Cadetto YSAAHI

matricola numero 17

STIC Academy New Adventures
è un gioco di ruolo dello STIC Star Trek Italian Club




LA STORIA IRREALE


Dal testo del round:

«Bene» disse infine l’Istruttore in carica, «allora siamo tutti d’accordo?» Guardò gli astanti uno ad uno che annuirono. «Allora faremo un round in metanarrativa.»

«Ok, ma dobbiamo inserire un colpo di scena.»

«Sì, ma quale?»

Improvvisamente la porta della stanza si spalancò e dalla soglia si sentì dire: «Cosa ne pensate di questo?»

Tutti si voltarono a guardare il nuovo venuto.

«Potrebbe funzionare.»

«E' una buona idea.»

«Nessuno se lo aspetterebbe.»

«Ok, è andata!»

UN ROUND DI ORDINARIA FOLLIA (genere metanarrativa): decidi di essere TU (non il tuo personaggio) la persona che entra all’improvviso, come colpo di scena, all’interno della stanza per aiutare a sviluppare la trama che il tuo cadetto – e quello di tutti gli altri giocatori – dovranno affrontare nel loro ultimo round.

«Certo ragazzi che è proprio un colpo basso» dissi, entrando nella stanza. «Non basta tutta la fatica che ci avete fatto fare per risolvere le vostre trame? Ora dobbiamo anche scriverci il round?»

«Mors tua, vita mea» replicò uno dei presenti, sogghignando. «E poi di che ti lamenti? Puoi sempre scegliere una delle altre quattro trame.»

«Fosse facile» replicai, sconsolata. «Il 'Cadetto che visse nel futuro' è improponibile: mi sono giocata gli ultimi neuroni nel tentare di seguire le linee temporali delle Ysaahi del ventesimo round e di viaggi nel tempo non voglio più sentirne parlare.»

«Che ne dici de 'Il mistero degli ufficiali'? Mi sembrava che le precedenti prove di genere avventuroso ti fossero piaciute.»

«Eccome se mi sono piaciute, proprio per questo non penso di poter inventare nulla di originale su quel fronte.»

«Il musical?»

«Meglio di no, o finisco per far cantare 'Mamma mia!' a tutta l'Accademia! Ultimamente sono un po' monotematica sull’argomento. Mi intriga il 'Cluedo Accademico', ma tanto è stato il colonnello Ketchup, in cucina, con il coltello…»

«Te l'avevo detto che era troppo banale» disse una voce non identificata, subito zittita.

«…così non rimane che il 'round di ordinaria follia' » continuai, con un sospiro. «Certo che il titolo è azzeccato: ci avete mai proposto una situazione che fosse meno che folle in tutto questo terzo ciclo?»

«Lo prendiamo come un complimento. Ma adesso smettila di divagare e concentrati: che trama pensi di far affrontare al tuo cadetto per quest'ultimo round?»

«Affrontiamo subito questo discorso» dissi con una certa energia mettendomi a sedere, non prima di essermi servita una abbondante dose di patatine e noccioline ricoperte di cioccolato. «Come facciamo noi, poveri cadetti, a scrivere l’ultimo round con tutte le trame/sottotrame/cliffhanger/spunti/indizi /allusioni che avete lascito aperti?»

«Veramente a me non sembra…» cominciò a dire qualcuno, ma non gli lasciai il tempo di finire la frase.

«A me sembra, eccome!» esclamai con ancora maggiore energia. «Ho un cadetto-specchio che vuole uccidermi e non so che fine abbia fatto; sono ad un passo dallo smascherare le losche manovre dell'O.R.O.S.C.O.P.O., ma non ho avuto modo di presentare le prove; non ho ancora capito se i Triumviri hanno bisogno di me come agente temporale mentre nonno Luborl si è imboscato con la Maxwell e non so che fine abbia fatto; l'arvicola è ancora un mistero; la iettatura del martedì pure; ho due fidanzati da sposare e un prete da spretare - perché non ci ho ancora rinunciato, sia chiaro! - e la misteriosa identità di Beatrix Quinroy da smascherare - perché lo so che nasconde qualcosa. E non voglio neanche pensare al diavolo a quattro che farà una persona di mia conoscenza se non porto a termine la sua love story con il fustaccio riccioluto. Dovrei dunque finire di bollire tutta questa carne che ho in pentola in un solo, misero round? Magari con il limite delle dieci facciate? E dei 500 kb per la mail?»

Nella stanza si diffusero mormorii di disapprovazione finché qualcuno non prese la parola. «Andiamo Jo, non è colpa nostra se hai ingarbugliato la matassa a questo modo. Noi proponiamo delle trame, non siamo responsabili di come i Cadetti sviluppano le loro storie.»

«E' che, a volte, la realtà supera la fantasia» replicai, con un sospiro rassegnato. In fondo sapevo che l'accusa che mi era stata fatta era vera: le situazioni proposte dai Master dell'Academy erano improbabili e complesse, ma il modo in cui il mio cadetto le aveva vissute e fatte evolvere era ancora più complesso e improbabile. Ysaahi aveva dimostrato una inarrestabile determinazione a procurarsi guai ancora più grossi di quelli in cui era stata cacciata; la cosa veramente sorprendente era come avesse potuto ogni volta uscirne in modo tanto brillante.

«E poi il limite dei venti round più Kobayashi mica lo abbiamo inventato noi!» riprese qualcun altro, non senza una nota di rimprovero.

Anche questo era vero. Non potevo dirmi l'unica, ma sicuramente ero io stessa una delle maggiori responsabili di quel vincolo, come di tanti altri. Sospirai nuovamente, facendo scorrere lo sguardo sui presenti.

«Allora è deciso: questo finale devo scrivermelo da sola?»

Tutti annuirono con decisione.

«E va bene» dissi, stringendomi nelle spalle. «Computer, fine simulazione.»

Il bel salone sulle colline bolognesi, il tavolo cosparso di appunti e raccoglitori, tutto il materiale Academy, il mitico Mac, le 'ciugnate' alimentari, l'Istruttore e il suo gruppo di supporto si dissolsero nel nulla, lasciandomi sola all'interno di una enorme stanza nera a rettangoli gialli.

Il capitano Joan Maxwell uscì dal simulatore olografico, attardandosi a scaricare sul suo Padd la simulazione appena completata.

«Quattro anni di lavoro e il mio programma di addestramento sperimentale fa cilecca proprio all'ultimo round» si lasciò sfuggire, visibilmente contrariata.

«All'ultimo cosa?» chiese Arvan tai Vinsar avvicinandosi e sbirciando interessato le manovre della collega.

«Lascia perdere, un modo di dire» tagliò corto Maxwell, desiderosa di non dare ulteriori spiegazioni. «Piuttosto, sono stati completati i test Kobayashi Maru per i cadetti dell'ultimo anno?»

Il klingon sbuffò, emettendo un suono più simile ad un ruggito.

«Sì, tutto come al solito: alcuni hanno scelto di aiutare la nave in difficoltà e sono saltati in aria, altri sono scappati e hanno dovuto affrontare la corte marziale per omissione di soccorso, altri ancora hanno tentato di manomettere il programma e sono stati beccati nel tentativo. Uno solo ce l'ha fatta…»

«A entrare nel sistema senza farsi beccare? Credevo che ormai fosse impossibile.»

«Anch'io! Invece A.J. Simon c'è riuscito. Ha manomesso l'algoritmo di deterioramento degli scudi e di consumo di energia dei phaser: lui sparava e non scaricava le armi, veniva colpito e gli scudi non scendevano. Nel tempo che ci abbiamo messo a scoprirlo, aveva già eliminato le navi nemiche e salvato l'equipaggio.»

«E' diventato bravo con i computer…»

«Sì, ma cose del genere non sono alla portata di tutti; in passato le ho viste fare solo dal Comandante Derkozna. Il ragazzo deve avere un software di hackeraggio professionale, chissà dove l'ha trovato…»

«Ho qualche idea» disse Maxwell, con un sorriso, «ma non importa: è bello che qualcuno riesca ancora a vincere un test perdente. Alimenta la leggenda e stimola noi a fare sempre meglio.»

«Mi chiedo solo perché continuasse a sventolare quel santino: SSN c'era scritto, ma non sono riuscito a leggere altro.»

Maxwell si strinse nelle spalle. «Meglio non indagare, lo sai che i cadetti sono strani. A proposito di cadetti strani, cosa ha combinato il cadetto Ysaahi?»

Vinsar emise un altro ruggito. «Non parlarmene. Nel bel mezzo dell'azione è scivolata e ha battuto la testa sulla console di navigazione. E' svenuta ma, ovviamente, non abbiamo interrotto la simulazione…»

«Certo. L'incidente al capitano fa parte della prova: solo che, di solito, si viene feriti da una paratia che si stacca dal soffitto, o da qualche console che esplode.»

«E quando mai Ysaahi ha avuto bisogno di interventi esterni per cacciarsi nei guai? Anche questa volta ha fatto tutto da sola. Solo che, quando si è ripresa, credeva di essere la reincarnazione di Napoleone Bonaparte (1): ha mandato in tilt il programma ordinando di caricare i moschetti e attaccare con la fanteria. Ci sono un po' di bachi in quella simulazione: non so quante volte dovrò ripeterlo ai programmatori di gestire sempre anche le opzioni impossibili e non solo quelle probabili. Il prossimo che dimentica un ELSE o un OTHER lo butto dalla rupe.»

«Così anche lei ha battuto il test…» insinuò Maxwell, che non perdeva occasione per stuzzicare il collega.

Vinsar ribolliva come una pentola a pressione. «In modo inglorioso ma sì, ha battuto il test» ammise.

«Fatti coraggio, il prossimo anno andrà meglio» tentò di rincuorarlo la collega, terminando il download e cancellando il programma dalla memoria principale del simulatore.

«Cosa stai scaricando?» chiese Vinsar, incuriosito.

«Nulla di importante, solo un mio programma di addestramento sperimentale. Quest'anno ho voluto tentare un nuovo metodo per creare prove speciali da sottoporre a cadetti particolarmente promettenti. Diciamo che mi sono fatta aiutare da degli amici» spiegò Maxwell in modo alquanto sibillino. Come poteva rivelare al collega che per quattro anni aveva giocato a fare la scrittrice di storie di fantascienza surreale usando dei cadetti reali come personaggi, e Istruttori reali come master e non giocanti, e che aveva poi usato quelle trame e quelle storie per mettere alla prova i cadetti stessi?

«Ora che questo ciclo si è concluso, penso di poter archiviare anche questo discorso. Ho proprio bisogno di un po' di vacanza» concluse, cercando di cambiare argomento.

«Le vacanze sono per i deboli!» commentò Vinsar, per la verità non troppo convinto.

«Oh, io sono debolissima» replicò Maxwell, stando al gioco.

«Hai già pensato a dove andare» chiese il klingon, nel tentativo di fare un po’ di amena conversazione.

«Ho delle idee» disse rimanendo sul vago, mentre gli occhi le brillavano illuminandole il viso. Persino Vinsar capì che le idee dovevano essere molto piacevoli.

Seduta alla sua scrivania, Joan Maxwell era persa nei suoi pensieri quando il suono del campanello la riportò bruscamente alla realtà. Diede un'occhiata al videocitofono: era il cadetto Ysaahi. Fece per riporre nel cassetto la foto che aveva appoggiato sul tavolo e che la ritraeva insieme ad un aitante denobulano, poi ci ripensò: in fondo, cosa c'era da nascondere?

«Avanti» disse, sprofondando nuovamente nella comoda poltrona.

La porta si aprì e Ysaahi entrò, non senza esitazione: la stanza era immersa nella penombra, illuminata solo dalla fioca luce della lampada sulla scrivania.

«La disturbo, Capitano?» chiese la denobulana, rimanendo a debita distanza. «Se vuole posso…»

«Avanti, avanti» ripeté Maxwell con un cenno della mano, «nessun disturbo. Mi stavo riposando ripensando a tante cose…»

«Piacevoli, spero» disse Ysaahi, non proprio a suo agio.

L'umana ci pensò un attimo. «Alcune piacevoli, altre meno, ma tutte parte della mia vita e, come tali, belle da ricordare. Quando avrà la mia età e il futuro non le sembrerà più così seducente e senza limiti, scoprirà quante soddisfazioni può dare anche il passato, quando sia stato vissuto degnamente. Ho saputo che ha superato il test Kobayashi Maru…»

La denobulana arrossì, per quanto la sua biologia glielo permettesse. «Così mi dicono, ma non credo di potermene vantare nel curriculum. A volte mi chiedo se io non sia arrivata dove sono arrivata solo per una questione di fortuna.»

«Crede nella fortuna, cadetto?»

«Credo nella positività. Un approccio positivo non è tutto, ma può fare la differenza, soprattutto in condizioni estreme.»

«Ottimismo, non è vero?»

Ysaahi annuì. «E' una caratteristica della mia razza, ma la sento particolarmente mia.»

«Allora non dovrebbe parlare di fortuna» disse Maxwell, rimanendo poi in silenzio per diversi secondi. «Ha mai pensato di lasciare la Flotta?»

«Signore?» chiese Ysaahi, disorientata da quel repentino cambiamento di argomento.

«Ha capito benissimo» disse Maxwell, alzandosi in piedi senza staccare gli occhi da quelli della denobulana. «In questi anni ha raggiunto risultati a dir poco brillanti: ha vissuto avventure che altri possono solo sognare, ha visto cose che molti riterrebbero fantascienza, ha conosciuto persone straordinarie e combattuto nemici subdoli e potenti. In quattro anni ha fatto più di quanto altri faticherebbero a fare in quattro vite. E' ancora sicura di volersi imbarcare su una nave stellare? Crede ancora che ciò che la aspetta sia migliore di ciò che lascia?»

«Mi sta proponendo di abbandonare la carriera militare?» chiese Ysaahi, risentita. (2)

«Le sto ricordando che esistono delle alternative» disse Maxwell, e lo sguardo le scivolò sulla vecchia fotografia. Anche Ysaahi si ritrovò a guardare nella stessa direzione e sorrise nel riconoscere suo nonno Luborl. Che lui e la Maxwell fossero stati molto intimi lo aveva scoperto con grande sorpresa in occasione della sua avventura con i Triumviri, ma ora, con altrettanta sorpresa, si rese conto di quanto forte dovesse essere stato quel sentimento e di quanto fosse stato sacrificato ai doveri della carriera.

«Ha dei rimpianti, signore?» chiese la denobulana, senza staccare gli occhi dalla fotografia.

«A volte» rispose con sincerità il capitano. «E se potessi tornare indietro non sono sicura che rifarei le stesse scelte. Non voglio scoraggiarla, o distoglierla dalla carriera militare, anzi… La Flotta ha bisogno di ufficiali come lei. Ricordi solo di non farsi travolgere dalle aspirazioni personali o dal senso del dovere e di meditare bene ogni scelta, ogni nuova opportunità che dovesse capitarle. Si volti sempre un attimo a guardare indietro poi, se ne vale la pena, continui per la sua strada. E se ha bisogno di qualcosa, di qualunque cosa, fosse anche sono una chiacchierata o di un consiglio, la mia porta è sempre aperta.»

«Grazie, capitano» disse Ysaahi, visibilmente commossa, «me ne ricorderò. Non potrò mai ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me.»

«Adesso basta con questi discorsi» disse Maxwell, riprendendo il suo solito tono autoritario. «Lei non era certo venuta da me per sentire la paternale di una vecchia nostalgica.»

«Ehm, no signore, cioè, volevo dire, sì signore. Ecco, con alcuni compagni stiamo festeggiando la fine del corso al Kilowattore e saremmo onorati se voleste unirvi a noi.»

«Io?» chiese la Maxwell, incredula. «Credevo che voi Cadetti aveste voglia di sbarazzarvi di noi Istruttori nel più breve tempo possibile.»

«Beh, di alcuni sì, ma di altri…» disse Ysaahi, con un sogghigno. «E poi, adesso, siamo dalla stessa parte della barricata.»

«Ma senti questa!» esclamò Maxwell, scoppiando in una risata. «Non ha ancora i gradi appuntati alla divisa e già si sente un ufficiale.»

«Allora viene?» chiese Ysaahi, sorridendo a sua volta.

«Ci può contare. Non ho mai mancato ad una festa dove sono stata invitata, non comincerò certo ora.»

«Cobledick e Vinsar sono già là. Stiamo cercando Ailoura e la Kalligalenos mentre abbiamo pensato che il signor Stark…»

«No, lui no! L'ultima volta ha fatto saltare il generatore centrale e il locale è rimasto senza luce per due giorni.»

«Ecco, appunto. Vorremmo anche il signor Sherman, ma non riusciamo a trovarlo.»

«Sherman? Ehm, temo che lo troverà nel suo armadio.»

«Nel mio armadio? E che ci fa Sherman nel mio armadio?»

«Una vecchia scommessa: aveva detto che se lei fosse riuscita a diplomarsi con il massimo dei voti, le avrebbe tolto il sorriso dalle labbra con un agguato che avrebbe lasciato il segno. E' roba di qualche anno fa, ma lei sa come è Sherman: non dimentica e tende a prendersi molto sul serio.» (3)

«Quindi?» chiese Ysaahi, ormai completamente disorientata.

«Quindi andiamo a stanarlo e lo portiamo con noi alla festa» disse Joan Maxwell prendendola sottobraccio e trascinandola verso gli alloggi. «Dobbiamo fare attenzione però: come minimo è armato di un fucile a pompa caricato a gas urticante. Gliel'ho mai raccontato di quella volta…»

La porta dell'alloggio si chiuse dietro di loro. Sulla scrivania, l'immagine di nonno Luborl sembrò sorridere nel vedere le due donne più importanti della sua vita andare insieme verso nuove avventure.


 

Note

(1)   PaLotto di Eggie Eke: Ysaaih sbatte violentemente la testa e quando riprende i sensi crede di essere la reincarnazione di Napoleone Bonaparte.

(2)   PaLotto di Pardan: Ysaahi riceve una proposta che la indigna profondamente.

(3)   PaLotto di Liriel Storn: Ysaahi trova – o meglio troverà – un istruttore dentro un armadio in una camera.