Cadetto YSAAHI

matricola numero 17

STIC Academy New Adventures
è un gioco di ruolo dello STIC Star Trek Italian Club




IL CADETTO DOMATO


Era ormai pomeriggio inoltrato quando Ysaahi raggiunse gli amici al solito tavolo nella Rec Room: «Ragazzi, è deciso: devo assolutamente prendere parte alla Recita delle Delegazioni, costi quello che costi!» esclamò, lasciandosi cadere su una delle poltroncine ancora libere.

Intorno a lei, Chantal, Sheeba, Tarf e Grahan la fissarono costernati mentre A.J., imperturbabile, aggiunse un paio di cifre al sudoku tridimensionale che stava completando.

Il tellarite fu il primo a riprendere l’uso della parola: «Ma come? E’ da quando De Leone ti ha scelto come volontaria per partecipare alla recita che ci assilli con i tuoi piani per schivare questa patata bollente.»

«Abbiamo elaborato per te i più folli piani di fuga” rincarò l’andoriano, con le antenne talmente blu che sembravano dover scoppiare da un momento all’altro, “e le strategie più incredibili per marcare visita.»

«Quella di ingoiare un bullone autosigillante (a) per procurarti un collasso dello stomaco era un’idea geniale.»

«E la peste bubbonica? Eri persino riuscita a trovare le false pustole tra i fondi di magazzino di Romansk (b).»

«Per non parlare della sindrome depressiva post traumatica. Eravamo riusciti ad ottenere un falso certificato da un falso luminare di un falso mondo Denobulano.»

Ysaahi sospirò. «Lo so, lo so, siete stati meravigliosi, i migliori amici del mondo, solo che non credevo… Insomma, quando mi hanno detto che avremmo messo in scena ‘Molto rumore per nulla’, il titolo non mi ha detto niente. Non ne avevo mai sentito parlare e, ecco, lo ammetto: proprio non mi ispirava. Poi ho letto la trama, e me ne sono innamorata. Quella Beatrice… che donna!» esclamò con veemenza.

«Vuoi dire che ti hanno dato la parte della protagonista?» chiese Sheeba, con tono gelido, «dopo tutte le storie che hai fatto perché non volevi essere di nuovo coinvolta in un ruolo di primo piano?»

«E chi altro potrei interpretare? Quella gelatina di Ero? Orsola forse? O quella imbranata di Margherita?»

«Ci sono tanti ruoli meno impegnativi, tante comparse…» suggerì la caitiana ma Ysaahi la interruppe con decisione. «Dopo che la dottoressa Leneorat ha personalmente caldeggiato la mia candidatura al ruolo di protagonista, non posso certo deluderla accettando un ruolo secondario.»

«Non sembravi pensarla così quando ti sei procurata la congiuntivite lavandoti gli occhi con estratto di cipolla. Stavano per silurarti alle selezioni visto che non riuscivi a leggere il copione (c).»

«Veramente lo hanno fatto. Ma ora che mi sono resa conto di quanto sia adatta a me quella parte, ho chiesto una seconda audizione…»

«Senza dirci nulla?»

«Ma ve lo sto dicendo ora! Dai, Sheeba, non fare così, cerca di capirmi: con la partita di Parisses Squares mi sono riabilitata agli occhi di Shermann, ora non voglio ricominciare a prendere voti stitici nei corsi di medicina della Leneorat. Non posso rinunciare al ruolo di protagonista. E poi non vi ho detto la notizia migliore» aggiunse, attaccandosi al braccio di Chantal. «Sai chi avrà il ruolo di Benedetto, il protagonista maschile?»

La ragazza si irrigidì guardando l’amica con sguardo indecifrabile ma Ysaahi non sembrò accorgersene: «Quel gran pezzo di… Ehm, quel magnifico esemplare di Ken Bragan, quello della sezione comando.»

Sheeba ebbe un sussulto. «Ken? Quel Ken? Accidenti, è così affascinante…»

«Il cocco di De Leone?» la interruppe Grahan, con evidente disgusto.

«Uno dei tanti» confermò la denobulana, «ma che importa? E’ un attore nato, dovevate sentirlo mentre aspettava di entrare per l’audizione: «Giuro sulla mia spada che voi mi amate e la farò mangiare io a chiunque sostenga che io non vi amo». Roba da mettere i brividi. Devo essere la sua Beatrice, sento che potrei innamorarmi.»

Chantal tentò di farla ragionare: «Ysaahi, vacci piano. Ken è un noto rubacuori, ha uno stuolo di ammiratrici lungo come un TGV, un calendario non basterebbe a contenere le foto delle sue ragazze dell’ultimo anno. Ne uscirai con il cuore spezzato, altro che innamorarsi!»

«Non avrei mai creduto che quella signora si sarebbe mai innamorata d'alcuno» recitò Ysaahi con trasporto.

«E’ andata!» concluse Tarf, rassegnato. Sul gruppo scese un innaturale silenzio, rotto solo da qualche sonoro sospiro.

«Allora sei decisa?» chiese Grahan, «vuoi proprio il ruolo di Beatrice?»

«Quest’opera ti piace davvero tanto?» aggiunse Sheeba.

«E sei certa che Bragan possa essere l’uomo della tua vita?» concluse Chantal, con una punta di tristezza.

«E’ così!» esclamò Ysaahi fissando gli amici con sconcerto. «Ma si può sapere che vi piglia a tutti quanti? Sembra che vi sia morto il pipistrello domestico! Speravo nel vostro sostegno…»

A.J., che non aveva proferito parola durante tutta la discussione, piazzò l’ultimo numero nello schema senza nascondere una certa soddisfazione. Si alzò facendo scivolare rumorosamente la sedia, poi tese la mano verso il centro del tavolo, il palmo aperto verso l’alto, e attese. Uno dopo l’altro, con visi depressi e non senza qualche resistenza, gli amici fecero cadere alcuni crediti nella mano del questuante; Tarf dette un ultimo, triste addio, al suo buono per dieci consumazioni gratuite mentre Sheeba si separò con evidente malincuore dal suo special pass per il Kilowatthore.

Ysaahi era costernata. «E questo cosa significa?» chiese, senza capire.

«I ragazzi, qui, sostenevano che non ti saresti mai lasciata coinvolgere da questo progetto» spiegò A.J. controllando l’esito della raccolta. «Sheeba era sicura che questa roba inglese non ti sarebbe piaciuta, Tarf e Grahan dicevano che non ti saresti nuovamente fatta coinvolgere da un ruolo di protagonista mentre Chantal era certa che mai e poi mai avresti potuto interessarti ad uno come Bragan.» Fece una pausa, senza riuscire a nascondere la sua soddisfazione. «Io, naturalmente, avevo scommesso il contrario.»

Tanto per cambiare, l’Accademia era nuovamente in fermento, ed Ysaahi con essa. La grande sfida sul campo di Parisses Squares si era appena conclusa, che già un nuovo, grande evento stava monopolizzando l’attività e la chiacchiera Accademica: la visita contemporanea delle delegazioni dell’Accademia delle Scienze di Vulcano, dell’Accademia Militare di Angosia e di quella del Commercio di Tellar, formate dai migliori studenti e dai più prestigiosi insegnanti.

L’incontro delle Delegazioni era una tradizione vecchia quanto le Accademie, un momento di forte scambio culturale e, soprattutto, un simbolico rinnovamento del patto di alleanza che univa i mondi rappresentati; anche i media riservavano una attenzione particolare all’evento così a Cadetti e Istruttori era affidato il prestigio dell’intero pianeta. L’incontro aveva cadenza annuale ed era ospitato a rotazione da uno dei quattro pianeti: dopo un’attesa durata quattro anni, il turno dell’Accademia della Flotta Stellare era finalmente arrivato.

«Adesso tu dimmi che bisogno c’era di organizzare un torneo di rappresentazioni teatrali» sbottò Ysaahi, scorrendo velocemente le pagine della newsletter accademica. «Non bastava la nostra, per rendere omaggio agli ospiti? No, una gara hanno dovuto inventare.»

«Fammi leggere…» disse A.J. tentando di acchiappare il pad che l’amica stava agitando senza ritegno.

«Ogni delegazione porterà in scena un’opera di Shakespeare, poi una giuria di qualità assegnerà il premio alla migliore rappresentazione.»

«Qui dice che ci sarà anche il televoto…»

«Sì, e l’aiuto da casa!» Ysaahi era indignata. «Già è faticoso doversi impegnare per tenere alto il nome dell’Accademia, ma sorbirsi tre opere in tre serate consecutive – perché saremo costretti ad assistere, ne sono certa – mi sembra eccessivo! Non potevano organizzare una bella serata danzante? Qualcosa in abiti d’epoca, se proprio volevano rendere onore a questo Shakespeare.»

«Ha tutta l’aria di essere un’idea di Cobledick» mormorò A.J. leggendo l’articolo con attenzione. Le cose stavano proprio come aveva detto Ysaahi: nell’evidente tentativo di superare le altre Accademie in fasto e magnificenza, il Comitato Organizzatore aveva proposto una sfida tra le delegazioni sul terreno dell’arte e della cultura. Nelle due settimane di visita, campioni delle varie scuole si sarebbero affrontati in prove di cultura generale e di improvvisazione teatrale fino al confronto finale, dove ogni delegazione avrebbe dovuto mettere in scena un’opera del grande drammaturgo inglese.

A.J. era perplesso. «Shakespeare recitato da un angosiano…» mormorò, cercando di immaginarsi la scena. «Roba da far accapponare la pelle.»

«Perché, Shakespeare grufolato da un tellarite? Ultimamente trovo che ci siano troppi maiali nella mia vita. E non stavo parlando di te, Owen» aggiunse Ysaahi rivolta all’amico che li aveva appena raggiunti.

Il ragazzo, rosso fino alla punta dei capelli, esitò qualche secondo prima di sedersi al loro tavolo. «Una volta ho visto ‘Jesus Christ Superstar’ interpretato da una compagnia vulcaniana» disse, desideroso di dare il suo contributo a quel museo degli orrori. «E’ qualcosa al di là di ogni immaginazione.»

«Fortuna che non intratteniamo rapporti culturali con i klingon: non avrei resistito all’edizione integrale di Khamlet.

«taH pagh taHbe'. DaH mu'tlheghvam vIqelnIS» cominciò Owen ma si fermò immediatamente, colpito dallo sguardo gelido degli amici. «Beh, che c’è di male? Avevo tentato di imparare un po’ di klingon per impietosire Vinsar e riparare un quattro in ‘dinamica dei campi di curvatura’ ma non ha funzionato.

Ysaahi, che fin dal primo anno blandiva Fandonius infarcendo le sue interrogazioni con frasi e parole latine, si sentì vagamente in colpa per aver dato il cattivo esempio.

«Ho sentito che sei in lizza per la parte di Beatrice…» disse Owen desideroso di cambiare argomento.

«Oh no, adesso riattacca…» mugugnò A.J. prendendosi la testa tra le mani mentre Ysaahi scattava in piedi saltando sul divanetto.

«Mio Dio! non sopporterei mai un marito che avesse la barba; preferirei dormire sulla lana della coperta.»

Ma Owen non fu da meno. «Potete trovarvi un marito senza barba.»

Ysaahi era piacevolmente stupita. «Owen, ti hanno dato la parte di Lionato?»

«Censurate troppo il signor Benedetto, ma vedrete che vi darà la pariglia» recitò il ragazzo. I due rimasero a fissarsi per qualche secondo poi si buttarono l’una nelle braccia dell’altro.

«Zio!»

«Nipote!»

A.J. appoggiò la fronte sul tavolo. «Sono circondato da pazzi!»

A.J. aveva imparato già da tempo che al peggio non c’è mai fine ma ogni volta riusciva a stupirsi delle vette che questa massima riusciva a toccare quando c’era di mezzo Ysaahi.

Quando, convocato d’urgenza nella cabina dell’amica, fu colpito da un teschio in gomma morbida – un modello antistress stile ‘essere o non essere’ che da Romansk si vendeva come il pane (d) - capì che un nuovo record stava per essere raggiunto.

Ysaahi era furibonda. «Una riserva!» esclamò, assestando un diretto al cuscino che stava usando come punch-ball. «Hai capito cosa hanno avuto il coraggio di dirmi? Che la parte di Beatrice è mia ma posso considerarmi una riserva. E di chi poi? Di Beatrix Quinroy, miss numero uno. Quel maledetto androide è riuscito a soffiarmi la parte con l’inganno.»

«Veramente non mi risulta che BQ sia un androide.»

«A.J., come al solito non rilevi il punto saliente del discorso. Quella vipera mi ha ingannato. Lo sai che avevo l’audizione ma quel serpente velenoso ha fatto in modo che mi venissero indicati un luogo e un orario sbagliato.»

«E tu ci sei cascata…»

«… come una allocca. Mi ha mandato in capo al mondo e quando mi sono accorta dell’inganno era troppo tardi. Sono arrivata quando ormai il ruolo era già stato assegnato. Fortuna che, con la mia brillante eloquenza, sono riuscita ad avere una ulteriore possibilità.»

«Brillante? Quanto brillante?»

«Diciamo che mi sono buttata ai piedi della commissione e li ho supplicati senza ritegno» ammise Ysaahi, candidamente. «Hanno riconosciuto che sarei stata una splendida Beatrice ma non potevano rimangiarsi la parola così eccomi ridotta al rango di riserva. Senti che brutta parola? R-i-s-e-r-v-a. Mi viene un travaso di bile ogni volta che la pronuncio.»

«E allora smetti di pronunciarla, o finirai per romperti un polso a forza di tirare colpi contro il muro. Io non ti capisco» cercò di farla ragionare l’amico, «hai una possibilità clamorosa: puoi studiare l’intera parte, provare sul palcoscenico, essere la protagonista senza dover subire lo stress della prima, le critiche degli Istruttori, gli sberleffi dei compagni, il giudizio senza scrupoli degli ospiti. Qualche settimana fa avresti firmato per una cosa del genere…»

«… e oggi ho cambiato idea!» sbottò Ysaahi tirando un pomodoro virtuale contro l’effige di Quinroy che giganteggiava sul suo monitor. «Ok, lo ammetto, la coerenza non è una delle mie qualità principali…»

«Nemmeno la capacità di saper perdere» mormorò A.J. sedendosi sul letto e ammirando la nuova console Wee dell’amica, riprogrammata ad hoc per l’occasione.

«… ma sai che difficilmente mi sbaglio quando mi esalto per qualcosa. Sono certa di poter fare una grande performance, qualcosa degno di essere ricordato negli annali e che porterà lustro e onore alla nostra scuola. La Recita delle Delegazioni potrebbe lanciarmi definitivamente nel mondo dello spettacolo.»

«Credevo volessi lavorare su una nave stellare…»

«Certo che sì ma, come diceva il grande Derkozna, è sempre bene tenere aperta qualche backdoor. Se dovesse andarmi male come ufficiale della flotta, posso sempre riciclarmi come attrice: il cinema è una bella cosa ma è il teatro che sancisce definitivamente la grandezza di un artista.»

«Bene, allora cosa pensi di fare?»

Ysaahi fissò l’amico con occhi di ghiaccio. «A.J., perché pensi ti abbia convocato? Per provare l’elasticità del mio letto o per fissare con sguardo concupiscente la mia console? Cerco idee, spunti, suggerimenti. Devo riprendermi il posto da titolare e devo farlo al più presto.»

«Farete le prove insieme, no? Dimostrati più brava di lei…»

«Io sono meglio ma Beatrix è brava, maledizione a lei. C’è il rischio che gli Istruttori non abbiano il coraggio di rivedere la scelta iniziale. No, occorre qualcosa di definitivo: sai dove posso procurarmi del cianuro?»

«No, ma so dove posso rimediare un quattro in farmacologia: nel corso della dottoressa Leneorat, se non vado immediatamente a studiare per il test di domani» rispose A.J. alzandosi. «E tu faresti meglio a fare altrettanto. Prometto che, tra un quiz e l’altro, mediterò sul tuo problema» aggiunse, avviandosi verso la porta ma, fatto qualche passo, si fermò, incerto. Si sarebbe aspettato una pioggia di oggetti o di improperi, minimo una cuscinata, invece nulla… Ysaahi era immobile al centro della stanza, con gli occhi che le brillavano per l’emozione: «A.J. sei magico!» esclamò, lanciandosi ad abbracciare l’amico. «E’ un po’ dura portarti sul pezzo ma quando ci arrivi hai sempre il suggerimento vincente. Ora scusami, devo correre da Romansk prima che chiuda! (e)» aggiunse catapultandosi fuori dalla stanza.

A.J. rimase immobile a fissare la porta, chiedendosi di quale piano criminale si fosse appena reso complice e promotore, poi fece qualche passo indietro, accese la console e cominciò a giocare a 'schiaccia la talpa': prendere a martellate qualcosa lo fece sentire subito meglio.

Nei giorni che seguirono, Ysaahi prese la sua rivincita sull’odiata BQ: il fatto che il cadetto Quinroy avesse consegnato in bianco sia il questionario della dottoressa Leneorat che quello di Fandonius, lasciò tutti di stucco, tutti tranne la denobulana. I due Istruttori erano gli unici che ancora amavano proporre quiz in forma cartacea, rifiutando per quanto possibile l’uso dei computer; per Ysaahi era stato facile sostituire l’inchiostro della penna di Beatrix con una speciale sostanza, una specie di inchiostro simpatico alla rovescia trovato nell’impareggiabile negozio di Romansk, che era evaporata nel giro di qualche ora lasciando il foglio della malcapitata completamente bianco.

«Il teatro sta influendo negativamente sulla sua preparazione, cadetto Quinroy» aveva sentenziato la Leneorat appoggiata dallo sguardo eloquente di Fandonius, «penso che sia meglio che lei rinunci alla parte della protagonista finché i suoi voti non avranno ripreso il solito standard.»

Ysaahi, che aveva brillato come non mai in entrambe le prove, si vide assegnare la parte di titolare, mentre BQ fu costretta a sedere mestamente in panchina, retrocessa al rango di riserva.

«Dovevi vedere la sua faccia» raccontò la denobulana all’amica Chantal, mentre aspettava il suo turno nelle esercitazioni di improvvisazione teatrale. «C’è mancato poco che le saltassero i circuiti e cominciasse a fumare come una torcia. Che incredibile soddisfazione.»

La francesina la guardò con ammirazione: «Ysaahi, a volte mi spaventi.»

«Ammetto di aver giocato sporco ma, d’altro canto, è stata lei ad iniziare. Nessun rimpianto, nessun rimorso…»

«Non temi ritorsioni?»

Ysaahi si strinse nelle spalle. «Cosa vuoi che ti dica? Ormai il tempo è poco, gli Istruttori non possono permettersi di cambiare idea ancora una volta. Certo, mi aspetto qualche tiro mancino, come questo» disse, con malcelato odio, mentre gli occhi si riducevano a due fessure, «di trovarmi iscritta a mia insaputa al corso di improvvisazione, ma cerco di guardarmi le spalle. Owen è stato offerto volontario per farmi da guardia del corpo, A.J. tiene d’occhio il nemico da un punto di vista tattico e strategico, io tengo gli occhi aperti per schivare i colpi bassi. Se vuoi contribuire, potresti vegliare sul mio rendimento scolastico: non vorrei che l’infida Albione ritorcesse contro di me la mia arma vincente.»

Chantal la fissò preoccupata: «Ti rendi conto che stai cominciando a parlare come A.J.?» chiese ma prima che l’amica potesse rispondere, la voce di Cobledick interruppe la conversazione: «Cadetto Ysaahi, tocca a lei. Stesso passaggio ma questa volta lo facciamo ‘alla maniera di Jays’. Pronti? Azione!»

Fu proprio il cadetto Jays a farsi avanti, apostrofando la denobulana con fiero cipiglio: «HOI! Non mi limiterò a parlarti, passerò alle manieri forti e sta pur certo che ti ucciderò, galeotto schifoso e lurido di un porco (f)».

Ysaahi sospirò: anche questo affronto sarebbe stato addebitato sul conto di Quinroy.

E, finalmente, il gran giorno arrivò!

Il Comitato Organizzatore aveva fatto le cose veramente in grande: l’immensa aula magna era stata riconfigurata grazie ad enormi proiettori olografici ed ora immense tavolate riccamente imbandite correvano parallele lungo la stanza, destinate ad accogliere tutti, ma proprio tutti gli studenti dell’Accademia. Un tavolo trasversale era riservato per gli istruttori mentre lungo le pareti erano stati allestiti dei ripiani per gli addetti non impegnati con le attività in corso. Centinaia di candele si libravano nell’aria illuminando a giorno la stanza, stendardi e bandiere decoravano le pareti e un lungo tappeto rosso introduceva dal sontuoso portone principale al tavolo delle autorità.

Nessun dubbio che l’avvenimento fosse ripreso da tutte le televisioni locali: i cadetti splendevano nella loro uniforme da cerimonia mentre gli Istruttori, rigorosamente in alta uniforme, si preparavano ad accogliere gli ospiti con tutti gli onori. (g)

L’Ammiraglio D’Elena, il Rettore, prese la parola portando il silenzio nella sala. «Esimi colleghi, carissimi cadetti, e personale tutto dell’Accademia della Flotta Stellare, è per me motivo di orgoglio vedervi riuniti in questa occasione.»

Seduta tra A.J. e Chantal, Ysaahi era al settimo cielo. Si sentiva perfettamente a suo agio in quella atmosfera e non riusciva a smettere di guardarsi intorno, ammaliata da tanto splendore, splendente lei pure dopo una giornata di preparativi. Di fronte a lei, Tarf, Grahan e Sheeba con Felix Viskas non erano da meno. C’erano state altre feste sontuose in Accademia ma questa aveva un qualcosa di speciale: grandiosa e austera, con un carico di storia da far paura ma allo stesso tempo festosa e amichevole.

«Abbiamo atteso quattro anni per poter accogliere nuovamente sulla Terra i rappresentanti delle più famose Accademie del nostro quadrante quindi, senza ulteriori indugi, lasciate che vi presenti i nostri ospiti: la Delegazione dell'Accademia delle Scienze di Vulcano!»

Accompagnata da uno squillo di trombe, una schiera di studenti vulcaniani, vestiti con il tradizionale abito da cerimonia e preceduta da una rappresentanza di impassibili istruttori, fece il suo ingresso percorrendo impettita l’intero salone per fermarsi ai piedi della zona delle autorità e rendere omaggio con il noto saluto. La sala esplose in un caloroso applauso mentre gli ospiti, senza batter ciglio, prendevano posto al tavolo a loro destinato.

«I vulcaniani in massa mi spaventano» sussurrò Ysaahi, allungandosi verso gli amici, «chissà cosa metteranno in scena…»

«I codardi muoiono molte volte prima della loro morte; i valorosi non assaggiano la morte che una sola volta» recitò un giovane vulcaniano con voce atona. Ysaahi represse a fatica uno sbadiglio.

«Già il ‘Giulio Cesare’ è logorroico e pseudologico di suo» commentò Chantal, sbadigliando a sua volta, «in bocca ai vulcaniani diventa quasi intollerabile.»

«Quanto manca?» chiese Ysaahi, speranzosa, vedendo che Sheeba sfogliava velocemente il libretto.

«Mettiti comoda: sono cinque atti e siamo solo al secondo.»

«Quanto vane mi sembrano ora le tue paure, Calpurnia! Mi vergogno di aver ceduto di fronte ad esse. Datemi il mio mantello perché andrò.»

«E se ce ne andassimo?» propose Tarf ormai allo stremo. «C’è qualcosa che ci vieta di abbandonare il teatro di soppiatto?»

«Sì, gli uomini della sicurezza disposti davanti ad ogni porta» rispose A.J. indicando le sagome scure che pattugliavano le uscite. «Evidentemente non siamo i primi ad aver avuto questa idea. Ysaahi, si può sapere cos’hai da sogghignare?»

«Sto solo valutando il lato positivo della questione. Questi non ci battono di sicuro: il primo passo verso il Trofeo delle Delegazioni è già fatto.»

Quando il rettore D’Elena lasciò il pulpito a De Leone, la platea temette di venire sommersa da un flusso inarrestabile di chiacchiere. L’ammiraglio, invece, stupì tutti limitandosi a poche, incisive parole. «E ora accogliamo con un grande applauso la Delegazione dell’Accademia del Commercio di Tellar!»

Le trombe squillarono nuovamente e i tellariti entrarono, rumorosi e spavaldi come da copione.

«Tu dici dei vulcaniani» mormorò a sua volta Chantal, «ma non è che il teatro tellarita mi tranquillizzi più di tanto. Vorrei solo sapere cosa ci aspetta…»

«‘Vostro onore’, ‘vossignoria’, un cànchero! Io son Lenza Cristoforo, senza nessun ‘onore’ e ‘signoria’!» esclamò il giovane attore tellarite

«La bisbetica domata» commentò Chantal, depressa, «offensivo e maschilista: avrei dovuto immaginarlo.»

Owen era solidale. «Questi ci faranno rimpiangere i vulcaniani. Povero Shakespeare, si starà rigirando nella tomba.»

«Ma no, potrebbe essere divertente» replicò A.J. ottimista. «Io dico che finisce in rissa prima della fine del quarto atto. Si dice che le rappresentazioni tellarite non vedano mai il sipario finale.»

Ysaahi si fregò le mani. «Ma è fantastico! Un altro passo verso la vittoria finale.»

Il contrammiraglio Garf, presente contro ogni previsione alla cerimonia, allontanò De Leone dal pulpito senza troppe cerimonie, impossessandosi del microfono. «Ed infine diamo il benvenuto alla Delegazione dell’Accademia Militare di Angosia.»

Lo squillo delle trombe echeggiò ancora una volta nella sala mentre gli angosiani, perfettamente schierati, fecero il loro ingresso marciando compatti. Con perfetta sincronia si schierarono davanti alle autorità, tributando loro il saluto militare, poi, senza scomporre le fila, raggiunsero il tavolo a loro riservato.

«Questi mi spaventano» disse Sheeba, con un brivido. «Avete visto che portamento? Come fanno a recitare se non prendono neanche fiato?»

«Un cavallo! un cavallo! il mio regno per un cavallo!» tuonò un possente angosiano come se stesse impartendo gli ordini per la prossima battaglia.

«E il mio diploma per una esecuzione di massa» esclamò Chantal, esasperata. «Non possono calpestare così il ‘Riccardo III’!»

«Dovevamo immaginarlo» commentò Grahan, rassegnato. «E’ lo stesso tono che usa Gozar quando cerca un volontario.»

«Con la differenza che Gozar, il volontario, lo trova mentre il povero Riccardo…»

«Sheeba, quanto manca?» Il tono di Tarf rasentava la disperazione.

«Ancora poche battute» tentò di tranquillizzarlo la caitiana.

Ysaahi era raggiante: «Ancora poche battute e saremo ad un nulla dalla vittoria finale.»

Dopo aver ringraziato ancora una volta le delegazioni ospiti, il rettore D’Elena si apprestò a concludere la cerimonia di apertura. «Prima di dare inizio al banchetto di benvenuto» disse, una volta riappropriatosi del microfono, «permettetemi di presentare la Delegazione dell’Accademia della Flotta Stellare che avrà l’onore di rappresentarci al Trofeo.»

Un boato coprì il suono di trombe e il rullo di tamburi mentre un festoso alzarsi di calici salutava la squadra che avrebbe preso parte alla rappresentazione finale.

«Dieci minuti e si va in scena» gridò qualcuno nel corridoio.

Dietro le quinte fu un brulicare di addetti, attori e comparse, tutti impegnati a raggiungere i propri posti e a fare gli ultimi preparativi. Il palco delle autorità era gremito, la sala al completo, ogni posto esaurito.

Ysaahi si rimirò ancora una volta nel grande specchio dei camerini. Era tranquilla, rilassata, sicura delle proprie capacità: dopo quello che aveva visto, era sicura di non potere fallire.

«Cinque minuti» gridò la voce.

‘E’ ora di andare’ pensò, assaporando l’avvicinarsi del trionfo. Fece per scendere i gradini che l’avrebbero portata dietro le quinte quando, improvvisamente, sentì il terreno mancarle sotto i piedi. Troppo stupita per poter reagire, non poté fare altro che rotolare rovinosamente per l’intera scalinata, senza riuscire a fermarsi. Si schiantò sull’ultimo gradino battendo violentemente la testa. Fece per alzarsi ma le pareti cominciarono a girare intorno a lei, buttandola nuovamente a terra. Aveva la vaga percezione di visi sopra di lei, di mani che cercavano di sostenerla, di voci in lontananza: sembravano chiamarla ma lei non riusciva a rispondere. Con sforzo estremo cercò di mettere a fuoco i visi e di concentrarsi sulle voci.

«Ysaahi? Ysaahi? Per favore, rispondimi!» Era Owen. E con lui… Cobledick!

«Non c’è più tempo, dobbiamo entrare in scena. Cadetto Quinroy, per fortuna è già pronta: avanti, tocca a lei.»

L’ultima cosa che vide prima di svenire fu Beatrix Quinroy che, con sguardo beffardo, recuperava un sottile filo di bava teso di traverso in cima alla scala e lo faceva sparire nelle ampie pieghe del costume di scena.

Poi fu il buio.

 

Note

(a)   Cito dal testo del round: punti bonus per chi inserisce nel racconto un 'bullone autosigillante'

(b)   Nel racconto devi avvalerti almeno tre volte del negozio di Romansk: e una! (Ysaahi ha comprato le pustole in lattice)

(c)   Il cadetto cerca di farsi del male per evitare di partecipare alla recita

(d)   Nel racconto devi avvalerti almeno tre volte del negozio di Romansk: e due! (Ysaahi ha comprato il teschio antistress)

(e)   Nel racconto devi avvalerti almeno tre volte del negozio di Romansk: e tre! (Ysaahi ha comprato… lo scoprirete poco più avanti!)

(f)   Qualcuno, nel racconto, ti deve dire questa frase: «HOI! Non mi limiterò a parlarti, passerò alle manieri forti e sta pur certo che ti ucciderò, galeotto schifoso e lurido di un porco.» (PaLotto di Jaÿs)

(g)   Ogni riferimento a ‘Harry Potter e il calice di fuoco’ NON è puramente casuale.