Ysaahi si svegliò di soprassalto, sentendosi paradossalmente in colpa per essersi assopita, sprofondata nel confortante abbraccio della comoda poltrona: impiegò qualche secondo per riconoscere la sua cabina, con il cuore che batteva all'impazzata e la testa che girava per il tentativo di mettersi in piedi troppo in fretta.
‘Che sciocca’ disse tra sé, mentre i pensieri cominciavano a schiarirsi nella sua mente, ‘spaventarmi per così poco.’ Ma non aveva nulla da rimproverarsi: anni di imprinting non potevano essere cancellati da qualche settimana di permanenza in quell'universo così diverso dal suo, un mondo fantastico dove distrarsi un attimo poteva non fare la differenza tra la vita e la morte, dove esistere non era una mera questione di sopravvivenza, e le persone erano qualcosa di più che burattini nelle mani di pochi.
Quello che da questa parte chiamavano l’Universo Specchio non era certo un bel posto. Nel suo piccolo era stata fortunata: aveva conosciuto l'Iniziativa e sostenere la ribellione le aveva dato la forza di restare a galla. Quando i Triumviri l'avevano scelta per infiltrarsi nell'universo alternativo e raccogliere informazioni utili per organizzare la rivolta, la denobulana aveva capito che quella poteva essere la sua grande occasione per emergere finalmente dalle tenebre. Si era data da fare e aveva trovato informazioni di importanza vitale. Ma non era l'approvazione dei Triumviri che cercava, né la riconoscenza dei Ribelli, né la vendetta sugli oppressori klingon-cardassiani.
L'insistente lampeggiare dei led sulla console le ricordarono la registrazione ancora in stand-by.
«Computer, attiva una nuova registrazione criptata di livello 20» disse con voce fattasi improvvisamente dura e tagliente. «Diario personale, accesso riservato. Dopo indagini estenuanti, questo pomeriggio ho potuto comunicare ai Triumviri il primo tassello della mia incredibile scoperta. Come avevo previsto, si sono mostrati estremamente interessati: e chi non lo sarebbe di fronte ad informazioni che potrebbero cambiare le sorti dell'Universo Specchio? Ho chiesto una proroga per completare le mie indagini in questo universo e me l’hanno accordata. So che il momento è delicato: le informazioni che ho procurato all'Iniziativa sono ormai sufficienti per organizzare la fuga dal campo di lavoro e scatenare la rivolta su tutto il pianeta; i tempi sono maturi, l'operazione non può essere rimandata ma il mio suggerimento di servirsi del mio doppio come agente infiltrato ha suscitato molti consensi. Direi che tutto sta andando per il meglio: il mio doppio nel campo di lavoro con il compito di far scoppiare la rivolta e io qui, all'Accademia, con l'incarico di approfondire quanto più possibile questa incredibile scoperta. I Triumviri hanno scelto saggiamente» concluse contemplando la sua immagine riflessa dal grande specchio sopra la scrivania, «spero solo non debbano mai scoprire che quello che ho raccontato loro è frutto della mia immaginazione!»
Quel giorno la mensa era più affollata e rumorosa del solito ma Ysaahi non sembrava farci caso: seduta ad un tavolo defilato, seguiva il filo dei suoi pensieri, usando il purè di patate come fosse stato un giardino di sabbia zen. Non provava sensi di colpa, il suo non era un piano premeditato. All'inizio era stata orgogliosa di essere stata scelta per quella missione nell'universo alternativo: era un riconoscimento delle sue capacità, della sua bravura ad agire sotto copertura e di sapersela cavare in situazioni estreme. Che lei sapesse, non erano molte le persone che erano venute in contatto con l'universo della Federazione, ancora meno quelle che avevano conosciuto i Triumviri: essere stata scelta da loro le aveva dato la speranza di poter raggiungere un ruolo privilegiato, di essere coinvolta in missioni interdimensionali ad alto rischio e, soprattutto, di non dover più tornare nel suo opprimente universo. Non si era unita all'Iniziativa per idealismo, non era diventata un ribelle per combattere la tirannia e l'oppressione: la sua era stata una scelta dettata dalla disperazione. Nata in una famiglia povera e numerosa, non poteva aspirare a nulla che non fosse un campo di lavoro; poteva ritenersi fortunata di essere stata collocata a San Francisco, sulla Terra, in uno dei campi dell’Alleanza più moderni e tecnologicamente avanzati: altri della sua famiglia non avevano avuto la stessa fortuna. Ma questo non era abbastanza. Elevarsi da vittima a carnefice era possibile ma non facile, soprattutto per una femmina ancora giovane, di una razza guardata ancora con sospetto; l'Iniziativa, invece, le aveva garantito non pochi benefit, alleviando le sofferenze di quella squallida esistenza.
Poi erano arrivati i Triumviri!
Divorò quello che rimaneva della sua pietanza preparandosi ad assaporare la doppia porzione di mousse al cioccolato con panna montata. Per un anno aveva agito nell'ombra, con rapidi sopralluoghi e veloci incursioni, sostituendosi al suo doppio per brevi periodi di tempo quando nessuno poteva sospettare della cosa. Aveva avuto solo degli assaggi di quell'universo alternativo ma erano bastati a farle desiderare di non lascialo mai più. E ‘Il Piano’ si era insinuato nella sua mente.
Il primo passo era stato facile: aveva fatto intendere ai Triumviri di aver fatto una scoperta sensazionale, qualcosa in grado di cambiare la storia del suo universo, rimettere in gioco gli equilibri, costituire forse un pericolo per gli stessi Triumviri. Era sempre stata una buona attrice, attirare la loro attenzione era stato facile, convincerli a lasciarla in quell'universo per approfondire le ricerche addirittura banale. Che ci pensasse quella mezza cartuccia del suo doppio a scatenare la rivolta nel campo di lavoro: lei, intanto, si sarebbe goduta la vita in quel comodo universo.
Cosa poteva inventare? Una frattura nel continuum spazio-temporale che avrebbe finito per fondere i due universi? Una massiccia infiltrazione dell'Alleanza nell'universo della Federazione che l'avrebbe rovesciata nell'arco di pochi decenni? E perché non l'opposto, i servizi segreti della Federazione impegnati a rovesciare l'alleanza Klingon-Cardassiana. O una super-arma multidimensionale che avrebbe spazzato via entrambi gli universi…
Certo quel bluff non sarebbe potuto durare in eterno: era sicura di poterli tenere a bada per un po', centellinando le informazioni, giustificandosi con le difficoltà che quell'indagine non poteva non avere ma, prima o poi, anche persone pazienti come i Triumviri avrebbero preteso dei risultati.
Per rimanere in quell'universo non c'era che un mezzo: eliminare la sua controparte e prendere definitivamente il suo posto. Affondando il cucchiaino nella seconda porzione di dessert, Ysaahi provò un brivido di piacere: la scomparsa del suo doppio sarebbe dovuta avvenire in modo palese: tutti, nel suo universo, dovevano vederla morire; lei non sarebbe potuta tornare al suo posto senza scatenare interrogativi; i Triumviri non avrebbero potuto fare altro che lasciarla nell'universo della federazione e lei sarebbe finalmente stata libera di vivere una vita agiata, lontana dai campi di prigionia, dalle lotte e dalle guerre fratricide.
Per un piano del genere non poteva certo fare affidamento sulla fortuna: serviva un sicario, qualcuno che si occupasse dell'omicidio del suo doppio nel migliore dei modi. Ysaahi aveva già predisposto ogni cosa, lasciando istruzioni precise: la miccia era stata accesa, doveva solo tenere duro fino all'inevitabile deflagrazione.
Assaporò con gusto la ciliegia candita, di un inquietante colore fluorescente e un leggero odore di coccoina, compiaciuta della propria genialità.
Prendere il posto del suo doppio si rivelò impresa meno facile del previsto: un conto era stato sostituirsi a lei per brevi periodi, per carpire informazioni o studiare le infrastrutture dell'Accademia, un altro era essere lei ventiquattro ore su ventiquattro, festivi compresi. Aveva studiato a lungo le abitudini del cadetto Ysaahi, i suoi interessi, i suoi passatempi, i suoi gusti, il suo modo di agire ma la fatica di ricordarsene in ogni istante era indescrivibile. Nessuna reazione poteva essere spontanea, nessun discorso sincero, nessun interesse genuino: ogni cosa doveva essere filtrata attraverso la maschera che stava indossando. Gli anni passati tra le file dell'Iniziativa le avevano sicuramente insegnato come fare ma ora che avrebbe voluto godersi appieno quella nuova esistenza, la cosa le riusciva insopportabile.
'Pazienza Ysaahi, pazienza' si disse uscendo dall'aula di fisica, 'verrà il momento in cui potrai essere finalmente te stessa.’ Col tempo, lasciando trasparire gradatamente i lati del suo vero carattere, ogni cambiamento sarebbe passato inosservato ma fino ad allora…
«Ysaahi, ma dove ti eri cacciata? Devo assolutamente parlarti!”
La travolgente irruenza di un accento francese interruppe le sue meditazioni. «Chantal, ma cosa…?»
«Vieni» gridò l'amica trascinandola verso la bacheca. «Guarda! Cosa vedi?»
La denobulana fissò a lungo il grande schermo costellato di messaggi e annunci ma nulla riuscì ad attirare la sua attenzione.
«Veramente non vedo nulla di interessante» mormorò, non troppo convinta. Chantal non poteva credere alle proprie orecchie.
«Nulla di interessante? Sabato inaugurano il nuovo outlet proprio sotto il Golden Gate e tu non vedi nulla di interessante? Ma sono settimane che non aspettiamo altro. Ho già organizzato tutto» disse, sventolando sotto il naso di Ysaahi piantine della zona e orari dei mezzi pubblici, «tu devi solo rimpinguare la carta di credito, al resto penso io!»
Maledizione, la mania dello shopping: perché non riusciva mai a ricordarsene? Eppure sembrava divertente.
Chantal era eccitatissima. «…e verrà con noi anche Y'llen, la romulana del quinto anno: dice che deve comprarsi un capotto. Per te non c'è problema, vero?»
Ysaahi si strinse nelle spalle: se solo avesse saputo cosa fosse un outlet, forse avrebbe potuto rispondere.
E qui potremmo raccontare della vita del ribelle Ysaahi nell’universo della Federazione, della soddisfazione di Sherman nel vedere gli incredibili miglioramenti della denobulana nell’arte della guerriglia, della depressione di Fandonius che non riusciva più a scambiare battute in latino, del povero A.J. bloccato a letto con il mal di schiena, abbandonato dalla sua amica perché ‘solo i duri sopravvivono’, del povero Owen sorpreso dalle avances inaspettate della luce dei suoi occhi.
Ma visto che questa non è la parte più interessante della storia, non indugiamo e andiamo oltre.
Nella tranquilla sicurezza della sua cabina, Ysaahi si concesse qualche minuto di assoluto relax: erano stati giorni intensi ma ricchi di soddisfazioni. Gli standard scolastici si erano mantenuti elevati, la vita sociale intensa, la forma fisica splendida: aveva fatto cose che mai avrebbe pensato di poter fare, integrandosi sempre di più nell'esistenza del suo doppio. Ai Triumviri aveva dispensato qualche altra briciola e sicuramente se ne sarebbero stati buoni per un po', per non compromettere l'esito della missione. Non le era ancora giunta notizia della triste dipartita del suo doppio ma per quello poteva essere ancora troppo presto; secondo i suoi calcoli, la rivolta doveva essere scoppiata da pochissimo tempo e gli ordini che aveva lasciato al suo sicario di fiducia erano chiari: nulla doveva accadere al cadetto Ysaahi prima che la notorietà acquisita come motore primo della rivolta la portasse ad un posto di primo piano nei notiziari planetari: la notizia della sua morte non doveva passare inosservata. Fino ad allora, lei avrebbe solo dovuto continuare a recitare la sua parte, cosa poi non tanto difficile visto che, contrariamente ai suoi timori, nessuno sembrava essersi accorto di nulla.
«Un attimo di attenzione, prego» A.J. batté qualche colpo con il cucchiaino facendo risuonare il bicchiere di vetro. Intorno al tavolo, cinque bocche smisero di parlare contemporaneamente e cinque paia di occhi si fissarono su di lui. «Vorrei ricordarvi che siamo qui riuniti per confrontare le nostre posizioni, ed eventualmente definire un piano di azione, con riferimento allo stato mentale della nostra comune amica Ysaahi.»
«Questa scena mi sembra di averla già vissuta» disse Tarf, il Tellarite, mentre l'amico Grahan annuiva con decisione. (*)
«Ammettiamolo» riprese A.J., ignorando l'interruzione, «negli ultimi tempi, Ysaahi si sta comportando in modo strano.»
«Non strano come l'altra volta ma comunque strano» confermò Chantal. «Non che non dimostri entusiasmo per le sessioni di shopping anzi, non l'ho mai vista comprare tante cose in un solo pomeriggio, ma sono cose.. come dire… prive di senso… scorrelate…»
I ragazzi si guardarono senza capire ma Sheeba confermò con decisione: «Come fa chi non ha mai fatto shopping in vita sua.»
«Esatto!» esclamò Chantal, felice di aver trovato un appoggio. «Erano errori che faceva quando l'ho conosciuta ma ormai aveva superato da tempo questa fase.»
«Ha superato brillantemente l'ultima prova pratica sulla riparazione delle bobine di curvatura» disse Grahan, desideroso di riportare la conversazione su un terreno a lui più congegnale.
«E che c'è di strano?» chiese Tarf. «Ysaahi è brava in ingegneria.»
«Non nel riparare le bobine» confermò A.J. «Ne ha distrutte più lei di un'armata Borg. Fandonius non sa più dove sbattere la testa.»
«Ha cercato di saltarmi addosso» sussurrò Owen, che avrebbe preferito non dover rivelare quel particolare ma che sapeva di non poterne fare a meno.
A.J. era allibito: «Ysaahi? Miss ‘Non se ne parla se non ho un anello al dito’? E’ impossibile, devi avere frainteso.»
Owen era rosso fino alla punta dei capelli: «Posso assicurarvi che non era possibile fraintendere, ha proprio cercato di sedurmi!»
«La cosa è più grave del previsto» sentenziò A.J. chiudendo il discorso prima che potessero emergere altri particolari imbarazzanti. «So di ripetermi: dobbiamo fare qualcosa, ma cosa? E non cominciate a sparare sciocchezze» si affrettò ad aggiungere il ragazzo, memore del fiume di parole che, in passato, era seguito a quella sua innocente domanda.
Un silenzio perplesso calò nella stanza.
«Forse si sta ripetendo quello che è successo l'altra volta» propose Chantal, ricevendo cenni di consenso da parte del gruppo.
«Peccato che nessuno di noi sappia cosa fosse realmente successo» ricordò A.J. raffreddando gli entusiasmi. «Erano i giorni delle riprese del film di 00Z…»
«… quando Ysaahi era stata scelta come protagonista. Vi ricordate le pazzie che faceva?»
«Girava con quel ridicolo manuale di recitazione sempre sotto braccio…»
«…e aveva tappezzato la sua stanza con la locandina del film. Ovunque ti voltassi, vedevi la sua faccia.¹»
«E le foto da autografare? Ve lo ricordate il banchetto dove rilasciava autografi?»
«Come dimenticarlo? Ha fatto una fortuna con quel banchetto.»
«Che ha poi speso in vestiti, trucco e corsi di recitazione»
«Ha fatto bene: hai visto che successo sui giornali?»
«E quante volte ha parlato anche di noi? Io sono comparsa anche in un paio di foto. Ysaahi è un tesoro.»
«Ma come si fa a dilapidare un patrimonio in quella roba? Un navetta sportiva doveva comprarsi…»
«Uffa, voi maschi siete sempre così… così…»
«E voi femmine così… così…»
«Basta così!» gridò A.J. calando con forza la mano sul tavolo, vedendo che la conversazione stava prendendo una brutta piega. Il botto ristabilì il silenzio; sembrava proprio che una loro riunione non potesse finire diversamente.
«Vi ricordo che fino alla cattura di Lassi Thorsen, la spia, Ysaahi si comportava in modo normale.» Le occhiate che ricevette lo indussero a correggere il tiro. «Sì, insomma, non più strano del solito: avanti, avete capito cosa intendo!»
«Hai ragione» confermò Chantal, pensierosa. «Le vere stranezze sono cominciate dopo. Facce che non riconosceva, eventi che non ricordava, cose che non aveva mai fatto…»
«Scena muta alle lezioni di Fandonius…»
«…sessioni di shopping senza nessun acquisto…»
«…e aveva anche smesso di usare la minigonna: sembrava si vergognasse!»
Anche Sheeba era pensierosa. «A quel tempo avevamo dato la colpa allo stress…»
Chantal la interruppe. «… ma ora non ha motivo di essere stressata. Ha passato brillantemente gli esami del secondo anno e sta bene di salute.»
«E se ci fossimo sbagliati? Se, allora, il motivo fosse stato un altro?»
«Un altro motivo? E che motivo poteva esserci stato? E se anche ci fosse stato, come possiamo scoprire di cosa si fosse trattato?»
Quella infilata di congiuntivi riportò il silenzio nella stanza. A.J. fu il primo a riprendersi dall'inconscia verifica della consecutio.
«Ysaahi ritornò quella di sempre dopo un evento ben preciso: ricordate quello che successe quando andammo nella sua cabina per parlare con lei?»
«Quando Vinsar e Thorsen si presentarono alla sua porta? Fu divertente, finì in una rissa clamorosa.»
«Sì, ma da quel momento Ysaahi ricominciò ad essere se stessa.»
«Beh, certo, la cattura di Thorsen dopo l'evasione le restituì la tranquillità.»
«Oppure fu merito di quel colpo in testa. Che botta!»
A.J. cominciò a spazientirsi. «Adesso basta con le chiacchiere. Ma sono io il solo ad aver avuto l'impressione che ci fosse sotto qualcosa di più?»
Le bocche si chiusero, gli occhi di tutti si fissarono su di lui, inducendolo a continuare: «Ci sono solo due persone che possono darci una risposta: una è chiusa in un penitenziario di massima sicurezza ma l'altra ce l'abbiamo a portata di mano.»
Ancora una volta, ricevette solo segnali di assenso. «Molto bene,» concluse, «è deciso. Ora dobbiamo solo scegliere chi di noi andrà a parlargli. Chantal, prepara le pagliuzze e tu, Grahan, non barare come al solito.»
Il ruggito di Vinsar risuonò tra gli edifici dell'Accademia facendo tremare i muri. Owen uscì correndo come un fulmine, travolgendo gli altri amici appostati fuori dalle porte dell'ufficio del klingon.
«Via! Via! E’ furioso!» gridò il ragazzo, arrancando per rimettersi in piedi.
«Owen, aspetta, che ti ha detto?» gli gridò dietro A.J., indeciso se affrontare l'Istruttore a sua volta o darsela a gambe.
Chantal, Sheeba, Tarf e Grahan stavano già correndo; quando l'ombra del klingon si stagliò lungo il corridoio, il ragazzo prese la sua decisione. Scavalcò il povero Owen e si dileguò correndo come il vento.
Vinsar, nel frattempo, si era palesato nel corridoio. «Simon, è inutile che scappi, lo so che ci sei tu dietro questa idea assurda» gridò, agitando il pugno in modo minaccioso. «La Mou, Kitekatt, farete le stessa fine di Benson: passerete i prossimi due mesi a ripulire i laboratori di ingegneria. Dovranno brillare come appena usciti dalla fabbrica!»
Le facce che si erano affacciate sul corridoio richiamate da quel trambusto si ritirarono velocemente: non succedeva spesso che Vinsar si arrabbiasse sul serio ma quando questo succedeva era meglio non farsi trovare nei paraggi.
Con un ultimo ruggito, il klingon si ritirò nel suo studio. Quella visita l'aveva messo veramente di cattivo umore, riportandogli alla memoria cose che avrebbe preferito dimenticare. Il fatto che i ragazzi non sapessero nulla di Thorsen, dello scambio e dell'anello era confortante: la ragazzina denobulana aveva almeno tenuto la bocca chiusa, cosa di cui non era stato poi così sicuro. Ma davvero c'era il rischio che l'anello con il dispositivo di Camus II miniaturizzato fosse entrato di nuovo in funzione? Ancora con il cadetto Ysaahi? Che Thorsen fosse riuscito a mettere in atto i suoi propositi di vendetta? Contrariato, si sedette alla sua scrivania: vista l'importanza della posta in gioco, era meglio non rischiare.
Quando, pochi minuti più tardi qualcuno suonò, Vinsar si sentiva decisamente più rilassato: «Avanti» disse, abbandonandosi sulla sua poltrona. La sagoma di Maxwell comparve nel riquadro della porta: «In Direzione hanno temuto che le Divinità della Guerra si stessero scatenando e hanno mandato me a controllare. Tutto bene?»
Vinsar le fece cenno di entrare: sembrava quasi sorridente alzandosi per preparare due bicchieri di succo di prugne. «Tutto sotto controllo» disse, quasi a rassicurare se stesso. «Alcuni cadetti sono venuti da me con un'idea assurda ma ho fatto passar loro la voglia di inseguire i fantasmi.»
«Dev'essere stata veramente assurda per farti urlare a quel modo» disse lei, ringraziando per il drink e sistemandosi sulla sua poltrona preferita. Si vedeva che moriva dalla curiosità di conoscere i particolari e Vinsar non vide motivo di nasconderle la parte più innocua della storia.
«I ragazzi si sono messi in testa che il cadetto Ysaahi sia stato sostituito, o clonato, o rapito dagli alieni… insomma, che non sia più lei. Si può farsi venire un dubbio più idiota?» chiese, ridacchiando sotto i baffi, 'soprattutto dopo che ho controllato che Thorsen e l'anello sono ancora al loro posto' avrebbe voluto aggiungere ma queste erano cose che solo lui e Ysaahi dovevano conoscere.
Maxwell ebbe un attimo di esitazione, poi si unì alla risata. «Incredibile… e tu cosa ne pensi? Voglio dire, avranno basato la loro teoria su qualche fatto. E poi perché sono venuti da te? Hai notato qualcosa di particolare?»
Vinsar svuotò il bicchiere, seccato dalla piega che stava prendendo quella conversazione: «Ysaahi ha imparato ad aggiustare le bobine di curvatura e ha smesso di parlare latino con Fandonius, cose che avrebbe dovuto fare già da due anni.»
«Parla latino con Fandonius?»
«Ma sì: homo homini lupus, nunc coeli marisque specula ² , aspirantibus polverinis… Devi sentirli, uno spettacolo patetico. Mi chiedo se lei sappia cosa sta dicendo o spari parole a caso.»
«E ha smesso…»
«Joan non dirmi che anche tu…»
«Tranquillo, la mia è solo curiosità professionale. Bene, grazie per il drink» disse la donna, alzandosi in piedi e avviandosi verso la porta. «Vado a rassicurare il Rettore che le Divinità della Guerra non sono ancora state risvegliate.»
Appena fu uscita, Vinsar bloccò la porta e abbassò le luci: per qualche sequafu voleva starsene in pace, desideroso di non essere disturbato.
Chi, ora, friggeva sui carboni ardenti era Joan Maxwell: quella conversazione non le era piaciuta per nulla. A differenza di Vinsar, lei era a conoscenza della missione del cadetto Ysaahi nell'Universo Specchio anche se non le erano noti i particolari. Sapeva che il cadetto era stato mandato a sostituire il suo doppio, lei stessa aveva fatto una breve incursione nell'universo alternativo per esserle di supporto nella fase calda dell'operazione, ma ora che la rivolta era scattata ogni cosa doveva essere tornata al suo posto… questo, almeno, era ciò che credeva. Quell'episodio le aveva fatto venire qualche dubbio.
Era stata assente per una piccola licenza e, complice anche la fine del secondo anno di corso, non aveva avuto modo di interagire con il cadetto Ysaahi. Poteva la sua avventura essere responsabile dei cambiamenti notati dagli amici? Era rimasta traumatizzata dall'esperienza? O forse la sua era da considerarsi una evoluzione positiva? O tutte quelle chiacchiere erano solo il frutto dell'immaginazione di amici troppo apprensivi?
Chiusa nel suo ufficio, si chiese quale fosse la cosa giusta da fare. Fronteggiare Ysaahi? No, troppo pericoloso: una parola sbagliata e i piani dei Triumviri potevano essere irrimediabilmente compromessi. Già, i Triumviri… La cosa migliore sarebbe stata parlare con loro, solo loro potevano sapere se la situazione era sotto controllo oppure no. Semplicemente, lei non aveva modo di contattarli: non era un loro agente, non li conosceva se non superficialmente. Era stata coinvolta in quella missione forse per la fiducia spontanea che il cadetto Ysaahi sembrava nutrire nei suoi confronti ma ora che il suo compito era finito, era improbabile che sarebbe stata contattata a breve.
Doveva trovare un modo per comunicare con loro… oppure trovare qualcuno in grado di farlo.
Aprì un cassetto della scrivania e ne trasse qualcosa avvolto in una pezza di velluto viola. L'aprì con gesti lenti e misurati, quasi timorosa di disturbare il contenuto mentre uno sguardo di profonda tenerezza illuminava il suo viso. Ne trasse una holofoto poco luminosa e dal supporto ormai obsoleto. Nell'immagine, un aitante ufficiale della federazione abbracciava una giovane cadetta: tutto, in loro, esprimeva amore e gioia di vivere. Maxwell accarezzò quel viso travolta da un'ondata di ricordi: era stato un periodo memorabile della sua vita, qualcosa che le era rimasto dentro, segnandola in modo indelebile. Era molto giovane, ottimista, piena di ideali e progetti per il futuro: ogni volta che guardava quella foto, sentiva rinascere dentro di sé l'ardore di quegli anni, quando nessun ostacolo era insormontabile e tutto sembrava possibile.
La sintonia tra loro era perfetta, la fiducia totale: era stato lui il primo a parlarle dell'Universo Specchio e dei Triumviri. Poi il coinvolgimento con quegli strani personaggi lo aveva portato lontano: Maxwell era certa che fosse diventato un agente di altissimo livello. Quando si erano salutati, lui aveva detto che ci sarebbe sempre stato se lei avesse avuto bisogno, che avrebbe potuto chiamarlo in ogni momento. Maxwell sospirò: forse quel momento era arrivato.
Nell'Universo Specchio le cose erano cambiate rapidamente negli ultimi giorni. Partendo dal campo di lavoro di San Francisco, la rivolta si era estesa a macchia d'olio su tutto il pianeta, propagandosi poi agli altri mondi. L'Allenza Kingon - Cardassiana era in grande difficoltà ma era dura a morire: roccaforti del vecchio regime resistevano un po' ovunque e gli scontri erano accesissimi.
Il campo di lavoro era stato velocemente convertito e ora era il centro principale di coordinamento dell'attività dei ribelli, in costante contatto con le sedi distaccate sorte in altri campi simili. Ogni cosa era stata preparata nei minimi dettagli e ora la rete di comunicazione dell'Iniziativa costituiva il fondamento di tutta l'attività.
In mezzo a tutto questo, Ysaahi lavorava febbrilmente portando avanti la sua recita. Dopo aver completato la missione e aver di fatto acceso la miccia che aveva scatenato la rivolta, aveva sperato che qualcuno si facesse vivo per riportarla finalmente nel suo universo ma fino a quel momento, l'attesa era stata vana. Avrebbe voluto urlare, gridare che non ne poteva più di quel posto, che aveva mantenuto il suo impegno e ora toccava a loro mantenere la parola data ma chi avrebbe potuto sentirla? Non aveva modo di contattare i Triumviri e nessuno, intorno a lei, sembrava avere avuto contatti con l'universo alternativo. Aveva disperatamente cercato Maxwell ma l'Istruttore era sparito dopo l'inizio della rivolta e non c'era modo di raggiungerlo. Così alla denobulana non era rimasta altra possibilità che continuare a vestire i panni del suo doppio, panni molto appariscenti visto che dopo la sua intervista era diventata una specie di icona del movimento rivoluzionario.
Una volta accettato l'inevitabile destino, Ysaahi si era buttata nella mischia con l'entusiasmo che la distingueva: 'Se devo resistere in questo universo' si era detta, 'almeno impegnamoci per renderlo migliore.'
Il suo aiuto si era dimostrato prezioso per rimettere in funzione e potenziare le navette che giacevano abbandonate negli hangar del campo. Ai lavori tecnici univa poi i servizi propagandistici, mostrandosi sui circuiti video per incitare i rivoluzionari, fornire indicazioni tecniche e sostegno morale. Ormai l'Iniziativa non poteva più fare a meno di lei.
'Mi chiedo se sto facendo la cosa giusta' pensò Ysaahi, specchiandosi nel quadro di controllo della sua console operativa. Il dubbio che i Triumviri potessero apprezzare a tal punto il suo operato da lasciarla in quell'universo vita natural durante, le era venuto. Forse avrebbe dovuto cominciare a remare contro, a sabotare la ribellione o, almeno, a non sostenerla come invece stava facendo.
A.J. entrò di corsa nella sala: «Ysa, sei pronta? Ti aspettano per il discorso al Golden Gate. La navetta è già pronta.»
Ysaahi sospirò. No, non sarebbe stata capace di fare una cosa del genere: era l'universo ad essere cambiato, non lei. Aveva preso un impegno, e lo avrebbe onorato fino in fondo, costi quel che costi. «Eccomi A.J., sto arrivando.» Rispose, seguendo l’amico verso l’hangar di lancio.
La navetta li lasciò ai piedi del Golden Gate, illuminato da un sole splendente in una giornata tersa e piacevolmente ventilata. La piazza era gremita, c'era grande attesa per il discorso che Ysaahi avrebbe dovuto fare: un piccolo palco era stato montato in posizione strategica, perché l'oratore potesse essere fotografato con il ponte alle spalle.
'Sembra la locandina del mio film' pensò Ysaahi salendo la scaletta: ogni volta che ripensava al suo universo sentiva salirle un groppo in gola. Si fece forza, concentrandosi su quello che avrebbe dovuto dire. La piazza esplose in un boato quando la denobulana raggiunse il microfono, per zittirsi subito dopo ad un suo gesto perentorio: Ysaahi si passò una mano sulla fronte, come per scacciare un insetto fastidioso o sistemare una ciocca di capelli ribelle, poi si avvicinò al microfono.
«Cittadini… compagni… AMICI!» disse, senza nemmeno guardare il foglio con il discorso che le era stato preparato. Un nuovo boato scosse la piazza, seguito da applausi scroscianti e cori di consenso. Ysaahi sorrise, era soddisfatta di quello che era riuscita a fare. Era sicura di combattere per una giusta causa e questo le dava l'energia per dare il massimo anche in quella situazione. Si passò una mano sugli occhi, infastidita. Se solo questo maledetto insetto avesse smesso di importunarla. Con la coda dell'occhio vide una macchia rossa muoversi sulla suo petto, poi sparire. Ma cosa diavolo…
«Ysaahi, a terra!» gridò una voce alla sua sinistra. Non fece a tempo a reagire e fu travolta dalla carica di qualcuno che la spinse a terra facendola rotolare giù dal palco. Un attimo dopo, più colpi furono sparati all'indirizzo della postazione ormai vuota, scatenando il panico.
«Un cecchino, alla base del ponte, prendetelo!» urlò la figura, che ancora le faceva scudo con il suo corpo. Ysaahi era gelata dal terrore, incapace di muoversi, con il cuore che le batteva all'impazzata e le orecchie che le pulsavano. Cercò di riacquistare il controllo, confortata dal rassicurante abbraccio del suo misterioso salvatore. Erano rotolati giù dal palco, in un posto riparato e relativamente tranquillo mentre intorno a loro esplodeva il caos.
«Ysaahi, stai bene?» chiese una voce incredibilmente famigliare, mentre due forti braccia tentavano di rimetterla seduta.
Ysaahi aprì gli occhi, incredula: davanti a lei stava un denobulano non più giovanissimo ma ancora atletico e affascinante, con i capelli brizzolati e due luminosi occhi castani. Una persona che Ysaahi conosceva molto bene: «Nonno Luborl? Ma… Ma… Come è possibile? Sei veramente tu? ³»
Il denobulano sorrise, accarezzandole il viso sporco di polvere: «Sì, bambina, sono proprio io. Adesso non c'è tempo: torna su quel palco e cerca di tranquillizzare la folla.»
La voce di Ysaahi si incrinò: «Io… non credo di farcela.»
Lui l'aiutò a rimettersi in piedi: «Sì che ce la fai. Non importa ciò che dirai, quello che occorre è che tutti ti vedano viva e vegeta. Non temere, il cecchino ora ha cose più importanti da fare, sempre che non l'abbiano già preso. E poi…» aggiunse indirizzandola verso i gradini, «ci sono io, qua sotto, a vegliare su di te.»
Ysaahi lo abbracciò senza dire nulla, poi raggiunse il microfono: pochi minuti dopo, la calma era ristabilita e i notiziari diffondevano l'immagine di Ysaahi che sorrideva dal palco devastato dai colpi.
«Cosa vuol dire che non potete rimandarmi nel mio universo? Ho seguito i vostri ordini, ho portato a termine la missione, ho fatto anche più di quello che mi era stato chiesto e voi, ora, mi dite che non posso riprendere il mio posto?»
Nella piccola stanza di una tipica installazione militare, la stessa dove aveva incontrato i Triumviri la prima volta, Ysaahi era fuori di sé dalla rabbia. La tensione accumulata in giorni di missione sotto copertura era esplosa con la potenza di una supernova.
Il terrestre brizzolato sentì il dovere di abbozzare una spiegazione: «E' insorto un problema imprevisto» disse, ma la denobulana non era disposta ad accettare mezze verità.
«Un problema imprevisto? Per voi che sapete tutto, che controllate il tempo e lo spazio, che giocate ai burattinai con due universi? Come può esserci un problema, per voi, per giunta imprevisto!»
Dietro di lei, Luborl fece un passo avanti, uscendo dall'ombra. «Adesso basta, Ysaahi» disse con tono che non ammetteva repliche, «non è questo il modo di affrontare la cosa.» Con voce calma ma decisa si rivolse al vulcaniano che si teneva in disparte. «La ragazza ha ragione, penso che ci dobbiate una spiegazione.»
Per qualche minuto nessuno fiatò, poi lo spettrale raggiunse gli altri due, come a sottolinare il fatto di parlare a nome di tutti: «Abbiamo prolungato la missione del cadetto Ysaahi nell'Universo Specchio perché il suo doppio sembrava aver fatto una scoperta di importanza vitale mentre agiva sotto copertura.»
«Abbiamo quindi lasciato che il ribelle Ysaahi prendesse il posto del cadetto per completare le sue ricerche» continuò il triumviro dagli occhiali scuri, «posticipando lo scambio delle due denobulane.»
«Ma le cose hanno preso una piega imprevista. Gli scarsi risultati raggiunti nell'universo della Federazione, le prove inconsistenti di questa misteriosa scoperta e questo attentato che tu, Luborl, hai brillantemente sventato, ci hanno fatto pensare che tutto facesse parte di un piano di Ysaahi per non riprendere il suo posto nell'universo dell'Alleanza.»
«Alla buon'ora!» disse Ysaahi, che aveva ormai ripreso il controllo. «se le cose stanno così, prendete il mio doppio, datele due sculacciate e rimettete ognuna di noi al suo posto.»
«Non è così semplice…»
«A me pare semplicissimo" sbottò Ysaahi che stava di nuovo montando a neve ma Luborl le mise una mano sulla spalla inducendola al silenzio.
«L’altra Ysaahi sa di essere stata scoperta?» disse, con il tono di chi conosceva già la risposta. I Triumviri annuirono. «Dice che prenderà un ostaggio» continuò il vulcaniano, «e minaccia di rivelare tutto: l'esistenza nostra e dell'universo alternativo, le nostre incursioni a cavallo degli universi.»
«Non possiamo permettere che queste informazioni trapelino, sarebbe il panico e la fine degli universi come noi li conosciamo. Quella ragazza sa troppe cose…» aggiunse l'umanoide con gli occhiali scuri.
«Bloccatela prima che possa parlare» suggerì Ysaahi ma il terrestre la interruppe. «Dice di aver lasciato prova di ogni cosa: registrazioni, memoriali, informazioni che verranno rese pubbliche nel caso dovesse succederle qualcosa. Finché non scopriamo di cosa si tratta abbiamo le mani legate.»
«Quella ragazza non sa cosa sta rischiando» disse Luborl, spezzando il silenzio che era calato nella stanza.
«Lasciate che le parli» propose Ysaahi, incapace di trattenersi, «è sempre un'altra me stessa, forse saprò trovare gli argomenti per indurla alla ragione.»
«E' troppo pericoloso fronteggiare direttamente il proprio doppio» sentenziò il vulcaniano, allontanando l'idea con un perentorio gesto della mano, «gli effetti del paradosso spazio-temporale potrebbero essere devastanti.»
«Ma tu sei venuto qui» gridò Ysaahi a suo nonno, esasperata da tutte quelle chiacchiere che sembravano non portare a nulla, «hai corso il rischio di incontrare il tuo doppio pur di aiutarmi.»
«Il mio doppio è morto tanti anni fa,» spiegò Luborl con la voce resa opaca da una profonda tristezza, «ucciso da un agente nemico durante una delle prime missioni inter-universo. Non prendere sotto gamba i rischi del paradosso.»
«Non avete scelta,» esclamò Ysaahi, ormai sicura della sua idea, «io sono l'ultima possibilità che vi rimane.»
Sentì la mano del nonno stringersi sulla sua spalla. Dopo un silenzio che parve durare un'eternità il vulcaniano fece un cenno di assenso.
«E sia. Prepareremo un incontro.»
Ma quell'incontro che doveva decidere le sorti di due universi non si realizzò mai. Quando il cadetto Ysaahi si presentò all'appuntamento, non trovò nessuna altra Ysaahi ad aspettarla. La cercarono in ogni angolo dell'Accademia ma invano. Risultava essere stata regolarmente a lezione quella mattina ma dall'ora di pranzo se ne erano perse le tracce: non era uscita dai cancelli, non c'era stata attività di teletrasporto, nessuna navetta era entrata o uscita dagli hangar. Semplicemente, Ysaahi era sparita.
«Cosa può essere successo?» chiese Ysaahi quando, al termine delle ricerche, si ritrovò con nonno Luborl sotto la grande quercia nel parco dell'Accademia.
Il denobulano si strinse nelle spalle: «I Triumviri non sono gli unici esseri capaci di controllare i due universi e noi non siamo le uniche persone ad aver avuto la possibilità di vederli entrambi. Ci sono altri agenti, per fortuna pochi, che operano in questo settore e non sempre sono favorevoli all'Iniziativa.»
«Vuoi dire» disse Ysaahi, sentendo tutto il peso di quelle parole, «che il mio doppio potrebbe essere stato rapito da Triumviri della fazione avversa? Forse addirittura ucciso?»
«Potrebbe essere lei stessa un agente dell'Alleanza, protagonista di un audace doppio gioco, oppure essersi venduta in cambio di un'esistenza migliore. Probabilmente non lo sapremo mai» concluse con un sospiro. «L'importante è che ogni cosa sia tornata al suo posto e che tu sia finalmente a casa.»
«Sapessi che gioia vestire di nuovo questa uniforme» confermò lei, abbracciandolo con affetto.
«Adesso hai una nuova missione» disse Luborl, restituendo l'abbraccio, «trovare la documentazione nascosta dal tuo doppio e le prove di un suo eventuale coinvolgimento nei servizi segreti dell'Alleanza: non sarà un compito facile.»
«Lo so, ma almeno potrò portarlo avanti qui, nel mio universo, tra i miei amici, con la mia famiglia vicino.»
«Lo sai, Ysaahi? Sei solo un cadetto ma mi rendi già molto orgoglioso. Sono veramente fiero di te.»
La ragazza arrossì visibilmente. «Avanti nonno, mi metti in imbarazzo. Lo sai che non avrei mai pensato alla Flotta Stellare se non fosse stato per te, per seguire il tuo esempio. Vederti in azione, è stata una esperienza magnifica.»
«In fondo non sono passati molti anni da quando ho lasciato il servizio attivo ma non si può dimenticare cosa vuol dire essere un ufficiale della Flotta.»
«Ma come hai fatto a trovarmi? Voglio dire, credevo fossi impegnato in missioni di tutt'altro genere per non so quale agenzia investigativa. Come hai fatto a sapere che ero in pericolo nell'Universo Specchio?»
Luborl fissò la nipote chiedendosi quale risposta potesse darle, poi decise che meritava di sapere la verità. «L'azione del tuo doppio non è passata del tutto inosservata e qui all'Accademia c'è una persona a cui sono stato.. a cui sono ancora molto legato: conosceva la tua missione nell'Universo Specchio, sapeva che anch'io, nel passato, avevo lavorato a lungo per i Triumviri e che avevo la possibilità di contattarli.»
La curiosità di Ysaahi si attivò come un riflesso incondizionato. Il tono della voce, il calore dello sguardo, il sorriso accennato non lasciavano dubbi sul tipo di legame che doveva esserci stato con quella persona. Guardò suo nonno con occhio nuovo, immaginandolo nella divisa della Federazione: doveva essere stato anzi, era ancora un ufficiale affascinante e carismatico, capace di trascinare un esercito e di accendere i cuori. Chi mai poteva essere la fortunata…
Quasi in risposta alla sua domanda, notò una figura alta e snella avvicinarsi lungo il vialetto, una sagoma inconfondibile che lei conosceva bene. Appena la vide, Luborl fece per alzarsi ma Ysaahi lo trattenne per un braccio: «Il Capitano Maxwell?» chiese, al colmo della sorpresa. «Vuoi dire che tu e la Maxwell… Ma, nonno, non sei un po' troppo vecchio per lei?»
Luborl trattenne a stento una risata. «Dopo tutto quello che ho fatto, ecco cosa mi tocca sentire. Senti, bambina, la prossima volta che hai bisogno di essere salvata, rivolgiti a qualcuno più giovane.» Si alzò, sistemandosi i vestiti, lo sguardo ormai perso sulla figura che stava avvicinandosi con un sorriso radioso. «E non aspettarmi in piedi questa sera:» disse, strizzando l’occhio alla sua nipote preferita. «Io e Joan avremo sicuramente molte cose da raccontarci.»
Note
(*) Cfr prova teorica VI round.
¹ Paletto 1: nel racconto compare la locandina del film girato da Ysaahi.
² Paletto 2: la frase richiesta compare nel racconto.
³ PaLotto di Pardan: il cadetto riceve la visita – e che visita! - di uno o più parenti.