Cadetto YSAAHI

matricola numero 17

STIC Academy New Adventures
è; un gioco di ruolo dello STIC Star Trek Italian Club




DIETRO LE LINEE NEMICHE


Non era la prima volta che veniva teletrasportata ma mai, prima di allora, aveva provato quella strana sensazione di vuoto. Il mondo si stava rimaterializzando intorno a lei eppure aveva l'impressione che i suoi piedi non appoggiassero su nulla di solido.

‘Ma cosa diavolo…’ fece a tempo a pensare Ysaahi, prima che il processo di trasferimento si completasse, lasciando lei e la sua squadra a pochi centimetri sopra il pelo dell'acqua di uno spumeggiante torrente. Caddero con un tonfo sordo, alzando grandi spruzzi e sprofondando nel laghetto creato da una ampia insenatura naturale.

«Salvate le attrezzature elettroniche!» gridò la denobulana, non appena riuscí a riemergere dal bacino, non cosí profondo da essere pericoloso ma sufficiente per inghiottirli da capo a piedi.

Al suo fianco, un ragazzone biondo stava cercando di recuperare il suo zaino. «Maledizione, ho perso le razioni di cibo!» disse, scandagliando con la mano il fondo del torrente.

«Qui c'è l'attrezzatura da campo» disse, poco lontana, la voce di un altissimo umano di colore. «O meglio quel che ne rimane.» Danneggiato dall'urto, l'imballaggio si era aperto disperdendo gran parte del suo prezioso contenuto che ora correva lontano in balia della corrente.

Poco distante, un altro umano cercava di mettersi in piedi tenendo lo zaino sopra la testa. «E pensare che si sono messi a ridere quando ho detto che avrei voluto portare l'attrezzatura da sub. Ehi, la corrente si sta portando via la tenda da campo.»

«Per poco non si è portata via me!» gorgogliò una giovane umana, esile e non troppo alta, emergendo faticosamente dalle acque. Accanto a lei, un'altra ragazza alta e bionda stava cercando di mantenersi in equilibrio: «Che razza di sbarco!» esclamò, scivolando nuovamente in acqua.

Ysaahi non potè che concordare. Si trascinarono a riva, muovendosi con fatica a causa dei vestiti inzuppati, cercando di recuperare quanto più materiale possibile. «Almeno ci siamo tutti!» verificò la denobulana, contando i corpi che, esausti, si erano abbandonati sul soffice manto erboso della sponda. Rimasero sdraiati per diversi minuti, senza parlare, tentando di riprendere fiato; che non li aspettasse una passeggiata ne erano tutti consapevoli ma mai si sarebbero aspettati una partenza cosí movimentata.

«E non abbiamo nemmeno avuto modo di presentarci» disse Ysaahi, puntellandosi su un gomito. «Ci siamo visti tante volte a lezione ma non sono sicura di conoscere i vostri nomi. Mi chiamo Ysaahi.»

«William, ma puoi chiamarmi Billy» le rispose con un cenno l'umano dai capelli castani.

«Io sono Johnny» disse l'umano biondo, indossando un paio di occhiali scuri, appannati dall'acqua. «Gloria» aggiunse, indicando la giovane brunetta sdraiata accanto a lui, «e Jane» concluse indicando l'umana bionda, che alzò stancamente una mano a confermare la sua presenza.

«Il mio nome è Elvin» terminò il giro la ‘torre’ color ebano. Ysaahi era impressionata, non era certa di aver mai visto un umano cosí alto.

«Bene, adesso che ci siamo presentati cominciamo a darci da fare» disse Billy alzandosi in piedi e guardandosi intorno. Gli altri lo guardarono supplicando silenziosamente un altro po’ di riposo ma il giovane sembrava ben intenzionato a prendere il controllo della situazione. «La partenza non è stata delle migliori ma questo posto sembra tranquillo e riparato. Per prima cosa direi di fare l'inventario di quanto siamo riusciti a recuperare e una accurata verifica dei danni subiti, poi decideremo il da farsi.»

Il gruppo approvò senza fiatare. Aprirono con metodo ogni zaino e ogni container, disponendone il contenuto nell'ampia radura assolata. La temperatura era alta, anche se non eccessiva, e il piacevole venticello avrebbe contribuito ad una rapida asciugatura. L'attrezzatura personale era salva, anche se fradicia, mentre parte del materiale da campo e le razioni di cibo erano ormai lontane, trascinate chissà dove dalla corrente. Ma come Ysaahi aveva tristemente previsto, il danno più grave lo accusarono le attrezzature elettroniche.

«Qui non funziona nulla!» annunciò alla squadra che la fissava piena di speranza. «I padd e il computer portatile sono inutilizzabili: è meglio non accenderli fino a quando non si saranno asciugati fino all'ultimo transistor e anche dopo non posso garantire il loro funzionamento.»

«Credevo li facessero a tenuta stagna» disse Johnny, perplesso.

«Anch'io, ma questi non sono i modelli ad alta affidabilità per missioni in aree ostili. Sono attrezzature per uso ordinario in ambienti standard: resistono alla polvere e agli urti, non certo ad un bagno in un lago di montagna.»

«Guardandoci meglio» rincarò la dose Elvin, girando e rigirando i dispositivi tra le mani, «questa non è nemmeno attrezzatura standard. Sono poco più che giocattoli!»

«Mi chiedo perché non ci abbiano dato l'attrezzatura adeguata» mormorò Gloria, tentando inutilmente di accendere un Padd.

«E io mi chiedo se l'abbiano fatto apposta, a teletrasportarci proprio sopra l'acqua invece che in questa radura» aggiunse Ysaahi, con un tono che fece gelare a tutti il sangue nelle vene.

Si guardarono in silenzio, preferendo non sapere quale fosse la risposta.

Quando finí di scivolare lungo il crinale della montagna, fermandosi finalmente sul fondo del burrone, Chantal rimase immobile, cercando di capire cosa fosse successo. Lei e i suoi compagni si erano materializzati proprio sul ciglio del dirupo ed era bastato un niente, un movimento impreciso, il leggero giramento di testa che spesso seguiva una materializzazione, ed erano caduti nel baratro, tutti, uno dopo l'altro, trascinando con loro l'attrezzatura da sbarco. Fortuna aveva voluto che la prima parte del dirupo non fosse troppo ripida, né sconnessa, e che terminasse in un ampio terrazzamento; erano riusciti a fermarsi aggrappandosi alla vegetazione, prima di finire nel baratro sottostante ma la caduta non era comunque stata piacevole. Schiacciata dal peso del suo stesso zaino, la giovane francese sentí dolere ogni muscolo e dubitò di potersi rimettere in piedi da sola. ‘Credo che resterò qui’ pensò, senza neppure tentare di muoversi, ‘e aspetterò che arrivino i soccorsi, che mi carichino su una barella e che mi portino in una comoda e accogliente infermeria. E poi farò un reclamo formale al corpo docente. Perché mai devo essere costretta a partecipare ad esercitazioni come questa? Ho scelto la sezione Operazioni, indirizzo logistica e approvvigionamenti. Il mio posto è in un ufficio, o in un campo base, non certo in prima linea.’

Il fiume delle sue ipotetiche rimostranze fu interrotto da una voce poco lontana. «Ragazzi, state bene?»

Intorno a lei sentí levarsi assensi non troppo convinti. Rimase in silenzio, sperando che si dimenticassero di lei e la lasciassero lí a morire. Speranza vana. «Chantal, sei viva? Dai, non farci preoccupare!»

«Sí Julian, tutto a posto, sono solo un po' ammaccata. Certo che se tu mi aiutassi ad alzarmi…» suggerí, cogliendo al volo le opportunità che la situazione offriva. Lo conosceva, Julian, ed era un gran bel ragazzo.

Quando la liberò dal peso dello zaino e la aiutò a rimettersi in piedi, non fu difficile inciampare e cadergli tra le braccia. «Scusa» disse, sbattendo gli occhioni azzurri, «devo aver sbattuto un ginocchio.»

Un'occasione è un'occasione, pensò, e un buon ufficiale cerca sempre di trarre il massimo vantaggio anche dalle situazioni più negative. Julian l'aiutò a sedersi sopra un masso. «Siediti un attimo mentre verifichiamo i danni. Intanto cerco la cassetta del pronto soccorso.»

Chantal lo guardò con uno dei suoi sguardi più languidi. «Grazie, spero non sia nulla di grave.» Aggiunse un paio di colpi di tosse, giusto per fugare ogni dubbio sul suo precario stato di salute, poi si sistemò più comodamente, osservando l'opera dei suoi compagni.

Nessuno si era ferito gravemente ma coperti di terra da capo a piedi erano veramente un ben misero spettacolo. Sorte peggiore era toccata alle attrezzature: gli zaini erano stati duramente sballottati, per non parlare dei container con le attrezzature supplementari. Uno aveva evitato tutti gli ostacoli del terrazzo naturale ed era precipitato direttamente nel burrone. Un altro aveva urtato duramente contro una roccia, spargendo il suo contenuto tutto intorno.

Chantal aspettò che tutto il materiale fosse recuperato, e sistemato in modo ordinato davanti a lei poi entrò in azione: rotolare per crinali e recuperare materiale non era il suo lavoro, ma inventariarlo e catalogarlo sí.

«Allora, abbiamo perso l'acqua e le razioni di cibo. Delle tre tende da campo dovremmo riuscire a salvarne due. Radio ed equipaggiamento da campo sembrano irrimediabilmente danneggiati. Dovremo cavarcela con l'attrezzatura personale che avevamo negli zaini.»

«Il mio padd non si accende» annunciò Georgina.

«Neanche il mio» gli fece eco Timmy. «Lo schermo è andato in frantumi.»

Chantal sgranò gli occhi. «Si è rotto lo schermo? E' impossibile, il materiale da sbarco è certificato per i terremoti, figuriamoci se può rompersi con una caduta.» Strappò il dispositivo dalle mani del compagno e lo studiò con attenzione. «Questo padd non è standard» disse, senza poter credere ai propri occhi. «Non è materiale della Flotta, è robetta da teenager, fatta per rompersi al primo alito di vento.»

«Ne sei certa?» chiese Ann, verificando a sua volta e arrivando alla medesima conclusione.

«Come è possibile che ci mandino in missione con questa roba?» Dick era esterrefatto. «E poi si lamentano se non riusciamo a completare le esercitazioni.»

«E' un oltraggio alla nostra futura professionalità di futuri ufficiali.»

«Devono essere proprio sul lastrico se cercano di risparmiare in questo modo.»

«Il punto è un altro» si intromise Julian, fino a quel momento insolitamente silenzioso. «Qualcuno di voi ricorda di aver sentito il terreno sotto le suole, quando ci siamo rimaterializzati?»

Intorno a lui si levarono mormorii confusi. «Proprio cosí» riprese il ragazzo, «il processo non era ancora completato che noi già stavamo rotolando.»

«Vuoi dire» mormorò Chantal, «che ci hanno teletrasportato alle coordinate sbagliate?»

«L'alternativa è che ci abbiano teletrasportato esattamente dove volevano ma questa ipotesi» aggiunse, mentre un silenzio di tomba calava sulla squadra, «mi piace ancora meno.»

«Fate attenzione,» gridò A.J. al resto della squadra, «ci attaccano con armi termiche.»

Non aveva neppure finito di materializzarsi che era stato avvolto da un soffio di vapore umido e caldissimo che gli aveva bruciato il fondo schiena e quasi appiccato fuoco al suo zaino. Poco lontano, i container con l'attrezzatura da campo stavano saltando in aria uno dietro l'altro, ricadendo poi al suolo con effetti devastanti.

«Tutti al coperto» gli fece eco Jon, ricadendo a terra dopo essere stato sollevato in aria dal fuoco nemico.

«Mi hanno colpito, mi hanno colpito» gridò Frank in preda al panico. Le volute di fumo che si alzavano dalle suole delle sue scarpe avevano qualcosa di sinistro.

A.J. cercò di non perdere il controllo della situazione. «Al coperto, al coperto» esortò, cercando di individuare un riparo. «E cercate di recuperare l'attrezzatura.»

In mezzo a tutto quel vapore la visibilità era scarsissima e la temperatura rendeva difficile pensare con lucidità. A.J. si obbligò a rimanere calmo. Individuò delle rocce non troppo lontane che sembravano offrire riparo e copertura e le indicò alla sua squadra. Tentando di schivare le bordate che arrivavano da chissà dove, i compagni recuperarono quello che riuscirono a ritrovare del materiale da campo e lo trascinarono al riparo.

«Avete visto da dove sparano gli aggressori?» chiese A.J., quando tutti si furono radunati dietro la naturale barriera di rocce.

«Aggressori? Ma quali aggressori!» sbottò Harlan, esasperato. «Siamo finiti in una radura di geyser in attività. Eruttano vapore ad altissima temperatura e pressione» spiegò a Bonnie ad Arthur che lo guardavano con aria interrogativa, «roba da rimanerci secchi.»

A.J. sbirciò cautamente al di là delle rocce dove ora sembrava essere tornata la calma. «Hai ragione. Devono essere fenomeni ciclici: con la fortuna che abbiamo siamo arrivati proprio nel momento di massima attività. Ora si stanno spegnendo…»

Effettivamente il muro di vapore andava dissolvendosi lasciano intravedere le bocche di centinaia di piccoli crateri. Sparsa un po' ovunque giaceva l'attrezzatura da sbarco.

«Ci sono feriti?" chiese, quando tutti ebbero raggiunto la postazione.

«Solo nell'onore» commentò Jon, controllando il fondo bruciato dei suoi pantaloni. Erano tutti bagnati fradici, coperti da lievi ustioni dovute ai getti di vapore bollente e da escoriazioni causate dalla fuga concitata. Non erano certo un bello spettacolo da vedere ma erano tutti interi.

«Forza, recuperiamo il materiale e portiamolo al sicuro, prima che l'inferno ricominci.»

«L'attrezzatura elettronica prima di tutto. Dov'è il computer da campo?»

«Vicino al radar ad infrarossi, entrambi con i monitor in frantumi: sarà difficile riuscire a farli funzionare.»

«Dovremo cavarcela con i padd e i rilevatori portatili a corto raggio…» ma Frank mostrò loro quel che rimaneva dei dispositivi personali togliendo loro ogni speranza.

«Non è possibile» esclamò A.J. basito. «Si tratta di materiale da sbarco è fatto per resistere a ben altre sollecitazioni.»

«Se è per questo» ribatté Bonnie con rassegnazione. «Anche il teletrasporto è programmato per rimaterializzare la squadra in punti sicuri eppure non mi sembra che abbia funzionato correttamente.»

«Non ha funzionato, o qualcuno ha fatto in modo che non funzionasse?»

La domanda cadde nel vuoto, destinata a rimanere senza risposta.

La squadra dei Misfits aveva deciso di concedersi un po' di riposo, stendendo accuratamente il materiale recuperato perché si asciugasse al caldo sole del pomeriggio, ed asciugandosi loro stessi prima di cominciare la marcia. L'erba era morbida, l'aria calda e il monotono scrosciare del ruscello induceva una irresistibile sonnolenza. Ma dopo quel burrascoso inizio, gli animi erano inquieti, e i sensi all'erta.

Ysaahi stava cominciando ad assopirsi quando un sonoro battito di mani la fece scattare sull'attenti. «Bene, ragazzi» gridò Billy continuando a battere le mani, «direi che è arrivato il momento di rimettersi in moto.» Il ragazzo aveva di fatto assunto la guida della squadra ma Ysaahi e gli altri non avevano avuto nulla da ridire. ‘Per una volta, sarà piacevole lasciare che il mondo lo salvi qualcun altro’ aveva pensato la denobulana, raggiungendo gli altri.

Erano riuniti intorno ad un masso dalla superficie piatta, adatto per essere usato come piano di appoggio. Billy estrasse qualcosa dallo zaino. Ysaahi riconobbe il plico con la mappa che era stato consegnato loro prima della partenza e tirò un sospiro di sollievo.

«La mappa è salva» esultò Gloria, dando voce ai pensieri di tutti. «Avevo paura a chiederlo.»

«Per fortuna l'avevo messa al sicuro in una tasca interna.» Billy era visibilmente soddisfatto ma guardava il plico con sospetto. «Mi chiedo solo perché ci abbiano fornito un supporto cartaceo e non elettronico.»

Elvin prese l'involucro e lo studiò, perplesso. «Per giunta in un contenitore altamente resistente: antishock, ignifugo, waterproof,…»

«Di che vi lamentate?» chiese Johnny che sembrava non condividere i dubbi dei compagni. «Meglio cosí, altrimenti ora staremmo raccattando francobolli di carta sul fondo del laghetto.»

Le ragazze si scambiarono uno sguardo eloquente: in una esercitazione della premiata ditta Sherman & Gozar, nulla succedeva per caso. Ma Johnny non diede segno di pensarla allo stesso modo. «Avanti, tiriamo fuori questa mappa e troviamo la strada: se riusciamo a non perdere altro tempo, potremmo essere al villaggio prima di sera.»

«Sarebbe fantastico! Pensa la faccia che farà Dobermann vedendoci arrivare con largo anticipo.»

«Io mi sento in forma, potrei correre per delle ore.»

«E il terreno qui intorno è pianeggiante: non dovrebbe essere difficile tenere una buona media.»

In mezzo a tanto entusiasmo, la voce di Billy risuonò sgradevole come una campana a lutto. «Ragazzi, abbiamo un problema.»

Cinque paia di occhi lo fissarono mentre dispiegava la carta sul masso, fissandola agli angoli per non farla volare nella brezza leggera. Una grossa X rossa era piazzata al centro di quello che poteva essere la rappresentazione di un villaggio, e un bollo rosso altrettanto grosso indicava certamente la loro posizione. Tra i due simboli, solo pochi segni stilizzati: per il resto il nulla.

Nessuno parlò per diversi secondi, poi Gloria diede corpo ai pensieri di tutti: «Ma è impossibile individuare il percorso: questa mappa è vuota!»

«State scherzando?» gridò Chantal, con una nota isterica nella voce che non riuscí a controllare. «Persino mio nipote di pochi mesi disegna dei paesaggi più verosimili.»

«Questo è tutto quello che abbiamo» la zittí Dick, seccata da quelle esternazioni, «se non ti piace, puoi andarlo a notificare a Dobermann e socio.»

«Puoi scommettere che lo farò, mon amour» ribatté la ragazza, seccata. «Non mi faccio mettere i piedi in testa da quei due solo perché sono grandi e grossi…»

«…e con in mano la tua scheda di valutazione. Dai, Chantal, calmati, non è cosí che risolveremo qualcosa. Ci sarà un modo…»

«Dimmi quale! Non c'è un segno cardinale, né una legenda o l'indicazione della scala. Senza un rapporto di conversione non possiamo sapere se quella macchia azzurra è il mar nero o una pozzanghera cioè se ci conviene aggirarla o saltarci dentro.»

«Cerchiamo di ragionare…»

«Ragionare?» Chantal lo guardò come se fosse un marziano. «Sono stanca, ammaccata, impolverata fino al midollo e lontana anni luce dal mio centro commerciale preferito. Non voglio ragionare, voglio farmi prendere dal panico! Sentite» concesse, accorgendosi di essere ormai ad un passo dalla crisi, «adesso vado a sedermi poco più in là, dietro quella roccia, e cercherò di convincermi che tutto questo non sta succedendo. Voi, nel frattempo, elaborerete un piano e sceglierete una direzione da prendere. E quando tutto sarà deciso, verrete a chiamarmi e ci metteremo in cammino per andare a radere al suolo quel maledetto villaggio. Siamo d'accordo?»

«Ma come possiamo scegliere una direzione se non si capisce neppure da che parte va girata la mappa» esclamò Jon, reprimendo a stento l'istinto di appallottolarla. Al suo fianco Frank ne avrebbe volentieri fatto coriandoli: «Non si capisce nemmeno se questo è il punto di partenza o quello di arrivo.» rincarò indicando una grossa X rossa al centro del nulla.

«Sicuri che non si riesca ad identificare almeno il profilo delle montagne? Quella riga sulla destra…»

«Potrebbe essere qualunque cosa! Avanti, non prendiamoci in giro: i nostri cari istruttori ci hanno giocato proprio un brutto scherzo.»

«Maledetti. Lo dicevo che quei due stavano tramando qualcosa.»

«E l'attrezzatura elettronica è fuori uso! Non possiamo fare rilevazioni topografiche, nè richiamare mappe della zona. per non parlare della possibilità di individuare forme di vita o centri tecnologici.»

«Proprio una bella situazione. E adesso che si fa?»

A.J. si era tenuto in disparte e ascoltava pensieroso le proteste dei compagni di squadra. Forte delle sue aspirazioni nella sezione sicurezza, aveva assunto con autorità la guida della squadra quando si era trattato di affrontare i geiser e recuperare il materiale disperso ma ora sentiva la ledership sfuggirgli di mano. Condivideva tutte quelle rimostranze ma era allo stesso tempo convinto che gli Istruttori non avrebbero mai affidato loro una prova che non fossero stati in grado di superare. Bisognava solo trovare il modo.

‘Chissà cosa farebbe Ysaahi in questa situazione’ pensò, cercando ispirazione. L'amica aveva sempre delle trovate geniali, poco ortodosse forse, ma di solito efficaci: avrebbe sicuramente trovato una strada.

«Ragazzi, ho un'idea!» gridò, folgorato da una intuizione. I compagni lo guardarono con un misto di sospetto e speranza. "Anche due carogne come Sherman e Gozar non possono venire meno alle norme minime di sicurezza: il segnalatore di emergenza deve funzionare.»

Jon si affrettò a cercarlo tra l'attrezzatura ormai inservibile: era un piccolo dispositivo elettronico, realizzato secondo i più alti standard di resistenza, fatto per emettere un segnale omnidirezionale su una precisa frequenza di emergenza, utilizzata per le operazioni di ricerca e soccorso in caso di incidente. I led sul frontalino pulsavano con ritmo regolare.

«Ok, funziona» confermò, «ma che ce ne facciamo? Può solo trasmettere una portante.»

«Uguale per tutti e modulata in ampiezza per differenziare le squadre. Se riusciamo ad analizzare l'interferenza causata dall'interazione delle portanti potremmo identificare approssimativamente in che direzione si trovano le cinque squadre»

«E…» lo invitò a proseguire Frank, sicuro che A.J. non avesse tutte le rotelle a posto.

«Ma non capite? Le squadre sono cinque, il villaggio da attaccare è uno solo: se io fossi uno degli istruttori avrei teletrasportato le squadre intorno all'obiettivo, indicativamente negli spigoli di un pentagono con il villaggio al centro: tutti avrebbero la stessa distanza da percorrere mantenendo la separazione massima, limitando le possibilità di interazione. Se riusciamo a stimare la posizione delle squadre, tracciando una circonferenza e stimandone il centro potremmo riuscire ad identificare la posizione approssimativa del villaggio.»

«Voi avete capito qualcosa?» chiese Bonnie, guardando i compagni. Tutti scossero la testa.

A.J. squadrò la truppa e decise che era giunto il momento di prendere in mano la situazione. «Cominciate a radunare il materiale e zaini in spalla! Con qualche rilevazione e un po' di fortuna saremo in marcia verso il villaggio prima di sera. Fidatevi di me, so quel che faccio!»

Chantal represse un pensiero omicida. Quando Julian cominciava a parlare come Sherman, gli avrebbe dato volentieri un colpo in testa. E dire che era stata lei a proporre un piano d'azione, quando gli altri stavano per farsi prendere dallo sconforto, con gli strumenti elettronici fuori uso e una mappa impossibile da decifrare.

«Che ci vuole?» aveva sbottato Chantal, stanca di tutti quei piagnistei. Aveva cercato di immaginare cosa avrebbe proposto la vulcanica mente di Ysaahi, e la soluzione era arrivata da sola. «Siamo in posizione sopraelevata, abbiamo una vista privilegiata su tutta la zona. Se la simulazione è realistica - e lo sarà, conoscendo Gianni e Pinotto dell'Apocalisse - il villaggio non sarà poi cosí piccolo: se abbiamo un colpo di fortuna, basterà il binocolo per identificarlo. E se anche lo avessero mimetizzato, sarà sufficiente identificare i punti di sbarco delle altre squadre: saranno sicuramente disposte intorno all'obiettivo. Miriamo al centro e troveremo il villaggio.»

L'avevano guardata con stupore, alcuni anche con ammirazione.

«E' una grande idea!» aveva concluso Julian. «Prendete i binocoli e cominciate a cercare.»

Il villaggio non l'avevano identificato ma trovare le altre squadre non era stato difficile: un filo di fumo da una parte, un improvviso volo di uccelli dall'altra avevano tradito la presenza di esseri viventi. E Julian, ormai al comando della squadra, aveva trascinato il suo gruppo giù per impervi sentieri, a tutta velocità, verso il presunto obiettivo.

‘Ma dove ci sta portando?’ si chiese Ysaahi marciando a ritmo serrato dietro ai suoi compagni. Billy non aveva avuto dubbi, per lui la mappa era chiara: quel segno sulla destra non poteva rappresentare altro che il profilo delle montagne, quello sulla sinistra era certamente il fiume, gli altri segni dovevano rappresentare la foresta. La direzione giusta non poteva essere che una. Ysaahi avrebbe avuto qualcosa da ridire: l'interpretazione era troppo semplicistica, non all'altezza del genio criminale di S&G. Anche con l'attrezzatura elettronica fuori uso avrebbero potuto tentare qualche rilevamento: forse non avrebbero avuto dei dati completi ma qualche indicazione più sicura dell'interpretazione spannometrica di una mappa taroccata sarebbe di certo venuta fuori. Per non parlare della possibilità di sfruttare il segnalatore di emergenza: quei segnali dovevano essere rilevabili e con una semplice estrapolazione avrebbero avuto la posizione delle altre squadre e, forse, del villaggio. E poi c'erano i binocoli: quelli non erano andati in frantumi. Certo avrebbero dovuto guadagnare una posizione adeguata, salire su un albero o risalire il crinale della montagna, ma sarebbe stato tempo ben speso. Aveva tentato di dire qualcosa ma non si sentiva nella sua forma migliore: la testa le girava, faceva fatica a concentrarsi, si sentiva debole. Probabilmente stava covando una qualche forma di influenza: il bagno nell'acqua gelida doveva aver lasciato qualche segno cosí, quando il gruppo aveva aderito entusiasticamente alla chiamata di Billy, non era riuscita ad opporsi, lasciandosi trascinare in quella pazzia. E ora, ad ogni passo, si rimproverava per questo errore.

Erano in marcia da ore senza nessuna indicazione che confermasse la correttezza della loro scelta. Non c'erano stati altri incidenti e questo per Ysaahi era un pessimo segno. Era pomeriggio inoltrato, non doveva mancare molto al tramonto: la prudenza avrebbe consigliato di cominciare a cercare un posto sicuro per montare il campo per la notte, ma Billy non dava segno di volersi fermare.

«Ancora un poco» diceva, tentando di incitare il gruppo. «Potremmo addirittura arrivare al villaggio prima di sera.»

Ysaahi si astenne da ogni commento: in una esercitazione di massimo 48 ore era improbabile che ce ne volessero meno di 49 per completarla e il primo giorno era ben lungi dal terminare.

Procedeva meccanicamente, dedicando ogni energia nel difficile compito di mettere un piede davanti all'altro. Ormai era certa di avere la febbre ma preferí non dire nulla per non aggiungere ulteriori motivi di ritardo e preoccupazione. Improvvisamente, ad un imperioso cenno del suo leader, il gruppo si fermò. Cercando di interpretare i gesti di Billy, tutti tesero le orecchie, irrequieti. Un brusio indefinibile si era sovrapposto ai soliti rumori della foresta: alcuni suoni più acuti, alcuni tonfi sordi, scricchiolii, cigolii. «Deve essere il villaggio» sussurrò Johnny, con soddisfazione.

«Sicuramente non si aspettavano che qualcuno potesse arrivare cosí presto» gli fece eco Elvin. «Potremmo tentare di prenderli di sorpresa.»

«Non senza un'adeguata ricognizione» li redarguí Billy con decisione. Ysaahi, per nulla convinta della situazione, approvò quel primo barlume di lucidità. «Il bosco sembra finire poco più avanti e sicuramente non ci hanno ancora rilevato. Avanziamo compatti fino ai margini e diamo un'occhiata, poi ritiriamoci per fare il punto della situazione. Mi raccomando, non giochiamoci il fattore sorpresa.»

Mentre il rumore cresceva progressivamente, avanzarono compatti fino all'ultima fila di alberi sporgendosi cautamente per non farsi vedere. Ma quello che apparve davanti ai loro occhi fu al di là di ogni più fantascientifica previsione.

In una larga area attrezzata, famiglie con bambini di ogni razza ed età schiamazzavano allegramente; c'erano tavolini disponibili per il pic-nic, parchi giochi per grandi e piccini, pannelli turistici, chioschi e negozi di souvenir. Il prato era ricoperto da plaids colorati e da persone intente a prendere il sole, leggere, giocare a carte o dormire saporitamente. Sciami di bambini correvano a destra e a manca, assaltando giostre e altalene, o dedicandosi ai tipici giochi che si fanno all'aria aperta.

‘Ho la febbre alta’ pensò Ysaahi, ‘ho le allucinazioni.’

Ma, vicino a lei, Gloria emise un grido strozzato. «E questo… che roba è?»

«Dubito che si tratti del villaggio da liberare…» mormorò Elvin con un filo di voce. Ormai erano usciti allo scoperto, troppo stupiti per potersi preoccupare ancora della strategia e della tattica.

Un piccolo ferengi armato di fucile faser si parò davanti a loro con un gruppo di compagni. «Finalmente li abbiamo trovati: ecco gli invasori.»

Billy era senza parole. «Io… non capisco…» Mai il bambino non era disposto a farsi intimorire. «Silenzio, alieno! Consegna le tue armi e arrenditi alle forze della Federazione.»

«Ma le forze della Federazione siamo noi!» esclamò Johnny, ormai in stato confusionale. Fece un passo avanti. Fu una mossa sbagliata.

«Fuoco!» gridò il piccolo facendo segno alla sua squadra. Tutti spianarono la propria arma e fecero fuoco… bagnando il malcapitato da capo a piedi con le loro armi ad acqua.

«Oh no, non un altro bagno» piagnucolò Ysaahi, eclissandosi dietro una grossa sequoia. La squadra fu salvata dal provvidenziale intervento di quello che presumibilmente era un parente del giovane killer.

«Tog, lascia stare i signori. Ti ho detto mille volte che non devi bagnare le persone. Dovete scusarlo» aggiunse, «è un bambino molto vivace.»

Billy mormorò qualche parola di circostanza, Johnny si nascose dietro ai suoi occhiali scuri per evitare di incenerire il moccioso e i suoi amichetti.

«E ora che si fa?» chiese Gloria, quando la famigliola si fu allontanata. Erano seduti in circolo ai margini del prato, stanchi e demoralizzati. Billy era il più abbacchiato di tutti: non era cosí irresponsabile da non sentire il peso delle decisioni sbagliate che aveva preso ma sembrava aver esaurito le energie per poter tentare di trovare un rimedio. Ysaahi sentí che era giunto il momento di intervenire.

«Per prima cosa, ci accampiamo qui per la notte» propose, con un tono che non ammetteva repliche. «Mangiamo un pasto caldo, dormiamo saporitamente e domani mattina presto ci rimettiamo in marcia nella direzione giusta.»

«Ma qual è la direzione giusta?» piagnucolò Jane.

«Adesso vediamo di fare qualcosa per scoprirlo. Elvin, prendi l'attrezzatura e guarda se c'è qualcosa che funziona: l'acqua infiltrata ormai dovrebbe essersi completamente asciugata. Gloria, Jenny: fate il giro dei tavoli e guardate se riuscite a farvi dare gli avanzi di qualche pic-nic: abbiamo solo un residuo di razioni di emergenza e il nostro morale ha bisogno di qualcosa di meglio. Johnny, tu cerca mappe, cartine, materiale pubblicitario. Billy, vai con lui: prendi la mappa, confrontala con i pannelli turistici e vedi se riesci a trovare una corrispondenza con i simboli stilizzati e le posizioni segnate. Dobbiamo riuscire a capire dove siamo, dove eravamo e dove si trova il villaggio. Ottimismo!" esclamò, quando cinque paia di occhi la guardarono con scetticismo. "La partita è ancora lunga, non dobbiamo darci per sconfitti!»

L'ottimismo di Ysaahi cominciò però a venire meno quando Elvin, dopo aver esaminato l'ultimo tricorder, scosse la testa. «Niente da fare» confermò, affranto «nessuno degli apparecchi si è salvato. Ad uno si è rotto il monitor, nell'altro sono saltati i chip isolineari. Certo potremmo tentare di riparane uno con i pezzi degli altri ma temo sia un lavoro lungo e difficile.»

«Già» la denobulana, «e con questa attrezzatura di bassa qualità non possiamo nemmeno essere certi del risultato finale.»

«Bassa qualità? Puoi dire infima» rincarò la dose l'umano. «Sherman deve averla trovata nelle merendine ferengi. Persino i bambini usano delle console con prestazioni migliori.»

Ysaahi lo fissò, pensierosa, poi i suoi occhi cominciarono a brillare per l'emozione. «I bambini, hai detto? Dov'è quella piccola peste che è venuta a chiedermi se ero un alieno buono o cattivo e se mi poteva sparare? Aveva una XBox999 di ultimissima generazione.»

«Quello?» chiese Elvin, indicando un ragazzino umano a pochi tavoli da loro.

«Quello!» confermò Ysaahi, partendo alla carica.

Ritornò dopo pochi minuti con la preziosa console ma rossa come un peperone. Elvin gliela strappò di mano cominciando subito ad interfacciarla con gli altri strumenti: «Ysaahi, sei grande: resistenza a parte, questa console è molto meglio della media dei nostri materiali.» Si fermò sentendo che la denobulana non rispondeva. «Ehi, ma che è successo?»

«Non mi hai visto?» chiese lei, con gli occhi colmi di odio e le orecchie che fumavano. Il ragazzo scosse la testa ed Ysaahi esplose. «Ho chiesto la console in prestito ai genitori che si sono detti disposti a lasciarmela fino alla fine dell'esercitazione ma nemmeno loro sono riusciti a strapparla dalle mani del moccioso. 'Te la do se reciti per me una filastrocca'. Una filastrocca, capisci?»

«E tu che hai fatto?» la stuzzicò Elvin, trattenendo una risata.

«Cosa vuoi che abbia fatto: ho filastroccato! 'Ma che strano, io non sapevo che un denobulano…' Con tutta la mimica per giunta: mi sono stirata il collo per guardare i borg a naso in su. E alla fine sai cosa ha avuto il coraggio di dire, la piccola blatta? Che 'Ci son due coccodrilli' è molto meglio. Non so cosa voglia dire, ma nulla può essere meglio di 'Ma che strano'»

«E' una canzone terrestre molto nota» spiegò Elvin, ridendo senza ritegno. «Non te la prendere, hai avuto una grande idea: con l'aiuto di questo gioiello riusciremo sicuramente a riportare in vita qualcosa.» ¹

«E con l'aiuto di questi, riusciremo sicuramente a tenere in vita noi stessi» annunciò Gloria arrivando con le braccia cariche di vivande. Dietro di lei, Jenny portava thermos e bottiglie mentre Johnny e Billy chiudevano la fila sventolando una enorme cartina.

Ysaahi sorrise compiaciuta: con un po' di fortuna, sarebbero certamente riusciti a raddrizzare le sorti di quella infelice esercitazione.

Quando il tricorder diede i primi segni di vita, i Misfits esplosero in un applauso. Avevano avuto l'autorizzazione dai custodi di campeggiare nell'area attrezzata anche oltre l'orario di chiusura e avevano potuto banchettare con salsicce calde, hamburger e torta di mele.

«Elvin, sei grande!» aveva esclamato Billy, tornato allegro ed entusiasta.

«Il merito è anche di Ysaahi» si scherní Elvin, ma la denobulana negò con determinazione. «Ah, no: io ho dato un piccolo contributo, il resto è tutto merito tuo.»

Johnny diede segni di insofferenza. «Vogliamo finirla con i complimenti e leggere finalmente il risultato della scansione? Avanti, genietti, qual è la situazione?»

Elvin dispose il monitor in modo che tutti lo potessero vedere. «Ho scaricato la mappa della zona. L'area militare è facilmente identificabile. Questo è il punto in cui siamo stati sbarcati mentre quassù» aggiunse, indicando un punto ai bordi della mappa, «è dove siamo adesso.»

«E quella estesa area grigia al centro?» chiese Gloria, incuriosita.

«Il tricorder non riesce a rilevare nulla, sembra una zona a schermatura totale.»

«Sherman e Gozar volevano essere sicuri che non potessimo usare i tricorder, o qualunque altro tipo di attrezzatura elettronica.»

«E' probabile. Una volta entrati sotto lo scudo, qualunque dispositivo diventa inservibile. Sono sicuro che nemmeno i rilevatori di emergenza siano rilevabili.»

«Quindi è probabile che il villaggio si trovi al centro della zona buia e questo» aggiunse Gloria, confrontando la loro scarna mappa con le precise informazioni del computer, «tornerebbe con le posizioni indicate.»

Ysaahi studiò la mappa a sua volta. «Se tracciamo una retta tra la presunta posizione del villaggio, il nostro punto di sbarco e la nostra posizione attuale, viene fuori una retta. In fondo non hai sbagliato la direzione ma solo il verso» concluse, appoggiando una mano sulla spalla di Billy.

«Se è per questo, ho anche sottostimato il modulo: pensavo che i due punti fossero molto più vicini. E adesso siamo in capo al mondo.»

«Riusciamo a determinare la posizione delle altre squadre?» chiese Jane, speranzosa. Elvin lavorò un po' sulla tastiera e tre aloni rossi comparvero intorno alla zona schermata, non troppo distanti dal confine. «La rilevazione termica non è precisissima ma è tarata sulle forme di vita umanoidi.»

«Vedo solo tre squadre…»

«Una sarà già sotto lo scudo, e scommetto che si tratta di quella di Quinroy» disse Ysaahi senza nascondere un moto di disgusto.

Gloria la fissò perplessa. «Ma è proprio cosí antipatica? Io non l'ho neanche presente.»

«Fidati, Glo, quella non è nemmeno umana. Deve essere un androide! Non può esistere un essere vivente cosí schifosamente perfetto.»

«Secondo me, sei solo invidiosa…» la stuzzicò Billy, strappando la tastiera a Elvin per cercare immagini di Beatrix in rete.

«Certo che lo sono» concesse Ysaahi, «ma questo non mi impedisce di vedere le cose dalla giusta prospettiva.»

«Anch'io la sto vedendo dalla giusta prospettiva,» mormorò Johnny incantato, contemplando un filmato amatoriale con B.Q. in bikini impegnata a fare il bagno in piscina.

«Falla vedere anche a me» disse Billy, cercando di sbirciare sopra le spalle di Johnny. «La prospettiva, intendo» chiarí, schivando la gomitata di Ysaahi.

«Gran bella prospettiva» confermò Elvin, unendosi al gruppo.

La denobulana li guardò, disgustata. «Dovreste vergognarvi, non sapete pensare proprio ad altro?»

Johnny si strinse nelle spalle. «Secondo me, sei tu che dovresti allargare le tue prospettive!» disse, scatenando le risate del gruppo.

«Aspettate solo che quell'androide vada in blocco per un corto circuito e allora vedremo chi sarà a ridere!» ribatté Ysaahi risentita. «Intanto sta andando a vincere l'esercitazione, un ennesimo splendido voto e l'eterna stima di Sherman e del suo tirapiedi. Uhhh, come vorrei fonderle dei marsh mellows nei capelli. Vedere tutto quello zucchero incollarsi alle sue splendide chiome, uno sciame di insetti aggredirla attirato dall'odore dolciastro e lei costretta a fuggire a gambe levate. Che spettacolo delizioso.» ²

«Avanti, smettiamola dire sciocchezze» li redarguí Gloria. «Stavo pensando che anche i nostri nuovi strumenti cesseranno di funzionare una volta entrati nell'area schermata. Non possiamo metterci avanti e preparare qualche piano d'azione per l'attacco al villaggio?»

«E come possiamo?» Billy si sentiva inerme. «Non sappiamo cosa ci aspetta là sotto, non conosciamo quanto grande è il villaggio, come sia fatto, se sia protetto da mura, se è protetto da alieni armati… non sappiamo nemmeno dove si trova esattamente.»

«Questo non è propriamente vero» disse Johnny stendendo sul prato un enorme poster. «Mi avete mandato a cercare cartine?» spiegò ai compagni che lo guardavano a bocca aperta. «E io ne ho trovata una piuttosto vecchia, che risale certamente ad un periodo in cui la zona non era interdetta ed era quindi piena di piste turistiche. Certo, ho dovuto staccarla da un muro ma mi sembra che ne sia valsa la pena.»

Gloria gli buttò le braccia al collo baciandolo su una guancia. «Oh, Johnny, questo è stato proprio un colpo di fortuna!»

«Di genio, bambina, di genio!»

«E cosí, domani sapremo esattamente quali sentieri percorrere per arrivare proprio qui» disse Billy, indicando un'ampia radura al centro della mappa. «Al villaggio coloniale!»

«Sei stato sveglio tutta la notte?» chiese Gozar, raggiungendo Sherman nella sala di controllo dell'Accademia. Era ancora presto ma ovunque fervevano già le prime attività della giornata. L'umano accettò il bicchiere di caffè fumante con un grugnito di ringraziamento.

«No, ma ho dormito qui: sono sempre un po' inquieto quando è in corso una esercitazione, non si sa mai cosa può succedere.»

«La prima notte è sempre tranquilla, è la seconda che, di solito, fa qualche vittima» sogghignò l'angosiano, pregustando il programma della serata. «Situazione delle squadre?»

«Quella del cadetto Quinroy è in netto vantaggio, le altre sono nella media. A parte i Misfits, che sono riusciti a perdersi al punto da uscire dalla zona militare.»

«Davvero?» Gozar era realmente sorpreso. «Erano anni che nessuno faceva più un errore del genere. Forse ci siamo andati un po' troppo pesanti.»

«Per un tuffo nell'acqua e un po' di attrezzatura avariata? Avanti, siamo seri: ci deve volere ben altro per abbattere un Cadetto della Flotta! Comunque sono ancora in gioco, anche se le loro quotazioni sono scese. Ora li pagano 70 a 1.»

«Erano dati 5 a 1! Alla Maxwell verrà un coccolone, ha puntato forte su questa squadra.»

«Le è già venuto! E' piombata qui stamattina presto per controllare la situazione e non è stata molto contenta di quello che ha visto.»

«Altre visite?»

«Tutti, come al solito: il Rettore con De Leone ad una incollatura, Vinsar, Leneorath, persino Stark…»

«E il bello deve ancora venire: cosa prevede il programma di oggi?»

Sherman si fregò le mani, richiamando a video l'elenco di quelli che lui definiva 'i contrattempi'.

«Fammi vedere… Dovrebbe già essere andato in onda 'mattinata con l'orso'…»

«Andiamo, ragazzi, è solo un tenero orsacchiotto» esclamò Ysaahi chinandosi per accarezzare l'animale. Johnny, che era di guardia, aveva svegliato tutti quando aveva sentito strani rumori provenire dall'area dove avevano sistemato il materiale ma il colpevole si era subito fatto beccare con il muso dentro quel che rimaneva delle razioni di emergenza. Era molto piccolo, con il pelo arruffato e la faccia simpatica: "Non può essere pericoloso" aveva pensato Ysaahi, tentando di sollevarlo. Pericolosa era invece la madre che si era materializzata alle sue spalle e ora la sovrastava, eretta sulle zampe posteriori. Era stato il terrore dipinto sul viso degli altri a mettere in allarme la denobulana, a indurla a voltarsi con circospezione e poi a fuggire a gambe levate con tutta la squadra al seguito mentre gli orsi si dedicavano ad un sistematico saccheggio. ³

«Hai ancora la variante con i procioni?» chiese Gozar. Shermann annuí energicamente indicando l'icona di una delle squadre.

Chantal non pensava ci si potesse sentire cosí bene a dormire in un sacco a pelo in mezzo al parco di Yellowstone. Si sentiva accarezzata in tutto il corpo da qualcosa di morbido e caldo che le dava una piacevole sensazione. Forse era già ora di svegliarsi. "Harry, caro, stringiti a me" mormorò riemergendo pian piano dal sonno: si stirò voluttuosamente, cercando il contatto con quella morbida pelliccia quando, aprendo gli occhi, si trovò faccia a faccia con un procione che si era intrufolato nel suo sacco a pelo. Scattò in piedi con un grido disumano: "Via, animali cattivi!" gridò cominciando a fare più rumore possibile per spaventare le bestie. L'effetto fu solo quello di svegliare di soprassalto i suoi compagni e di scoprire cosí di non essere stata l'unica a ricevere visite. Per non parlare delle razioni di cibo, e di ogni altro oggetto non troppo pesante per essere spostato, il tutto sparso in una vasta area circostante.

«Per il cadetto Quinroy avevo pensato ai serpenti ma si sono dispersi in ogni direzione invece di puntare sul loro campo.»

«Quella ragazza ha tutte le fortune» concordò Gozar. «Aspetto sempre con ansia l'assalto degli indiani.»

«Non vedo l'ora di vedere il video» disse Sherman, con un certo compiacimento, «quest'anno ho superato me stesso.»

«Io ho letto questo libro» stava dicendo il capo indiano, sollevando il volume sopra la testa per mostrarlo a tutta la tribù mentre A.J. e la sua squadra, trascinati con la forza al villaggio, venivano legati come salami a vari totem. «E non ho capito una sola parola» concluse avvicinandosi al ragazzo che lo guardò senza capire. Per la verità, non riusciva a capire nulla di quanto stava succedendo. Come era possibile che ci fossero ancora riserve indiane nel parco di Yellowstone? Forse avevano sconfinato ed erano finiti in una zona vietata? Le braci che ardevano poco lontano non gli piacevano per nulla: e se avessero preteso che tutti i prigionieri affrontassero la prova del fuoco? A.J. ne aveva solo sentito parlare ma non aveva nessuna voglia di sperimentarla di persona.

«Una compagnia di figuranti?» Gozar era estasiato davanti al genio creativo del collega.

«Sí, degli entusiasti che passano il loro tempo a guardare vecchi olo-movie, ad impararli a memoria, a cucirsi degli abiti uguali a quelli dei personaggi per poi recitare le stesse scene.»

«Dei pazzi!»

«Sí ma molto utili: hanno recitato cosí bene che la Banda ci ha messo mezza giornata a capire il trucco e a convincere il capo a liberarli.»

«Dimmi che ci hai messo anche i cow-boy…»

«E il serial killer in fuga, e la carovana amish…»

«Meraviglioso. I fantasmi in programma per questa notte sembreranno loro un'oasi di pace. Quando stimi l'arrivo della prima squadra?»

«Le Charlie's Angels stanno andando molto forte ma non faranno l'errore di non riposare durante la notte. Saranno sull'obiettivo a metà mattina.»

Gozar si fregò le mani, soddisfatto. «Allora aspettiamo domattina per trasferirci nella sala ausiliaria, giù al villaggio. Vado, ho lezione. Avvertimi se qualcuno finisce nel campo minato.»

«Contaci» lo tranquillizzò Sherman. «Adoro vederli saltare in aria sulle mine ad aria compressa.»

Le cose andarono come Sherman aveva previsto. La squadra di Quinroy fu la prima ad arrivare e a trovare il piccolo villaggio coloniale. Era delimitato da una semplice palizzata, protetto da un fossato e da due piccole torri di guardia ai lati della porta. Il ponte levatoio era abbassato. Intorno non si vedeva anima viva.

Non potendo fare rilevazioni si limitarono ad una ricognizione esterna: visto che non c'era evidenza di apparati difensivi né di uomini preposti allo scopo decisero di tentare la strada più semplice, cioè entrare dalla porta. Ma non riuscirono a fare che pochi passi oltre la palizzata prima di essere colti da un senso di ansia crescente che divenne presto panico puro.

«Vi dico che c'è qualcuno» piagnucolava Jill, incapace di proseguire.

«Mi ha sfiorato, mi ha sfiorato!» gridò Kelly aggrappandosi al braccio di John.

«Aaahhh!!!» gridò questi con una potenza tale da far venire a tutti un colpo apoplettico.

Beatrix Quinroy guardava queste scene di isteria pura senza capire. «Ma che vi prende?» chiese stizzita. «Non c'è nulla, è solo la vostra immaginazione.»

«Io, qui dentro, non ci sto un minuto di più!» dichiarò Sabrina con decisione. Fece dietro front e cominciò a correre a gambe levate, seguita dal resto della squadra. A B.Q. non rimase altro che ritirarsi in buon ordine: le regole dicevano che l'intera squadra doveva portare il vessillo sulla torretta di guardia e la ragazza dubitò di poter convincere i suoi compagni a fare un solo passo all'interno del villaggio.

A distanza di qualche ora, la storia si ripeté con l'A-team e poi con i Chips: la squadra di A.J. tentò di forzare l'entrata posteriore – «Bisogna sempre entrare da dietro» aveva sentenziato quando Frank gli aveva fatto notare che la porta anteriore era aperta - ma uscí poi da quella anteriore veloce come era entrata. La Banda dei Sei non ebbe miglior fortuna: Chantal si rifiutò di proseguire quando era ancora sul ponte levatoio, gli altri resistettero poco di più.

Nella sala di controllo ausiliaria, nascosta all'interno di uno dei bunker e perfettamente schermata, Sherman e Gozar se la spassavano come dei matti.

«Te l'avevo detto: il mio nuovo mix di infra-ultrasuoni è letale. Unito alle proiezioni olografiche subliminali creano una sensazione di panico di intensità tale da non permettere ad una persona che non sia cieca e sorda di proseguire.»

«E visto che non puoi tentare l'attacco due volte, se anche intuisci qualcosa durante la prima azione non puoi trovare dei rimedi e riprovare. Adesso capisco perché hai voluto solo umani nelle squadre.»

Shermann annuí. «Le emissioni sono tarate per avere il massimo effetto sulla fisiologia umana. Mi ha stupito la resistenza del cadetto Quinroy. Il cadetto Ysaahi, invece, era un esperimento.»

«A proposito del cadetto Ysaahi» chiese Gozar, guardando l'orologio, «dove sono finiti i Misfits?»

«Stavano recuperando terreno, erano entrati sotto lo scudo a poca distanza dalla Banda.» Sherman controllò il cronografo a sua volta. «Strano, ormai dovevano essere qui.»

«Aspettiamo, sarà questione di minuti.»

Ma i minuti passavano e dei Misfits non vi era traccia. Sherman cominciava ad essere inquieto. «Questa storia non mi piace per niente» disse, rivolto al collega. «Vuoi vedere che hanno trovato l'ultima tribù di indiani Chiricawa del pianeta che ora stanno pulendosi i mocassini con i loro scalpi?»

«Parli sul serio?» chiese Gozar, interdetto.

«Certo che no, ma quando c'è di mezzo il cadetto Ysaahi non mi stupisco più di niente. Manca poco alla fine dell'esercitazione, ormai non arrivano più. Andiamo a cercarli, non voglio averli sulla coscienza.»

«E come? Siamo sotto lo scudo, non è possibile rilevare forme di vita. E se anche lo spegni, occorre quasi un'ora perché si depolarizzino gli accumulatori e gli strumenti ritornino a funzionare.»

«Organizzeremo delle squadre di ricerca. Abbiamo quattro squadre di cadetti, ci separeremo e batteremo il bosco circostante palmo a palmo muovendoci verso l'ultimo punto in cui sono stati rilevati. Nel frattempo torneranno attivi gli strumenti e potremo eventualmente fare intervenire i mezzi di soccorso.»

«Ok, spengo tutto e stacco il generatore centrale. Si disattiveranno anche i sistemi difensivi ma che importa? Tu, intanto, disponi le squadre. Ci vediamo tra qualche minuto nel piazzale.»

Quando sbucarono nel piazzale, Ysaahi stava ancora dicendo a Billy tutto quello che pensava di lui.

«Non posso credere che tu non sappia leggere una cartina, è che sei distratto!»

«Quante storie, solo perché ho fatto una curva a destra invece che a sinistra e vi ho fatto fare un giro un po' più lungo.»

«Un po' più lungo? Ci abbiamo girato attorno a questo maledetto villaggio» sbraitò Ysaahi. Si fermò, vedendo tutti gli altri che li fissavano, indicando un punto alla loro destra. Si voltarono con circospezione.

«Oh, il villaggio!» esclamò Ysaahi con aria un po’ ebete. «Finalmente ci siamo arrivati.»

«Sí, ma dove sono tutti gli altri? Pensavo di trovare le altre squadre arrivate prima di noi: qualcuno sarà pur riuscito a liberare il villaggio.»

«Io non vedo nessun vessillo sventolare sul pennone.»

«Che abbiano abortito l'esercitazione?»

«Forse è questa, l'esercitazione. Adesso dobbiamo attaccare. Studiamo un piano di azione.»

«Ma che piano d'azione» sbottò Ysaahi, controllando l'ora. «Mancano solo cinque minuti allo scadere del termine, non abbiamo tempo di studiare nulla. Andiamo dentro e vediamo quel che succede… e ricordatevi di dire qualche preghiera» aggiunse, incamminandosi risoluta.

«Quella è pazza» bisbigliò Billy seguendola a pochi passi.

Elvin e Johnny si strinsero nelle spalle. «Se vanno loro…» disse il primo, avviandosi a sua volta, tallonato dal secondo.

«Ehi, non vorrete lasciarci qui!» gridarono le ragazze, raggiungendoli.

E cosí i sei entrarono guardinghi ma risoluti, sorpresi di non trovare ostacoli ma senza il tempo per farsi troppe domande: raggiunsero la torretta di guardia, si inerpicarono su per la stretta scaletta e issarono la loro bandiera sul pennone. Il suono lancinante di una sirena decretò la loro vittoria.

 

Note

¹   PaLotto di Serok: Ysaahi supera una prova (la carognata degli Istruttori di aver lasciato il gruppo senza strumenti elettronici) grazie ad una filastrocca con gesti e movimenti.

²   Paletto numero 2: Ysaahi usa un marsh mellows per fermare un membro di un’altra squadra… solo in sogno perché nel racconto le squadre non interagiscono

³   Paletto numero 1: Ysaahi deve vedersela con un orso goloso.