo, quando sono nata io, ha deciso che non avrebbe perso neppure un'occasione per stare con me e questo mi ha portato a saper allacciare un cintura di sicurezza prima ancora che le scarpe!»
«E io che credevo di avere a che fare con una novellina!» Ivan dava l'impressione di divertirsi un sacco. «Dai, continua,» la spronò. «Che altro hai fatto?»
«Quando non ero in giro per il quadrante non stavo molto ferma lo stesso: ho un fratello che vive in campagna e lo andavo a trovare di frequente. Una volta, circa dieci anni fa, ricordo anche un lungo e scomodo viaggio per andare a trovare il primo marito di mia madre, che si è ritirato a vivere da solo in una impervia zona di montagna. Che scalate, ragazzi! Non c'è parete su cui non abbia cercato di arrampicarmi, anche se non sempre con grandi risultati. Ho sentito dire che anche sulla Terra ci sono diversi paradisi per i rocciatori: spero proprio di trovare il tempo per fare una gita, una volta o l'altra.»
«Su questo puoi stare tranquilla, ci sono posti bellissimi anche vicino a San Francisco.» Cercò una posizione più comoda sistemandosi su di un fianco: era più stanco di quanto non volesse ammettere. «Non sembra proprio che tu ti sia annoiata…»
Con lo sguardo perso nel vuoto, Ysaahi stava dando spazio ai suoi ricordi. «No, questo no. Anche a casa grazie al locale di mia zia, la terza moglie di mio padre, non ho mai avuto una serata vuota. Quando ero troppo giovane per entrare legalmente nella sala, mia zia mi lasciava stare nella cabina dell'impianto sonoro, così ho imparato sulle apparecchiature audio più di un tecnico professionista. Poi, crescendo, ho imparato anche a servire al banco e a fare cocktail esplosivi… la parte più divertente era assaggiarli e vedere che effetto avevano! Mi ricordo che una volta mi sono trovata a ballare in equilibrio sul tetto dell'aeromobile di un mio amico… anzi! Ora che ci penso deve essere stato proprio dopo quella sera che mia madre ha cominciato a parlare di Flotta Astrale. Mio padre ha cercato di opporsi in tutti i modi, ma mia madre lo ha convinto parlandogli del nonno.»
«Sento che il nonno ci riserverà delle sorprese…» Tentò di combattere il sonno imminente mentre Ysaahi era ormai un fiume in piena.
«Devi sapere che il padre di mia madre, da giovane era molto… come dire… vivace. Non c'era verso che si applicasse per più di un mese alla stessa cosa e un giorno partì senza avvertire nessuno per arruolarsi nella Flotta. Quando tornò, più di dieci anni dopo, era un denobulano nuovo. Nel giro di un anno trovò e sposò le sue tre mogli e fece una discreta fortuna come pilota su navi da crociera. Secondo mia madre, quindi, la sua esperienza sarebbe stata utile anche a me, e io non mi sono certo opposta all'idea! Dove altro potrei diventare il miglior ingegnere della Federazione? E, soprattutto, dove altro potrei trovare tanti buoni partiti tra cui scegliere i miei tre mariti? Ho grandi progetti per il mio futuro…» ²
Ma Ivan, ormai pesantemente addormentato, si perse questa parte della storia.
02.25.00 (h09.35 circa, SFT)
Sbarcò a San Francisco giusto in tempo per salire sull'ultima navetta per l'Accademia. Ysaahi aveva calcolato e ricalcolato i tempi, ed era certa che ce l'avrebbe fatta con un margine di sicurezza accettabile. Ma siccome la fortuna è cieca, mentre la sfiga ci vede benissimo, tutti i sistemi elettronici della navetta si spensero improvvisamente, lasciandola a piedi proprio sulla lunga arteria che conduceva all'Accademia, a poche miglia dalla meta. Il pilota era esterrefatto. «Incredibile, mai successa una cosa del genere. Tutto il sistema di guida è andato in corto.»
Ysaahi era troppo allibita per commentare adeguatamente l'episodio. «Manderanno una nuova navetta?» chiese con angoscia, attaccandosi al braccio del malcapitato pilota. «Non prima di qualche ora,» disse questi allargando le braccia. «Con il traffico che c'è a quest'ora è impossibile fare di meglio. Siamo fuori dalle rotte abituali.»
«Se pensi che io abbia intenzione di arrendermi ti sbagli» disse tra sé, guardando con odio il mezzo senza vita. Impossibile chiamare un taxi: ci avrebbe messo troppo tempo ad arrivare. Non restava che un'ultima possibilità.
Un attimo dopo era appostata su di un lungo rettilineo con il pollice al vento. Sapeva tutto dell'abitudine terrestre di viaggiare facendo l'autostop e si ritenne fortunata di avere una mano umanoide con pollice opposto in modo da potersi esibire nel tradizionale gesto. Anche se non c'era molto traffico, era certa che qualcuno si sarebbe fermato.
Finalmente, un mezzo di trasporto apparve all'orizzonte. Ysaahi lo guardò incredula: era una navetta di un modello arcaico, con delle strane insegne posticce e l'aspetto di un mezzo agricolo. Non dava l'idea di poter viaggiare ad una grande velocità. «Fa che non si fermi, fa che non si fermi,» pregò rivolta ad una indefinita divinità. La navetta, invece, rallentò, fermandosi proprio davanti a lei. Il portello laterale si aprì, mostrando le due persone all'interno. «Oh, no, due carampane» pensò Ysaahi, con un singhiozzo. Il pilota e il passeggero erano effettivamente due donne, non tanto vecchie da meritare l'appellativo che la ragazza aveva loro riservato, ma il ricordo della signora Abelarda era ancora troppo fresco perché Ysaahi potesse distinguere con serenità le diverse età delle femmine terrestri.
«Buongiorno!» la salutò la donna alla guida, «dove devi andare?»
«All'Accademia della Flotta Stellare» disse Ysaahi con un filo di voce, ben sapendo di non avere scampo. Quella strada proseguiva anche oltre ma l'Accademia era una tappa obbligata.
«Sali, ti diamo un passaggio» disse l'altra, facendo un cenno con la testa. Indossava uno strano paludamento rosso cremisi, con delle ampie maniche che fecero sorridere la denobulana.
«Era quello che temevo» disse tra sé; poi, ad alta voce, continuò con ben altro tono. «Grazie. Ho veramente fretta di arrivare. Sa, sono una matricola, devo presentarmi entro le 12.00» spiegò, sperando che conoscere la situazione, inducesse il pilota a tenere una velocità adeguata.
«Hai sentito, Estìa,» disse la terrestre al volante, «la ragazza deve arrivare entro le dodici»
«Ti ricordo che anche noi dovremmo essere là entro quell'ora, Joan. Farai meglio a non perdere altro tempo.»
«Stai forse dicendo che siamo in ritardo?»
«Sto dicendo che TU sei in ritardo, come al solito. Ti ho aspettato per più di mezz'ora al punto di rendez-vous.»
«Scusate, signore,» le interruppe timidamente Ysaahi, «ma se lasciassimo questi discorsi a dopo e ci avviassimo?»
«La ragazza ha ragione» commentò, con un sorriso, la donna chiamata Estìa. «Sali, cara e non fare troppo caso al mio assistente. Polluce è sempre molto espansivo con le persone che non conosce.» Poi, mentre il portello stava chiudendosi, aggiunse premurosamente. «Farai bene ad allacciare la cintura di sicurezza.»
«Penso di poterne fare a menooooooo…» tentò di dire la denobulana, prima di venire schiacciata sul sedile posteriore da una poderosa accelerazione della navetta. Quel vecchio scassone doveva avere il motore truccato e quella Joan lo stava pilotando come… come… Ysaahi non trovò il termine di paragone. Alla prima curva, venne proiettata tra le braccia di Polluce e faticò non poco per riprendere la posizione eretta. Fece l'errore di guardare fuori dal finestrino. «C'è un segnale rosso, c'è un segnale rosso!» gridò puntellandosi come meglio poteva, ma il mezzo non rallentò, tagliando l'incrocio a tutta velocità.
«Effettivamente, c'era un segnale rosso» commentò tranquilla Estìa, sistemandosi i capelli.
«Ah, sì? Strano, non l'avevo visto» replicò Joan, alzando perplessa le sopracciglia. Prese le due curve successive in derapata, ignorò uno stop, prese una corsia preferenziale, imboccò un senso unico a tutta velocità, e inchiodò davanti al cancello principale dell'Accademia senza che Ysaahi riuscisse a riprendere una respirazione normale.
«Forse è meglio che io scenda qui» disse, con voce malferma, ma la donna al volante non ammise repliche. «Resta ferma, che ti portiamo davanti alla segreteria. Non hai detto che sei in ritardo?»
«Sì, ma voglio arrivarci viva, alla segreteria» pensò Ysaahi, mentre un addetto al controllo degli ingressi si avvicinava al loro veicolo. L'uomo parve riconoscere le persone e la cosa la tranquillizzò un minimo: non aveva escluso l'ipotesi che due squilibrate stessero tentando di infiltrarsi all'Accademia con la scusa di accompagnarla.
«Professoressa Kalligalenos» disse l'uomo porgendo una busta alla donna in abito cremisi, «hanno lasciato questo per lei. E, capitano Maxwell,» aggiunse rivolto a quella al volante, «la prego: non sgommi sul vialetto. Il giardiniere ha impiegato tutta la mattina per sistemare la ghiaia, lo sa quanto si innervosisce quando gli mandano in fumo il lavoro.»
Maxwell annuì, tranquillizzandolo. «Stamattina abbiamo anche un carico da dichiarare» aggiunse, indicando il sedile posteriore. «Abbiamo a bordo uno dei nuovi… Come hai detto che ti chiami?»
«Y… Ysaahi…» balbettò la denobulana, in preda ad una agitazione crescente.
La guardia annotò il nome sul suo padd e fece loro cenno di proseguire. Maxwell mantenne la promessa, guidando tranquillamente lungo il vialetto di ingresso. Alle 12 meno 5 minuti erano davanti all'ingresso degli uffici.
«Eccoci arrivati!» disse allegramente, aiutando Ysaahi a scendere. «Gli uffici sono in fondo al corridoio, a destra. Farai meglio a sbrigarti» consigliò, consultando il grande orologio all'ingresso.
Ysaahi non si sentiva molto stabile sulle gambe, ma non era questo il momento di cedere. «Grazie… grazie… » riuscì a dire imboccando di corsa la porta di ingresso.
Maxwell la seguì con lo sguardo, compiaciuta. Kalligalenos si avvicinò all'amica e la guardò con disapprovazione. «E così, anche quest'anno sei riuscita a spaventare a morte uno dei nuovi arrivati. A volte penso che tu sia perfida…»
Maxwell si strinse nelle spalle. «Cerco solo di aiutarli. Cosa vuoi che sia, in confronto alla prima lezione di Shermann? E poi, sai quante ce ne combineranno, quando ce li troveremo davanti a lezione? Cerco solo di mettermi avanti con il lavoro.»
Kalligalenos alzò gli occhi al cielo, rassegnata. In fondo, anche lei finiva sempre per divertirsi in modo vergognoso!
Con le gambe molli, il fiato corto, lo sguardo appannato, Yssahi si fiondò lungo il corridoio, alla ricerca della Segreteria. Pallida come un cadavere entrò nel locale allo scoccare delle 12. «Bene, abbiamo praticamente finito» stava dicendo l'impiegato, rivolto ad un collega. «Manca un solo nome all'appello, una tale Ysaahi.»
«PRESENTE!» gridò la denobulana segnalando a gran voce la sua presenza; poi cadde a terra, svenuta.³
Note
¹ Paletto 2: Ecco l'arvicola cardassiana.
² Paletto 1: Ysaahi racconta la storia della sua vita a qualcuno.
³ Paletto 3: Il racconto finisce con Ysaahi che supera i cancelli dell'Accademia.