Cadetto YSAAHI

matricola numero 17

STIC Academy New Adventures
è un gioco di ruolo dello STIC Star Trek Italian Club




NOTTI MAGICHE, INSEGUENDO UN GOAL…

Personal log, Stardate 0606.17


Varcando la soglia del grande auditorium, Ysaahi ed A.J. ebbero l'impressione di essere entrati in una dimensione parallela: l'aula magna era gremita, ma non di tranquilli e ordinati cadetti in divisa, bensì di una folla festante, colorata e rumorosa. Bandiere e striscioni sventolavano un po' ovunque, cori e slogan si alternavano a boati e applausi mentre al centro del palco un enorme schermo attendeva soltanto di essere acceso. Come era ormai tradizione, l'Accademia ospitava la visione in diretta di alcune partite del Campionato del Mondo di Calcio e, per l'occasione, aveva aperto i cancelli al pubblico.

A.J. fremeva per l'emozione. Ysaahi cercò di rendersi utile: «Laggiù, sulla destra: ci sono due posti liberi.»

«Ma sei matta? Quella è la fossa degli Ultras Italiani. Se vuoi uscire con le tue gambe sarà meglio cercare un paio di posti sulla sinistra.»

Ysaahi lo guardò, incerta. «Credevo fossimo venuti ad assistere ad un avvenimento sportivo…»

«Una partita di calcio ai campionati mondiali NON è mai un semplice evento sportivo. E quando gioca l'Italia è anche peggio.»

«Ma che importa dove ci sediamo. Io non so nemmeno come si gioca e non tifo per nessuna delle due squadre.»

«Tu no, forse, ma io sì» disse il ragazzo mettendole in mano una enorme bandiera a stelle e striscie, «e gli Stati Uniti hanno bisogno di supporter. Da questo momento sei arruolata tra i nostri tifosi.»

«Italia? Stati Uniti? Credevo che il concetto di nazione fosse stato superato da secoli sulla Terra.»

«Politicamente sì, ma permane come tradizione nelle competizioni sportive. Quella dei mondiali di calcio dura dal ventesimo secolo e la popolazione terrestre vi è molto legata. E così, ogni quattro anni, si rinnova la tradizione e le rappresentative delle vecchie nazioni che si sono qualificate si affrontano nella fase finale.»

«Ed io cosa c'entro?»

«Tu hai la fortuna di conoscere uno dei più sfegatati supporter della nazionale degli Stati Uniti,» disse indicando la sua persona, «e di poter dare il tuo contributo alla nostra tifoseria. Hai studiato gli slogan che ti ho spedito?»

«Yankee go home?»

«Ma no, non quello, quell'altro!»

«Forza USA, forza Duri, sono finiti i tempi cupi?»

«Più entusiasmo, più energia, va urlato a squarciagola.»

«FORZA USA, FORZA…»

«Ma non adesso, aspetta almeno che cominci la partita. Hai imparato le regole?»

«Undici uomini in mutande tentano di mettere una palla nella rete difesa da altri undici uomini in mutande, usando solo i piedi e la testa.»

«Una descrizione minimale ma essenzialmente esatta.» concesse il ragazzo. «Guarda, Cody ci sta facendo segno: ha tenuto due posti in terza fila.»

«Io non sono sicura…»

«Avanti, non fare storie. Ti divertirai un mondo.» Ysaahi stava per tentare nuovamente la fuga quando una faccia nota attirò la sua attenzione. «Ehi, un momento. Non è l'ammiraglio De Leone quello laggiù?»

A.J. storse il naso: «E' il capo della tifoseria italiana, un vero invasato. E' lui che ha organizzato tutto questo. Se non giocasse contro di noi, ci sarebbe da sperare in una vittoria dell'Italia. De Leone diventa una iena quando la sua squadra perde.»

«Ma non può essere così grave perdere una partita di calcio…»

«Grave? E' una calamità di dimensioni bibliche. Se ne parla per giorni, analizzando nei dettagli tutto quello che è stato e non sarebbe dovuto essere, non è stato e sarebbe potuto essere. Ci sono le interviste, i commenti, gli opinionisti, le pagelle, le moviole, i replay, le statistiche, le proiezioni, le recriminazioni, le accuse, i processi…»

«Basta così, credo di aver capito» lo fermò Ysaahi, mentendo spudoratamente. «Non vedo l'ora che il match cominci, mi hai messo addosso una certa curiosità.»

«Manca poco, ecco le squadre che entrano in campo.»

Un boato da entrambe le tifoserie accolse le immagini dei giocatori che emergevano dagli spogliatoi.

Ysaahi sgranò gli occhi. «Ma quello... è un denobulano! E anche gli altri tre al suo fianco.»

«Quello è l'arbitro, con i suoi collaboratori. Di solito vengono scelti tra le razze non umane per garantire imparzialità.»

«Se qualche denobulano si interessa al gioco del calcio, forse questo sport non è poi così male. E adesso che succede?» chiese, sorpresa dal movimento intorno a lei.

«Tutti in piedi per gli inni nazionali! Il primo è quello italiano.» Ysaahi assistette costernata all'esecuzione dell'inno di Mameli. «Ma, dico, dobbiamo fare come loro? Abbracciarci tutti e cantare a squarciagola?»

«Ma non diciamo sciocchezze» esclamò A.J. disgustato. «L'inno si ascolta sull'attenti, mano sul cuore e sguardo alla bandiera.»

«Ma loro...»

«Gli italiani fanno così. Non cercare di capire, nessuno ci riesce.»

«Ma è uno spettacolo pietoso» commentò ripensando al duro ammiraglio De Leone che cantava abbracciato al suo vicino come un ubriaco da bar.

«Guarda, la partita sta per iniziare. Pronti al calcio di inizio, fischio dell'arbitro, si paaaarte...»

Un nuovo boato della folla salutò l'evento. Ysaahi si sentì in dovere di contribuire.

«FORZA USA, FORZA DURI…»

«Brava, così, e non dimenticare di agitare la bandiera.» La ragazza, rassegnata, obbedì.

«Ma siamo degli scarpazzoni, A.J.» esclamò Ysaahi infervorandosi, «persino io avrei messo dentro quella palla. Potevamo essere 4 a 1!»

«E invece siamo 1 a 0 per loro» ribatté stizzito l'amico. «Guarda De Leone come se la ride. Vorrei fargli ingoiare la sua sciarpa tricolore.»

«Hanno fatto un bel gol…»

«Hanno fatto solo quello. Non vedi come si chiudono nella loro metà campo? Conigli! La palla ce l'abbiamo sempre noi.»

«Sì, ma non concludiamo niente.»

«Ysaahi, quando si sostiene una squadra, la si sostiene e basta, non si rema contro, non durante la partita almeno.»

«Ok, ok, non ti scaldare. Guarda c'è uno dei vostri... ehm, dei nostri che sta sistemando la palla vicino alla bandierina.»

«E' un calcio d'angolo... Tiro... Respinta... No, liscio clamoroso... GOAAAAALLL!!!» gridò il ragazzo cominciando a saltare, urlando come un indemoniato.

Tutta la parte sinistra della sala gridava e saltava, mentre la destra fischiava e rumoreggiava. Ysaahi non provava alcun particolare entusiamo me si fece trascinare nei festeggiamenti.

«Ma la palla l'hanno messa in rete loro…»

«Che importa, la porta è quella italiana. Si chiama autogol» spiegò il ragazzo, pazientemente.

«Insomma, non sappiamo fare nemmeno quello. Anche i goal ce li devono fare loro.»

«Ysaahi, non essere disfattista. Uno pari e questo è ciò che conta.»

«A me sembrate tutti matti...»

«E' la passione calcistica. O ce l'hai, o non ce l'hai. Però potresti cercare di entrare nello spirito del gioco.»

«Ci sto provando» replicò lei sventolando la bandiera, «ma non è una cosa facile.»

Gli animi si scaldarono quando, pochi minuti più tardi, un italiano fu espulso per un fallo antisportivo. L'atmosfera si arroventò quando anche uno degli americani fu costretto a tornare anzitempo negli spogliatoi.

«Pope gioca con noi» cantarono i tifosi italiani, che fino ad un attimo prima si erano scannati tra di loro commentando la sostituzione di un tale Totti. A.J. e il suo amico Cody erano lividi dalla rabbia. «Ma come si fa, ma come si fa...» continuavano a ripetere.

Ysaahi era sempre più confusa. «Ma Pirlo è un nome o un aggettivo?» chiese, cercando di distrarre l'amico dalle sue amare considerazioni.

«Pirlo è un nome, pirla è un aggettivo» spiegò A.J., «e se vuoi la mia opinione ce ne sono ventidue in campo…»

«Venti» puntualizzò Cody.

«Diciannove» lo corresse Ysaahi vedendo che un altro americano lasciava mestamente il campo. «Almeno la regola dei cartellini gialli e rossi l'ho imparata.»

Quando McBride (McBride? Mi ricorda qualcuno...) graziò l'Italia tirando una tega sulla traversa, Ysaahi cominciò a guardare la partita con occhio diverso. «Wow, che balzo! Ma l'hai visto il loro portiere?» chiese dando di gomito all'amico che stava divorandosi le unghie per l'occasione perduta. «Che potenza, che agilità, che fisico. E ha anche una maglia più bella di quella degli altri.»

«Ti prego, risparmiami i commenti femminili o ti mando vicino a MoneyRenny che viene alle partite dell'Italia solo per guardare Cannavaro.»

Ysaahi si strinse nelle spalle. «MoneyRenny ha sempre avuto buon gusto. Dov'è questo Cannavaro, che gli dò un'occhiata?» Ma A.J. non l'ascoltava già più.

«Guarda... guarda... GOAAALLL!!!»

L'ala sinistra esplose in un boato, quella destra in un grido di dolore. Ysaahi si ritrovò a saltellare abbracciata al suo vicino. Ma la felicità fu di breve durata.

«No, non è possibile, goal annullato!»

«Come sarebbe a dire annullato?»

«Ma dove ha gli occhi l'arbitro?»

La moviola propose e ripropose l'azione. «Ha chiaramente ragione l'arbitro» sentenziò Ysaahi dopo aver guardato diverse volte il filmato.

«Ysa, ti ricordo che sei tra gli ultras statunitensi. Se non vuoi essere linciata, offendi immediatamente l'arbitro.»

«Ma non posso, è un denobulano come me. E poi ha rag...»

«Offendi immediatamente l'arbitro» la interruppe A.J. scandendo bene le parole mentre occhi carichi di odio si voltavano nella loro direzione.

Ysaahi pensò che non fosse il momento di questionare. «Arbitro venduto!» esclamò a gran voce. Intorno a lei tutti approvarono con grida inumane e pacche sulle spalle. A.J. tirò un sospiro di sollievo.

Finalmente arrivò il tanto agognato novantesimo minuto. Il risultato di parità non accontentò nessuno: i tifosi italiani andarono avanti tutta la notte ad analizzare la partita, a contestare l'allenatore, a fare pelo e contropelo ai giocatori, a proporre le tattiche che loro avrebbero usato e a sottolineare gli errori che loro non avrebbero fatto. L'ammiraglio De Leone salì in cattedra per dirigere il dibattito. I tifosi americani assaltarono la Rec Room per brindare al pericolo scampato e organizzare il tifo per la successiva partita.

Approfittando del fatto che A.J. si trovasse occupato con degli amici, Ysaahi si dileguò senza farsi notare. Fu quasi per caso che andò a sbattere contro Owen Benson.

«Ysaahi, ma che ti è successo? Sembri uscita da un incontro di lotta.»

«E' più o meno quello che è successo. Sono sopravvissuta alla partita di calcio di stasera.»

«Quale? Italia - Stati Uniti? Hai avuto un bel coraggio ad entrare in quella bolgia.»

«Lo credo anch'io. Dopo questa sera mi sa che con lo sport ho chiuso.»

«Scherzi? Hai solo sbagliato accompagnatore. Adesso tocca a me iniziarti al vero sport americano. Hai mai sentito parlare del baseball?»

Ysaahi sperò che almeno i giocatori non fossero in mutande.