«Che ne dici? Forse potrebbe aiutarci…»
«Non lo so, non mi convince. E’ un tipo strano.»
«E’ vero ma chi la conosce ne parla molto bene. Prima o poi dovremo fidarci di qualcuno.»
«Sì ma se facciamo un passo falso…»
«Non farmici pensare! Ok, aspettiamo ancora un poco.»
Al solito tavolo, Ysaahi giocherellava distrattamente con il cucchiaino a manico lungo. Davanti a lei, A.J. fissava sofferente la mousse di cioccolato che andava lentamente smontandosi. Quando la ciliegia candita rotolò dalla cima della montagna di panna ormai squagliata per andare mestamente a fermarsi sul bordo del piattino, il ragazzo si decise a parlare.
«Stai fissando quel povero dessert da più di venti minuti» disse, cercando di mantenere un tono distaccato, «vuoi dirmi cosa ti preoccupa?»
La denobulana non diede segno di averlo sentito. Con un sospiro, il ragazzo tornò alla carica. «E’ qualcosa che riguarda l’articolo che devi scrivere? Prometto che non ti ricorderò di averti avvertito che non mi sembrava una buona idea entrare alla Gazzetta.»
La provocazione non ebbe alcun effetto, Ysaahi non diede segno di averlo nemmeno sentito. A.J. perse la pazienza: allungò una mano e tuffò un dito nella mousse ormai liquida. Prima che potesse portarselo alla bocca venne colpito da una dolorosa cucchiaiata sulle nocche.
«AHIA! Ma che fai?»
«TU che fai! Intingolare le dita nel mio dolce ti sembra normale?»
«Beh, almeno ho attirato la tua attenzione» concluse lui, leccandosi le dita. «Allora, vuoi spiegarmi?»
L’amica lo fissò ancora incerta ma il ragazzo era deciso a non mollare.
«Ysaahi, se non mi racconti cosa ti preoccupa, come farò a salvarti quando ti caccerai nei pasticci? Perché è questo che succederà, lo sai. Certo, se preferisci fare tutto da sola…»
«Cosa ci faceva la dottoressa Leneorat nelle Badlands del parco? Sembrava spaventata quando Garf l’ha raggiunta, come una bambina colta con le mani nella marmellata, perché? ‘Non ficcare le foglie in affari che non ti riguardano’ ha detto il Maiale. Cosa intendeva? Quali affari?»
Come sempre in queste occasioni, A.J. cominciò a vacillare. «Frena, frena, frena. Credevo dovessi scrivere un articolo sulla distilleria fantasma. Cosa c’entrano ora i due Istruttori?»
Gli occhi di Ysaahi scintillarono per l’emozione. «Ancora non lo so ma sento di avere per le mani qualcosa di grosso, qualcosa di molto, molto grosso.»
Si alzò di scatto e senza aggiungere altro, si dileguò tra i cadetti che, come ogni pomeriggio, affollavano il locale. A.J. rimase immobile, cercando di valutare se in quello che gli aveva detto l’amica poteva esserci qualcosa di sensato. Sconsolato, si avvicinò la coppa al cioccolato, o almeno quello che ne rimaneva, e cominciò a mangiarla.
Se Ysaahi avesse avuto bisogno di lui, avrebbe chiesto il suo aiuto.
O almeno lo sperava.
«Sembra una persona riservata, non sembra abbia raccontato nulla al suo amico.»
«Potrebbe non essere un bene: da sola potrebbe metterci troppo tempo a scoprire qualcosa.»
«Dovremmo muoverci. Dovremmo parlarle.»
«Ho paura.»
«Anch’io.»
Ysaahi era insolitamente perplessa riguardo a quello che le stava capitando. Non era una ingenua, aveva capito perfettamente che il direttore della Gazzetta le aveva affidato il compito di scrivere un articolo sulla misteriosa distilleria fantasma con il solo scopo di liberarsi di lei, ma questa non era una buona ragione per prendere l’incarico sotto gamba: se le voci sulla esistenza della distilleria continuavano a propagarsi, se una vasta zona dell’immenso parco continuava ad essere evitata come la peste, forse qualcosa di vero in quella leggenda metropolitana poteva anche esserci. Per non parlare di alcuni consunti frammenti che aveva rinvenuto e che assomigliavano terribilmente a delle etichette…
No, non era questo a ‘perplimerla’, quanto lo strano incontro fatto qualche tempo prima nelle profondità del parco: Garf e la Leneorat. Che ci faceva la dottoressa in quella remota zona del parco? Improbabile che anche lei stesse scrivendo un articolo sulla misteriosa distilleria. E Garf? La stava chiaramente seguendo ed era stato così imbranato da farsi beccare? La conversazione tra i due era stata fredda e piena di allusioni, come se uno volesse sondare le intenzioni dell’altro senza rivelare le proprie. Il risultato, purtroppo per lei, era stato quello di non riuscire a capire esattamente l’oggetto del contendere. Di una sola cosa era sicura: doveva entrarci in qualche modo la distilleria fantasma!
La cosa l’aveva ringalluzzita: con un po’ di fortuna, l’articolo sul fantasma e la sua distilleria avrebbe avuto uno spessore decisamente inatteso. Roba da far tremare le fondamenta dell’Accademia, farle vincere il premio Pulitzer e sommergerla di crediti accademici oltre ogni immaginazione.
Doveva assolutamente saperne di più!
«Allora? Andiamo?»
«E’ troppo presto! E se non ci crede? Senza prove…»
«Se aspettiamo ancora, lui potrebbe toglierla di mezzo!»
«Non oserà!»
«Ne sei certo?»
«Diamole ancora un po’ di tempo…»
Ysaahi cominciava a diventare nervosa, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di essere continuamente osservata. Anche quel pomeriggio mentre, seduta ad uno dei terminali più imboscati della biblioteca, richiamava con noncuranza testi di analisi tensoriale dei campi di curvatura, poteva quasi sentire la presenza di qualcuno con gli occhi puntati su di lei.
‘E’ solo la mia immaginazione’ tentò di convincersi, intonando a bassa voce L’allegro vulcaniano e il suo cane, uno stupido motivetto che aveva spesso il potere di tranquillizzarla ¹. D’altra parte, non c’era bisogno di inventarsi misteriosi osservatori per spiegare il suo senso di inquietudine, quello che aveva intenzione di fare avrebbe reso nervoso chiunque: indagare sul passato di Garf scatenandogli contro i temibili DDT, i Derkozna Disk Tools, il sofisticato software di hackeraggio di cui era venuta in possesso durante l’affare Thorsen.
Sì, Garf doveva essere il nodo: non era la prima volta che lo sentiva discutere con la dottoressa, li aveva sorpresi in atteggiamenti non proprio amichevoli anche qualche tempo prima, quando era caduta nelle grinfie del bibliotecario Verano. Anche la sua strana latitanza all’incontro di Parisses Square prima e di recitazione poi era stata sospetta. Piccole cose che, messe tutte insieme, cominciavano a diventare significative.
Digitò rapidamente alcuni comandi sulla tastiera e, affascinata, rimase a fissare le sonde informatiche che penetravano nel sistema facendo saltare porte blindate, craccando password e recuperando dati cancellati: se Garf aveva qualche scheletro nell’armadio, i DDT lo avrebbero sicuramente trovato. Cercò di non rimanere collegata troppo a lungo: i sistemi anti-intrusione della rete accademica non erano poi così ‘bucati’ come i cadetti amavano far credere e non voleva correre il rischio di essere scoperta, ma quello che trovò la lasciò a bocca aperta. Nascosti nei più impensati paradisi fiscali, il vice rettore Garf sembrava avere più conti in banca che capelli sulla testa. E che conti! Ysaahi ricalcolò più volte il saldo complessivo, incapace di credere ai propri occhi. Come diavolo aveva fatto il buon Garf a mettere insieme quelle cifre da capogiro?
Nella tranquillità del suo alloggio, analizzò con attenzione i tabulati che aveva scaricato. la movimentazione dei conti era stata intensa fino a qualche anno prima poi si era interrotta improvvisamente. Controllò gli annuari: la data coincideva con l’insediamento di Garf quale vice rettore dell’accademia. ‘Era diventato troppo in vista’ pensò, annuendo soddisfatta: qualunque fosse la natura dei suoi traffici non poteva sperare di poterli continuare senza essere scoperto, così doveva essersi deciso a sospendere ogni attività.
Dalla poltrona ad acqua a fianco della scrivania si alzò un gorgoglio inintelligibile: A.J., convocato d’urgenza per dare il suo contributo alla ricerca, era svenuto senza mezzi termini quando si era reso conto di che tipo di indagine stava portando avanti la sua amica e ora si stava lentamente riprendendo. Ysaahi gli lanciò un’occhiata di ghiaccio: «A.J., la tua inutilità come braccio destro sta diventando seccante. Prima mi offri il tuo aiuto e quasi ti offendi perché non ti faccio partecipe poi, quando decido di coinvolgerti, ti schianti come corpo morto sulla mia poltrona preferita.»
«Ma tu sei matta!» esclamò il ragazzo, riprendendosi di colpo, «accedere a dati riservati senza autorizzazione? Ci butteranno fuori a calci!»
«Uffa, quanto sei noioso. Secondo te cosa avrei dovuto fare? Presentarmi durante l’orario di ricevimento e chiedere: ‘Mi scusi, esimio rettore, come ha fatto a guadagnare tutti quei soldi? Rapimenti? Estorsioni? Omicidi su commissione?’»
A.J. guardò i tabulati con un ghigno: «A me sembra tutta una farsa. Ma hai visto i nomi dei clienti? Alta Gradazione Inc., L’alcolista srl, Nettare Distribution. Più che ad azioni malavitose, quei nomi fanno pensare ad una sbronza colossale.»
Folgorata da quelle parole, Ysaahi si bloccò con il padd a mezz’aria.
Sorpreso da quella reazione, A.J. non ebbe il coraggio di aggiungere altro, aspettandosi il peggio.
Del tutto inatteso, il campanello dell’alloggio suonò, spaventandoli a morte.
Nel vano della porta comparvero due cadetti che squadrarono i compagni incerti sul fatto di aver fatto la scelta giusta.
In quella scena surreale, Ysaahi fu la prima a riprendere l’uso della voce: «Allora, la distilleria fantasma esiste realmente» sussurrò, rivolta ai due nuovi arrivati, quasi precedendo le loro parole.
Questi annuirono con convinzione.
Lei li invitò ad entrare e sigillò la porta dietro di loro.
«A.J., vuoi smetterla di controllare l’alloggio? Non ci sono né microspie né telecamere, ho già verificato.»
«Meglio una volta in più che una in meno» asserì il ragazzo, ripetendo la scansione per l’ennesima volta, «non voglio finire la mia carriera prima ancora di cominciarla!»
«Perdonatelo, è paranoico» spiegò Ysaahi, ai due nuovi arrivati, servendo loro un boccale di Dresci: erano stati concordi nel sostenere di aver bisogno di qualcosa di forte, così la denobulana aveva dato fondo alla sua scorta segreta. Con quella leggerezza di parola che spesso il liquore porta, era stato più facile iniziare la conversazione.
«Come hai brillantemente scoperto da sola, la distilleria fantasma esiste, ed è stata attiva fino a qualche anno fa» spiegò Moe, sorseggiando il suo drink. Ysaahi gli riempì nuovamente il bicchiere.
«Così la chiamano tutti ma sarebbe più esatto parlare di distilleria olografica» precisò la sua amica Rut.
«Un ologramma? Ecco perché nessuno è mai riuscito a trovarla!» esclamò A.J. che si era impossessato direttamente di una bottiglia. «Ma chi può aver avuto un’idea così geniale?»
«Più che un’idea, è stata una necessità. Fu costruita qualche anno fa dal cadetto Watling…»
«Watling?» intervenne Ysaahi. «Runs-in-the-rain Watling? Non fu quel cadetto che rimase incastrato nel ponte ologrammi e che nessuno è mai riuscito a liberare? Credevo fosse solo una leggenda!»
«No, è successo realmente» riprese Moe, «anche se nessuno ne parla volentieri. Quello che pochi sanno, è che Watling è riuscito ad entrare in possesso di un dispositivo olografico mobile che gli ha permesso di materializzarsi per brevi periodi anche all’esterno del ponte ologrammi. Nessuno può dire se se lo sia costruito o gli sia stato donato…»
«…fatto sta che durante queste sue peregrinazioni il nostro amico ha costruito questa piccola distilleria, in un angolo particolarmente remoto e ostile del parco dell’Academy.»
«La cosa era nata quasi per gioco, per uso esclusivamente personale: solo alcuni amici a lui particolarmente vicini sapevano della cosa, nessuno aveva mai scoperto nulla. Nessuno a parte Garf!»
«Mi stavo giusto chiedendo quando il Vecchio Porco sarebbe entrato in scena» commentò Ysaahi senza mezzi termini. «Immagino che abbia cominciato a servirsi della distilleria per scopi personali.»
Rut annuì. «La distilleria di Watling è un capolavoro, Garf ha fatto soldi a palate vendendo liquori pregiati in tutto il quadrante.»
«Nessuno si è opposto?» chiese A.J., sempre più incuriosito.
«Come avrebbe potuto?» La voce di Rut era rassegnata. «Tenere a bada un ologramma era un gioco da ragazzi e i pochi che sapevano non osavano fare nulla per paura di ritorsioni: basta poco per screditare un cadetto agli occhi della comunità e ancora meno per uccidere un ologramma.»
«E poi non avevamo uno straccio di prova» aggiunse Moe con una nota di rimpianto. «Non si può accusare una persona in vista come Garf senza solide prove.»
«E ora cosa è cambiato?» chiese Ysaahi, incuriosita. Non riusciva ancora a capire come mai i due cadetti stessero raccontando tutto questo proprio a lei.
Moe e Rut sorrisero speranzosi. «Lavori alla Gazzetta, no? Se riuscirai a pubblicare un articolo su questa storia potremmo far arrivare l’informazione al grande pubblico e sperare di smuovere le acque.»
«Potremmo coinvolgere la dottoressa Leneorat: era suo l’incarico di controllare lo stato di salute, se così vogliamo chiamarlo, del cadetto Watling. Deve essere successo qualcosa che l’ha insospettita perché da un po’ di tempo è entrata in netto contrasto con Garf e si è messa in caccia.»
«Grazie a te abbiamo anche le prove dei traffici illeciti di Garf» aggiunse Moe indicando i tabulati ma Ysaahi raffreddò il suo entusiasmo. «Quelle prove sono state ottenute con mezzi non proprio leciti, non possiamo utilizzarle contro di lui o ci si ritorceranno contro. No, qui bisogna giocare d’astuzia: è ora di tendere una trappola al nostro amico Garf.»
Prevedendo disastri in avvicinamento, A.J. si attaccò senza ritegno alla canna della bottiglia.
Nascosti dentro un folto cespuglio, praticamente invisibili nella loro tuta mimetica, Ysaahi ed A.J. attendevano impazienti.
«Io dico che non verrà» stava lamentandosi il ragazzo. «E’ avido, non stupido: capirà immediatamente che c’è sotto qualcosa e si terrà alla larga.»
Ysaahi sospirò senza staccare gli occhi dal binocolo di precisione con cui stava scandagliando la radura. «Non essere il solito disfattista, vedrai che vedremo presto i suoi prosciutti aggirarsi da queste parti.»
«Ma è un trucco vecchio come il mondo…»
«Certo, perché funziona! Il Maiale non è tranquillo, altrimenti non si sarebbe comportato in modo tanto sospetto e non si sarebbe fatto beccare dalla Leneorat. Il nostro biglietto lo avrà sicuramente innervosito: non potrà resistere, vorrà controllare.»
«Sappiamo tutto! Porta una valigia di crediti alla radura della distilleria o te ne pentirai! Ma che razza di messaggio è?» sbottò A.J. ripensando al testo che avevano fatto scivolare nel sacchetto della merenda del vice rettore.
«Non mi sembra che tu abbia avuto qualcosa di meglio da proporre» ribatté Ysaahi, risentita. «Mettiamola così: se non verrà per verificare chi lo sta minacciando, lo farà sicuramente per vedere chi è tanto stupido da scrivere testi del genere.»
Un leggero bip negli auricolari interruppe il loro battibecco: Rut e Moe li stavano chiamando.
«Cane Rosso a Volpe Azzurra, prova radio.»
«Cane Rosso, qui Volpe Azzurra. Ti ricevo forte e chiaro.»
«Tutto tranquillo, nessun movimento sospetto.»
«Qui lo stesso. Mantenete la posizione: è quasi l’ora, non dovrebbe tardare.»
«Roger, Volpe Azzurra. Cane Rosso chiude.»
A.J. si guardò intorno a disagio. «Si sta facendo scuro. Sicura che in questo posto non ci siano i fantasmi?»
«Ce ne sarà uno tra un po’, se non la pianti di dire fesserie. Guarda, la Leneorat è già in posizione.»
In mezzo alla radura, una pianta più verde della altre agitava i rami ondeggiando nervosamente anche se non tirava un filo di vento.
«Deve essere fuori di melone anche lei per essersi prestata ad una cosa simile. Ma come hai fatto a convincerla?
«Non è stato difficile, è una brava persona! Era molto affezionata a Watling e considera una mancanza personale il fatto di essersi accorta così tardi delle manovre di Garf. Ma, come i nostri amici, anche lei non ha prove…»
Improvvisamente, il padd cominciò a lampeggiare e un segnale acustico risuonò sgradevole nelle loro orecchie: qualcuno era entrato nella zona che stavano controllando.
«E’ un tellarite!» sussurrò Ysaahi dando di gomito all’amico. «Ed è solo!» Nello stesso istante arrivò la conferma di Rut e Moe: anche loro avevano visto il segnale. Le fresche frasche della Leneorat si calmarono all’istante: anche il collegamento radio con lei sembrava funzionare alla perfezione.
Tempo un minuto e Garf fece il suo ingresso nella radura: ostentava indifferenza ma si vedeva lontano un miglio che era furioso. Decisamente, i tellariti non sapevano nascondere i propri stati d’animo.
La vista della phylosiana lo lasciò interdetto. «Leneorat, non immaginavo ci fossi tu dietro a questo ridicolo scherzo: ti sei bevuta quel po’ di linfa che ti è rimasta per ridurti a recapitare stupidi biglietti di minaccia?»
La dottoressa non si scompose. «Tanto stupido non doveva essere se tu sei qui, a controllare…»
«E dove sarei dovuto essere?» chiese Garf, esplodendo in una grassa risata. «Volevo stringere la mano al buontempone che si diverte a fare scherzi idioti, prima di buttarlo fuori dall’Accademia, ovviamente.»
«Sul serio non riconosci questo posto?» chiese Leneorat, indicando la radura con un ampio gesto delle frasche. La risata del vice rettore si spense improvvisamente.
«Vedo che hai buona memoria» continuò implacabile la dottoressa, «è proprio il luogo dove Watling costruì la sua distilleria, quella che tu hai sfruttato per anni, schiavizzando quel povero ragazzo e terrorizzando i suoi amici con le tue minacce.»
Il tono sicuro della dottoressa parve mettere a disagio il rettore. «Te l’ho già detto, è solo una leggenda; e poi…» aggiunse, incapace di trattenersi, «non hai prove!»
«Prove?» questa volta fu la dottoressa a scoppiare in una calda risata. «Ne ho quante ne vuoi! Ecco le etichette e i cocci di bottiglia rinvenuti in questa zona, a testimonianza dell’attività della distilleria…»
«Carta straccia e rifiuti, nessun tribunale li considererebbe significativi!» sbraitò il tellarite, con voce tutt’altro che salda.
«…ed ecco i tabulati dei tuoi movimenti bancari degli ultimi anni, da cui risultano chiaramente i tuoi traffici illegali di bevande alcoliche prodotte qui in Accademia…»
Garf accusò il colpo. «Impossibile! Come hai fatto… Non puoi aver avuto quei tabulati, sono dati riservati!»
«…e per finire, ecco la distilleria che per tanto tempo hai sfruttato, insieme al suo creatore.»
Ad un cenno della dottoressa, la radura cominciò a trasformarsi e in attimo, la piccola distilleria stile vecchio west, riprese vita.
«E’ impossibile» esclamò Garf, strangozzandosi. «Io… io ho cancellato il programma…»
Un bel ragazzo alto, dai capelli scuri, la carnagione olivastra e i tratti somatici tipici degli indiani d’america emerse da dietro un rudimentale distillatore ponendosi al fianco della dottoressa.
«Hai cancellato anche me?» chiese con voce ferma e profonda.
«Watling?! No, aspetta, io non volevo, è stato un errore» balbettò il tellarite mentre il ragazzo, che già aveva impugnato l’arco, stava incoccando lentamente una freccia.
«Tu mi hai ucciso» disse, tendendo l’arco, «ora io farò lo stesso con te.»
«Leneorat, fermalo, ti supplico. Tu non puoi permettere…»
«Che problema c’è, Garf?» chiese la dottoressa con un ghigno. «E’ un ologramma, non esiste, non è mai esistito, l’hai detto tu stesso.»
«No, io… Fermalo!» gridò Garf al limite di una crisi isterica. «E’ vero, è tutto vero, confesso ogni cosa: i traffici, la distilleria, la cancellazione del programma…”
«…l’omicidio di Watling!» incalzò la phylosiana.
«L’omicidio di Watling, certo. Ma tu ferma quell’ologramma.»
Leneorat fece un cenno e Watling e la distilleria si dileguarono, lasciandoli soli in mezzo alla radura boscosa. «Avete registrato tutto?» chiese la dottoressa, ad alta voce. Da due cespugli agli estremi opposti della radura emersero Rut e Moe da una parte, A.J. e Ysaahi dall’altra. La loro espressione soddisfatta non lasciava dubbi sulla risposta.
«Voglio darti una via d’uscita Garf» disse la dottoressa, avanzando verso il vice rettore ormai in ginocchio. Domani stesso presenterai spontaneamente le tue dimissioni e verserai tutti i proventi delle attività illecite ad un fondo accademico per la ricerca scientifica. In cambio ti prometto che il tuo nome non verrà dato in pasto alla stampa. E se in futuro ti venisse in mente di farci qualche scherzo ricorda che abbiamo le prove della tua attività criminale nonché la tua confessione registrata: sono certa che potremo trovare più di un giornale disposto a pagare profumatamente per questa storia. Allora, che ne dici?»
Garf fece scorrere sui presenti uno sguardo carico d’odio poi abbassò la testa.
«Accetto!» ²
EPILOGO
Quando Garf si fu allontanato con la coda tra le gambe, i quattro cadetti si strinsero attorno alla dottoressa Leneorat.
A.J. fu il primo a rompere il silenzio. «Incredibile, ce l’abbiamo fatta!»
Ysaahi lo abbracciò con affetto: «Te l’avevo detto, Testone che non sei altro: nella vita ci vuole ottimismo!»
‘E i DDT a portata di mano’ pensò tra sé e sé. Grazie al miracoloso software era riuscita a ritrovare traccia del programma originale della distilleria che Garf credeva di aver completamente eliminato, e a riportarla in vita. Peccato non aver potuto fare lo stesso con Watling: del ragazzo non era riuscita a trovare che poche, confuse tracce. E questo era un vero mistero: come era possibile che Garf, così maldestro nel cancellare il software della distilleria, fosse riuscito a fare un lavoro così perfetto con quello del vecchio cadetto? Fortunatamente erano riusciti a programmare in tempi brevi una copia credibile dell’indiano e questo era stato sufficiente a far crollare Garf.
Leneorat era visibilmente soddisfatta. «Avete fatto un ottimo lavoro, sono certa che domani leggeremo le sue dimissioni su tutti i bollettini accademici.»
«Anche lei, professoressa, non scherza: è stata veramente una grande attrice.»
Un velo di tristezza passò sul viso della phylosiana. «Mi sento parzialmente responsabile: se avessi vegliato di più sul cadetto Watling, forse tutto questo non sarebbe accaduto. Ma ora è inutile recriminare: spero solo che gli studi che si svilupperanno grazie alla libera donazione del rettore ci permetteranno di approfondire le nostre conoscenze sulle forme di vita olografiche e, un giorno, di ritrovare Watling. Ma ora basta con i discorsi. Riterreste molto disdicevole festeggiare la vittoria con un docente lontano da occhi indiscreti nella tranquillità del suo studio?»
Un coro di voci aderì con entusiasmo all’idea e il gruppo si mise in marcia per rientrare tra le mura amiche dell’Academy.
Ultima della fila, Ysaahi ebbe un brivido che la indusse a voltarsi un attimo prima di lasciare la radura: ai margini del bosco, in piedi sopra un grande sasso, un ragazzo non dissimile da quello che aveva minacciato Garf con arco e freccia stava guardando nella sua direzione: aveva il viso sereno e un grande, caldo sorriso. Le fece un cenno di saluto poi scomparve. ³
Note
¹ PaLotto di Serok: Ysaahi si trova a cantare 'L’allegro vulcaniano ed il suo cane'.
² Palotto numero 2: il round si conclude con le dimissioni di Garf.
³ Palotto numero 1: Ysaahi ha un incontro con il supposto fantasma.
N.B. – Le parole incontro/scontro sono state intese come 'incontro oppure scontro' e non come 'incontro che è anche uno scontro'.