«Stai diventando più disfattista di A.J.» la rimproverò l'amica Chantal, in videoconferenza dalla Terra. «Una volta ti saresti buttata in questa nuova esperienza con più entusiasmo.»
«Una volta non avevo ancora conosciuto il devastante potere del martedì» replicò Ysaahi, punta sul vivo. Effettivamente, la mancanza di entusiasmo con la quale ultimamente tendeva ad affrontare gli eventi inattesi la irritava profondamente. Ma persino lei, alla ennesima bruciatura, aveva imparato a non avvicinarsi troppo al fuoco.
«Fammi capire» disse Chantal, cercando di riepilogare il confuso discorso dell'amica, «stai pensando che qualcuno stia attentando alla tua vita, e invece di indagare da sola e metterti nei pasticci come tuo solito, sei andata a parlarne con il tuo responsabile e con il capitano?»
Dall'altra parte del monitor, Ysaahi fece una smorfia: «Sintesi impietosa ma sostanzialmente esatta. Per una volta che decido di seguire il protocollo…»
«Seguire il protocollo? Tu?» Chantal scoppiò in una risata. «Ma dai, non è da te!»
«Sì, lo so, ma cosa vuoi che ti dica? Durante questo stage ho riflettuto molto sulla mia posizione nella Flotta e su una mia eventuale carriera: ci sono protocolli da seguire e gerarchie da rispettare…»
«Quando parli come A.J. mi fai paura…»
«Ma intanto A.J. si è preso un encomio per la grande diligenza nello svolgimento delle sue mansioni mentre io sono accusata di aver avvelenato l'equipaggio con focaccine avariate, di aver causato gravi incidenti diplomatici e di essere causa di tutte le rotture di macchinari e colpi di testa del computer degli ultimi mesi. Il capitano è convinto che io sia esaurita e stressata e mi ha messo dietro una scrivania, sommersa da un cumulo di scartoffie dal quale neanche Marok riuscirebbe ad emergere.»
«Beh, poteva andare peggio: potevano rispedirti a casa.»
«Ah, questo poi no! Non glielo avrei permesso. Meglio la morte che una simile umiliazione!»
«Adesso parli come Vinsar…»
«Chantal, non mi stai aiutando…»
«Andiamo, tento di sdrammatizzare. Mi hai chiamato per questo, no? Capisco la tua frustrazione ma, in fondo, quanto potrà durare? Lavora sodo e riga dritto per qualche giorno e vedrai che verrai ripristinata nelle tue mansioni.»
«Sempre che non si dimentichino di me. Mi hanno assegnato un microscopico ufficio in uno dei ponti più imboscati della nave. Hai mai visto le ragnatele nello spazio? Beh, lì c'erano. Quando ho acceso la console, il sistema ci ha messo cinque minuti buoni per configurare la sessione: nemmeno il computer centrale si ricordava di avere un terminale così remoto.»
«Almeno non verrà nessuno a disturbarti. Riposati, rilassati…»
«Ma come faccio? Sono qui soltanto da un giorno e già mi sembra di impazzire!»
«…segui il consiglio della tua vecchia amica» continuò Chantal, ignorando l'interruzione. «Considera tutto questo come una opportunità per fermarti un attimo e approfitta di questa situazione per mettere un po' di ordine nei tuoi pensieri.»
«Già, i pensieri… In questo momento preferirei non pensare affatto. Ma proprio non ti ricordi che giorno è oggi?» aggiunse la denobulana, notando la perplessità sul volto dell'amica. Chantal scosse la testa: non era da lei dimenticare una ricorrenza, cosa diavolo…
«Oh, no!» disse infine, coprendosi la bocca con una mano. «Il giorno della Messa di addio di Don Isaac!» (a)
Ysaahi sospirò. «E io non posso neppure essere lì, seduta nel primo banco per salutarlo…»
Davanti al triste epilogo di una love story senza speranza, persino Chantal non seppe cosa rispondere.
'Chantal aveva ragione' pensò Ysaahi, aprendo meccanicamente l'ennesima anagrafica per rilevare i dati mancanti, ricercarli in rete ed eventualmente mandare la richiesta di integrazione all'interessato, 'il lavoro di routine non è poi così male: posso eseguirlo al meglio senza spremermi per la tensione.'
Era immersa nel suo nuovo incarico burocratico solo da qualche giorno ma già cominciava ad avvertire qualche benefico effetto. Era più rilassata, dormiva meglio e la mattina si alzava più riposata. Certo la vita frenetica della sala macchine le mancava, così come le mancava il pulsare del nucleo di curvatura e il sommesso ronzio dei motori, ma ogni momento cresceva in lei la certezza che, una volta ritornata al suo incarico, vi si sarebbe dedicata con ancora più energia e passione. Forse il Capitano aveva viso giusto assegnandole quell'incarico: in futuro, avrebbe avuto più fiducia nel capitano Janeway.
«Così ti sei rassegnata al lavoro di segreteria?» chiese A.J., senza riuscire a nascondere un ghigno beffardo. «Come mai questa cosa non mi suona poi così nuova?»
Ysaahi lo guardò con commiserazione. «Di fronte a tale pochezza, non spreco neppure una delle mie occhiatacce di fuoco. Hai davanti a te una persona nuova: adulta, consapevole, rilassata, padrona dei propri pensieri e delle proprie azioni.»
Dall'altra parte del monitor, A.J. si ribaltò sulla sedia dalle risate. Ysaahi gli fece una linguaccia.
Negli ultimi giorni, le chiamate ad amici e parenti erano diventate una piacevole costante. Se c'era una cosa veramente positiva del suo nuovo incarico, era che le lasciava molto più tempo libero. In sala macchine trovava sempre qualche cosa da fare o qualche argomento da approfondire, e spesso si fermava ben oltre la fine del turno. E poi c'erano emergenze da gestire, richieste improvvise, cose importanti da fare che non potevano essere rimandate. Qui, invece, sapeva che il lavoro di oggi lo avrebbe ritrovato tale e quale l'indomani quindi, perché affannarsi oltre l'orario per far scendere una pila che non aveva nessuna speranza di essere ridotta?
«Dai, non te la prendere» riprese A.J. desideroso di non contraddire l’amica, «solo, è così strano sentirti parlare in questo modo…»
«Strano perché non vaneggio come al solito?»
«Beh, non la metterei in questo modo, però… ecco… in un certo senso… Ma si può sapere che razza di lavoro ti hanno messo a fare esattamente?» esplose infine A.J., cercando di uscire dalla trappola in cui lui stesso si era cacciato.
Ysaahi decise di graziarlo. «Un lavoro noiosissimo: devo controllare le schede anagrafiche di tutto il personale della Flotta, verificare che tutti i dati siano inseriti nel database principale ed eventualmente ricercarli su altri database secondari. Per tutte le informazioni che non riesco a trovare, scatta una richiesta ufficiale all'interessato. Quando arriva la risposta, carico i dati. E se la risposta non arriva, scatta il sollecito.»
«Che palla!»
«Abbastanza.»
«Però, aspetta… Dati anagrafici hai detto? Quindi puoi scoprire se la Maxwell è sposata? Se Vinsar ha un figlio segreto? Se Sherman è stato veramente arrestato per rissa quando era all'Accademia?»
«Frena, frena, frena! Ho un profilo di basso livello, non ho accesso ai dati dei graduati; io mi occupo solo di scartini.»
«Scartini? Vuoi dire guardiamarina?»
«E cadetti… E aspiranti cadetti… E mancati cadetti… Per esempio, non mi avevi mai detto di aver sbattuto la testa cadendo dal cavallo a dondolo quando eri piccolo. Ora mi spiego molte cose…»
«Ehi, hai letto la mia scheda?» sbottò A.J., rosso come un peperone. «Questa è violazione della privacy.»
Ysaahi sogghignò. «Spiacente, sono autorizzata. Comunque, sempre meglio leggere la tua scheda che quella dei soliti Smith, Jones, Sanchez e Rossi.»
A.J. rimase in silenzio. «Strano…» disse dopo qualche secondo. «Perché proprio Smith, Jones, Sanchez e Rossi?»
«Così, tanto per dire. Sono quattro nomi che continuo a trovarmi tra i piedi: ce ne sono così tanti che non riesco a incrociare i risultati delle ricerche. Perché strano?» chiese Ysaahi, incuriosita dalla perplessità dell'amico.
«Ma come, non ricordi l'affare Thorsen? Le incongruenze nelle registrazioni anagrafiche che ci avevano fatto sospettare una reale infiltrazione nell'AcademyNet? Questi erano alcuni dei nomi che ci erano saltati all'occhio. Dai, abbiamo scherzato tante volte sul fatto che delle spie avrebbero potuto scegliere dei nomi più originali…»
L'esplosione di una bomba nella stanza non avrebbe potuto avere un effetto più devastante. Ysaahi rimase a fissare il monitor a bocca aperta, mentre la sua mente, intorpidita dalla routine degli ultimi giorni, ricominciava a vorticare a pieni giri.
L'affare Thorsen… Ecco perché quei nomi le erano sembrati famigliari. Ma come aveva fatto a dimenticarsene?
«Ysaahi, sei viva?» chiese A.J., preoccupato dal fermo immagine che vedeva sul monitor. «Ho detto qualcosa che non va?»
La denobulana si riscosse con un grido beduino che fece perdere all'amico un paio di mesi di vita. «Mitico A.J., sempre sul pezzo al momento giusto. Hai presente la foto con me e Cochrane a bordo della Phoenix, quella che ho fatto nel simulatore di Galaxyland (1)? Bene, la sostituirò con la tua . Sei così illuminante…»
«Piacere di essere stato utile» disse il ragazzo, cautamente. «Ma si può sapere…»
«Non ora, non ora, urgono approfondimenti. Universo, trema: 00Z sta per entrare nuovamente in azione!»
A.J. spense il monitor rimasto tristemente vuoto, chiedendosi dove fosse finita la Ysaahi consapevole e rilassata, padrona dei propri pensieri e delle proprie azioni che lo aveva chiamato solo qualche minuto prima. Non che gli importasse più di tanto: preferiva di gran lunga la pazza scatenata che lo aveva abbandonato senza neanche chiudere la comunicazione.
Durante tutto il tragitto fra l'alloggio e il suo nuovo ufficio, Ysaahi non smise un attimo di darsi della stupida. Come aveva potuto non notare quella strana coincidenza? Come aveva potuto dimenticare l'affare Thorsen? Quella volta aveva rischiato veramente di venire uccisa da una spia priva di scrupoli che aveva approfittato delle riprese di un film ambientato tra le mura dell'Academy, per farsi scritturare come attore e poter agire indisturbato (b).
Lei stessa era stata scelta come protagonista grazie all'intervento di Garf e De Leone, che le avevano affidato l'incarico di indagare sotto copertura proprio sulla possibile presenza di una spia tra il personale della casa di produzione cinematografica. L'affare Thorsen aveva lasciato diversi interrogativi irrisolti: si era trattato di una vera infiltrazione o solo di una trovata pubblicitaria per promuovere il film? Garf e De Leone sapevano o avevano agito in buona fede? Thorsen aveva solo cercato di rubare dei dati o c'era dell'altro? Sia lei che A.J. avevano più volte cambiato opinione in proposito, ricavandone solo poche idee e ben confuse. Le loro indagini avevano portato alla luce delle stranezze nelle schede di alcuni cadetti, dei buchi in alcune registrazioni e delle aree di memoria protette che non sembravano accessibili in alcun modo.
Smith, Jones, Sanchez e Rossi erano nomi che più di altri avevano mostrato delle irregolarità. Con A.J. erano arrivati ad ipotizzare un tentativo di qualche organizzazione segreta di infiltrare degli agenti tra i cadetti dell'Accademia, per poi farli salire velocemente di grado in modo da occupare in pochi anni posizioni di prestigio nelle gerarchie della Flotta senza destare sospetti. L'idea era semplice e geniale: la selezione dei cadetti era molto accurata ma proprio perché aperta a tutti risultava più vulnerabile di un accesso diretto ad una posizione di comando. Bastava falsificare la prova di un esame o un test attitudinale e il gioco era fatto. Tempo qualche anno e le posizioni chiave della Flotta sarebbero state nelle mani di uomini dell'Organizzazione. Le loro indagini, però, non avevano portato a nulla di definitivo, tanto che loro stessi erano stati assaliti dal dubbio: si trattava veramente di transazioni sospette o erano solo specchietti per le allodole, abilmente preparate da Garf e De Leone per i loro propositi propagandistici? (c)
Non ci aveva più pensato dall'arresto di Thorsen, travolta dalla frenetica vita dell'Academy, ma ora, forse, aveva la possibilità di dare una risposta a quelle domande. Per la prima volta da quando le era stato assegnato quel noiosissimo incarico, Ysaahi cominciò a fare degli straordinari.
«Ci ho lavorato per due giorni Sean, e so quello che dico: qui c'è qualcosa che non va!» esclamò Ysaahi, calando una energica manata sul tavolo, rovesciando tutto quello che c'era sopra.
Dall'altra parte del video, uno dei suoi fidanzati, l'archeologo Lamer (d), sorrise divertito: «Ok, ok, tranquilla. Ti ho solo chiesto se ne sei sicura.» Adorava punzecchiarla e vederla prendere fuoco come un cerino. La denobulana, che ci cascava ogni volta, fece una smorfia di disappunto.
«Scusa, sono un po' tesa in questo momento: sento di avere per le mani qualcosa di grosso e non voglio che mi sfugga prima di aver fatto chiarezza. A proposito, questa linea è protetta?»
«Un po' tardi per pensarci comunque sì, la linea è sicura. Sai che non parlo mai su canali che non abbiano il massimo grado di protezione.»
«Non sarai una spia anche tu?»
«No, ma tra noi cacciatori di tesori la concorrenza è spietata: la prudenza non è mai troppa.»
«Hai controllato che non ci siano microfoni nella tua stanza?»
«Ah, la mia Ysaahi! Così mi piaci, paranoica al punto giusto. Sai che nei giorni scorsi mi avevi fatto preoccupare? Così inquadrata e ligia alle regole: temevo ti avessero scambiata con un clone.»
«Come hai detto?»
«Che mi piaci…»
«No, dopo.»
«Veramente la tua battuta doveva essere: 'Anche tu mi piaci'…»
«Ma no… Cioè sì, tu mi piaci; no, non quello; insomma ripeti…»
«Che temevo che ti avessero scambiata? Ma certo! Eri diventata tranquilla e amorfa, soddisfatta di pigiare tasti tutto il giorno. Non eri più tu. Ehi, ma… ti senti male?» chiese Sean, preoccupato. Il viso di Ysaahi aveva assunto un colore cadaverico e la ragazza guardava fisso davanti a sé come in stato catatonico.
«Sean, sono una deficiente!» disse lei, dopo qualche secondo di silenzio. «Come ho fatto a non collegare le due cose? Avrei almeno dovuto prendere in considerazione la possibilità.»
«Vuoi spiegarmi…» tentò di dire il ragazzo ma Ysaahi lo interruppe. «Ma non capisci? Non stanno tentando di infiltrare i loro uomini nelle gerarchie della Flotta, stanno sostituendoli con quelli dell'Universo Specchio.»
«Universo specchio? Ma cosa…»
«Non adesso, ho detto anche troppo! Scusa, un giorno spero di potertene parlare.»
«Ehi, bellezza, non sarai tu ad essere una spia?» chiese Sean, scrutandola con sguardo indagatore.
Ysaahi scoppiò a ridere. «No, ma ho visto cose che voi umani non potete immaginare (2). Ti amo Sean.»
«Anch'io Baby, e ti voglio riabbracciare tutta intera. Non fermarti, ma stai attenta ai piedi che pesti.»
Chiusa nel suo alloggio, Ysaahi cercò di mettere ordine nei suoi pensieri: l'intuizione che aveva avuto parlando con Sean continuava a perseguitarla, prendendo sempre maggiore consistenza. Quella nell'Universo Specchio era stata un'altra delle sue incredibili avventure: reclutata da misteriosi agenti interdimensionali, era prima stata mandata nell'universo alternativo a sostituire il suo doppio per scatenare una rivolta contro il regime dittatoriale di quella realtà parallela, poi aveva rischiato di rimanervi incastrata quando il suo doppio aveva tramato per non essere rispedito a casa. Anche in quell'occasione se l'era cavata per un pelo, grazie all'inaspettato aiuto del capitano Maxwell e di suo nonno Luborl, entrambi a conoscenza dell'esistenza dell'Universo Specchio e dei misteriosi traffici dei Triumviri. L'avventura aveva avuto un lieto fine ma della Ysaahi dell'universo specchio si era persa ogni traccia, e non c'era stato più alcun segno della sua attività tra le mura dell'Accademia. (e)
Erano passati quasi due anni da quegli eventi e Ysaahi non aveva mai sospettato che potesse esserci una connessione con l'affare Thorsen. O forse i due progetti criminali andavano avanti in parallelo: mentre elementi terroristici venivano infiltrati a partire dai livelli più bassi delle gerarchie, altri si sostituivano ai loro doppi in posizioni anche di rilievo. Certo la cosa poteva non essere così semplice: occorrevano elementi dell’universo specchio con un grado di preparazione adeguato e disposti allo scambio, ma molte incongruenze potevano essere coperte da qualche opportuna operazione informatica come quelle in cui era incappata. Se aveva ragione, chiunque a bordo della nave, chiunque nella Flotta poteva essere un doppio, un burattino nelle mani dell'Organizzazione. E se qualcuno si fosse reso conto di quello che lei poteva scoprire con l'incarico che le era stato assegnato, la sua vita non avrebbe avuto più alcun valore.
Fu scossa da un brivido: la cosa era troppo grande per pensare di affrontarla da sola.
'Qualcosa avrò imparato in quattro anni di Accademia' pensò, cercando i riferimenti per contattare le uniche due persone con le quali poteva parlare liberamente dei suoi sospetti. Purtroppo né la Maxwell né nonno Luborl erano reperibili. 'Che il nonno non si trovi non è una novità, ma quando mai il capitano Maxwell va in ferie? Oppure vuoi vedere che…' disse tra sé, ripensando a come i due si erano guardati quando si erano di nuovo incontrati dopo tanti anni. Forse la storia che avevano avuto non era poi del tutto acqua passata…
'Fatto sta che io sono nei guai e loro non ci sono!' concluse Ysaahi, risentita. 'E ora con chi parlo?'
«Del complotto ai danni della Federazione sono ormai certa, quello che non riesco ancora a capire è se ci sono stati veramente degli attentati alla mia vita oppure se le mie disavventure sono solo frutto di una congiuntura astrale sfavorevole.»
Il consigliere Troi scosse la testa rassegnata, scrivendo qualcosa sul suo PADD(3). «Si renderà conto, Cadetto, che ritenere gli astri responsabili del nostro destino non è segno di equilibrio e razionalità.»
Stesa sul lettino da psicanalista, Ysaahi sospirò. «Quindi qualcuno ce l'ha con me, ma chi? Chi può sospettare che io sospetti?»
«Mi sembra di capire che gli strani episodi che la riguardano siano iniziati prima della sua assegnazione ad incarichi burocratici…»
Ysaahi meditò sulle implicazioni di quella affermazione. «Già, è vero. A quel tempo, non avevo ancora cominciato ad indagare. Dirò di più, non avevo ancora il minimo sospetto. Questo vuol dire che mi tengono d'occhio già da tempo. Ma perché non eliminarmi, perché non uccidermi? Se il loro piano è di tale portata, non devono certo avere degli scrupoli a far fuori un insignificante cadetto.»
«Forse non hanno avuto l'occasione…» suggerì il consigliere ma Ysaahi respinse la sua proposta con fermezza.
«Con me? Figuriamoci. E' già molto se non mi uccido da sola. No, il motivo deve essere un altro. Non voglio peccare di presunzione ma forse sono una persona troppo in vista. Insomma, è evidente che il capitano Maxwell mi tiene sotto la sua ala protettrice e nonno Luborl deve essere un pezzo grosso, anche se lui non ne parla. Persino Vinsar e Sherman sembrano avere un occhio di riguardo nei miei confronti. La mia morte, o la mia scomparsa, solleverebbe un vespaio e questo li spaventa più di ogni altra cosa.»
«Spaventa… chi?»
«Se solo lo sapessi… Rimanga tra noi ma le mie indagini sono ad un punto morto. Ormai sono certa di essere sulla strada giusta ma per fare delle accuse ci vogliono delle prove e non basta qualche scheda incompleta e qualche voto taroccato per gridare al complotto.»
«Pensa di desistere?»
«E fargliela passare liscia? Non se ne parla neanche! Chiunque essi siano, non sanno con chi hanno a che fare. Bene, mi sento più tranquilla. Pensa che per oggi possa bastare?»
Il Consigliere si strinse nelle spalle. «Lei che ne pensa?»
«Penso proprio di sì» disse Ysaahi, alzandosi dal lettino. «Computer, fine programma.»
Come ogni volta che lo usava, Ysaahi prese tutte le precauzioni per far sparire ogni traccia del suo passaggio dal ponte ologrammi. Ancora una volta, i famosi Derkozna Disk Tools si rivelarono uno strumento prezioso per la formattazione a basso livello delle aree di memoria ed il monitoraggio di eventuali connessioni indesiderate. La denobulana era consapevole che usare la sala ologrammi per fare dell'autoanalisi su argomenti tanto scottanti era un rischio notevole, ma le sedute con la versione virtuale del consigliere Troi sembravano avere un effetto calmante sui suoi nervi, oltre a riuscire a farle analizzare le cose con maggiore chiarezza. Sicuramente non poteva dire altrettanto dei suoi incontri con il Dottore di bordo: quell'uomo - meglio, quell'ologramma - la irritava profondamente e se non si fosse trattato di un esplicito ordine del Capitano, avrebbe mandato con gioia a quel paese sia lui che le sue sedute di psicanalisi. Il colpo basso che le aveva tirato il professor Zimmerman era ancora troppo fresco nella sua memoria, e la somiglianza fisica tra i due non aiutava certo a dimenticare (f). E poi del Dottore non poteva fidarsi: quello mica poteva asfaltarlo con i DDT!
Sbadigliando, si avviò verso il suo alloggio: negli ultimi giorni le capitava spesso di provare una grande sonnolenza, specie dopo aver mangiato. Il Dottore aveva liquidato il problema come classica reazione postprandiale, consigliandole pasti leggeri seguiti da una breve pennichella ma la situazione non sembrava voler migliorare. E poi c'era quello strano odore, simile a quello del brandy sauriano, ma molto più forte e dolciastro (4): continuava a sentirlo in bocca e nelle narici, a volte più intenso, altre volte più leggero ma sempre presente. Era seccante, ma non sgradevole, per questo aveva deciso di non parlarne con il medico. 'Ci manca giusto che pensino che soffra di allucinazioni' pensò, aprendo la porta dell'alloggio.
Non fece a tempo ad entrare che fu colpita da un cuscino scagliato da Beatrix Quinroy, la sua compagna di stanza (5).
«Ysaahi, maledizione a te: che razza di allarme hai collegato al tuo terminale? Per poco non mi uccideva!»
La denonulana rimase interdetta, indecisa se gioire del coccolone di Beatrix o preoccuparsi per il tentativo di accesso indesiderato.
«Hai toccato il mio computer?» chiese infine.
«No, non ho toccato il tuo stramaledetto computer. Mi stavo sistemando i capelli quando è partita una sirena bitonale che ha fatto vibrare le pareti della stanza.»
«Strano, il messaggio automatico anti-intrusione non mi è arrivato» borbottò Ysaahi, consultando il suo PADD. «Hai toccato qualcosa?»
«Sì, tutti i tasti, per cercare di spegnerla. Per fortuna ha smesso da sola dopo qualche secondo.»
Addio speranze di rilevare impronte digitali.
«Hai fatto entrare qualcuno nell'alloggio?»
«No, non ho fatto entrare nessuno» rispose la ragazza cominciando a spazientirsi. «Ma cos'è, un terzo grado?»
Ysaahi ignorò la domanda. «In effetti, non risultano altri accessi oltre al tuo» disse, continuando a consultare il PADD.
«Hai messo sotto controllo gli accessi al tuo stesso alloggio? Ma questa è paranoia!»
«Io la chiamerei prudenza» tentò di rabbonirla Ysaahi, seccata per essersi lasciata sfuggire quel dettaglio, ma la compagna di stanza ormai non la ascoltava più.
«Hanno ragione a dire che sei pazza» disse, raccogliendo le sue cose. Sulla porta, si fermò fissando Ysaahi con occhi iniettati di sangue: «Vado a dormire da un'altra parte» comunicò senza mezzi termini. «Ricorda che domani c'è l'esercitazione di evacuazione generale della nave e tu devi essere al tuo posto in ingegneria. Sono il tuo tutor: vedi di non farmi fare brutta figura, o questa è la volta buona che ti faccio rapporto.»
Se le porte della Voyager avessero potuto sbattere, quella dell'alloggio di Ysaahi sarebbe probabilmente uscita dai cardini.
Quella sera Ysaahi sentì il bisogno di chiamare Serge, un altro dei suoi fidanzati, per aggiornarlo sugli ultimi avvenimenti (g).
Serge era studente di diritto intergalattico all'Accademia, un fisico da atleta con la calma e la limpidità di giudizio di un diplomatico che spesso riusciva a trasmettere alla denobulana, dandole grande conforto.
Aveva ascoltato pazientemente il racconto di quel movimentato pomeriggio dandole modo di sfogarsi, e ora la fissava con aria grave.
«E così, non hai trovato alcuna traccia di intrusione…»
«Macché, né fisica nell'alloggio, né remota attraverso il terminale. Sembra proprio che l'allarme sia scattato da solo.»
«Potrebbe essere stata Quinroy…»
«Beatrix? Ma no! Avrebbe avuto tantissime occasioni migliori e poi non avrebbe chiesto di cambiare alloggio perdendo l'opportunità di tenermi d'occhio. A questo punto, è più probabile un malfunzionamento del mio programma di controllo.»
Serge rimase in silenzio e la denobulana sentì crescere dentro di sé una fastidiosa inquietudine.
«A cosa pensi?» chiese infine, per rompere la tensione.
«Trovo preoccupante una cosa detta da Quinroy» spiegò il ragazzo, soppesando le parole. «Veramente dicono che sei pazza?»
Ysaahi rimase disorientata da quel repentino cambio di argomento. «Beh… Io… Sinceramente non lo so. E' quello che ha detto Beatrix. Personalmente non ho mai sentito nulla del genere ma, negli ultimi giorni, frequento molto poco le sale comuni.»
«Certo. E poi non sono cose che ti verrebbero dette in faccia…»
«Beatrix mi ha dato anche della paranoica» riprese Ysaahi, pensierosa. «Però è strano…»
«Cosa è strano?»
«Ieri sono arrivata con un po' di anticipo in infermeria, sai per la solita seduta con il Dottore, quelle dove lui mi fa delle domande e io sto bene attenta a dare delle risposte neutre. Ti ho già detto che non mi fido di lui?»
«Sì, ma vai avanti» la invitò Serge, impedendole di divagare.
«Sì, dunque… Sono arrivata in anticipo. Il Dottore era nel suo ufficio e stava parlando all'interfono, non so con chi ma ricordo le esatte parole: 'Paranoia. è affetto da paranoia, ma non riesco ad individuarne la causa' (6). Quando mi ha visto, ha fatto una faccia strana e ha chiuso velocemente la comunicazione.»
«Pensavi parlasse di te?»
«Sul momento ho pensato solo che avesse fretta di iniziare la nostra seduta, ma ora che anche Beatrix ha usato quella parola… Serge, ma che sta succedendo?» chiese Ysaahi, quasi singhiozzando. Avrebbe voluto averlo lì, seduto vicino a lei, per farsi abbracciare e consolare. Come se avesse sentito quella richiesta di aiuto, il ragazzo portò una mano verso il monitor, per stabilire un contatto fisico. Ysaahi accarezzò l'immagine della sua mano.
«Mi sono fatto un'idea» spiegò, dopo qualche attimo di silenzio. «Di solito, quando non puoi attaccare direttamente un avversario, punti a fare il vuoto intorno a lui, a screditarlo, a fargli perdere appoggi. So che non puoi spiegarmi l'intero scenario ma mi sembri piuttosto sicura di non essere in pericolo di vita. Insomma, chiunque ci sia dietro questa faccenda, non può ucciderti perché sei una persona troppo in vista o con appoggi troppo in alto. Però può minare la tua credibilità. E mi sembra sia questo, quello che sta succedendo.»
«Ma non mi sembra di comportarmi in modo molto diverso dal solito. Sì, va bene, ho fatto l'errore di parlare con Torres e Janaway di alcuni miei sospetti ma erano colloqui privati…»
«Che hanno messo la pulce nell'orecchio ai tuoi superiori. Ma come ti è saltato in mente di andare a parlare con loro, tu che sei sempre così riservata?»
«Beh, in realtà non lo so. Penso sia stato un tentativo di mettere la testa a posto…»
«Che forse qualcuno ti ha subliminalmente consigliato. In un ambiente chiuso come una astronave basta poco per diffondere una voce. Nell'ultimo anno sei stata al centro di diversi strani episodi, non deve essere stato difficile instillare il dubbio di una tua vena paranoica. Non mi stupirei se ti avessero propinato anche qualche farmaco capace di aumentarla. Io farei qualche esame specifico…» suggerì, ma Ysaahi lo interruppe.
«Nell'ultimo anno? Vuoi dire che potrebbe trattarsi di una manovra architettata da tempo? E perché proprio adesso…»
«Perché ti stai avvicinando alla verità. Il meccanismo è innescato da tempo, ora è il momento di farlo detonare. Se tutti credono che tu sia una pazza paranoica, non ha importanza che tu lo sia effettivamente o meno: nessuno prenderà in considerazione le tue accuse e le eventuali prove verranno smontate una ad una.»
«Ma è mostruoso!» esclamò Ysaahi, allibita.
«Bada, la mia è solo un'ipotesi…»
«…ma è la migliore che ho sentito. Accidenti, sono in un bel guaio.»
«E io sono molto preoccupato. Ora però vai a dormire: hai bisogno di riposare ed io di pensare. Domani ne riparliamo.»
«Dormire? Non so se riuscirò a dormire…» La testa le girava e le pulsazioni stavano andando fuori scala. Serge tentò di rassicurarla.
«Ehi, tranquilla, qualunque sia il loro piano non agiranno certo questa notte. Troppo banale. Fai una doccia calda e prendi una tisana rilassante. E blocca la porta dell'alloggio e le prese di areazione, che non si sa mai!»
Ysaahi esplose in una risata liberatoria. «Serge, ma sei paranoico!»
«Più di te? Impossibile! Buonanotte Amore, ci sentiamo domani.»
La notte fu agitata, il sonno turbato da incubi: misteriose figure mascherate, i Triumviri, Garf e De Leone impegnati in una campagna denigratoria nei suoi confronti, Maxwell e Luborl rinchiusi in un carcere di massima sicurezza e Beatrix prima china sul suo computer e poi piangente, nelle mani di Lassi Thorsen, con le braccia tese a chiedere aiuto (7).
Ysaahi si svegliò più volte, madida di sudore e tremante come una foglia. Per la prima volta nella sua vita fu contenta di udire il suono della sveglia.
Arrivò puntualmente in ritardo per l'inizio del turno ingegneria, con livide occhiaie ed una cera da spavento; se anche se ne accorse, B'Elanna Torres fu così clemente da non commentare. La sensazione che tutti la guardassero e parlassero male di lei alle sue spalle era difficile da controllare. Le pareva di sentire lo sguardo dei colleghi fisso sulla sua nuca, di udire il loro bisbigliare dietro gli angoli. Ysaahi la paranoica…
'Devo concentrarmi solo sul lavoro' si disse, fissando lo sguardo sulla sua console.
Fortunatamente, la voce del capitano arrivò presto a spezzare la routine del lavoro in sala macchine.
«Esercitazione programmata A01. Imminente rottura del nucleo. A tutti i ponti, evacuare la nave. Ripeto: a tutti i ponti, evacuare la nave.» (8)
Finalmente un po' di azione. Ysaahi richiamò velocemente sul terminale la check list con le procedure da seguire in caso di evacuazione, e iniziò ad eseguirle con precisione e competenza. Questa era la parte che adorava della vita su una nave stellare, non gli intrighi internazionali e i giochi di potere. Spesso si chiedeva come facesse Serge…
Qualcosa attirò la sua attenzione. Il passo 10 della sequenza: perché non ricordava nulla del genere tra le procedure di evacuazione?
«Cadetto, cosa c'è?» chiese bruscamente la Torres, materializzatasi alle sue spalle. Accidenti, con tutto quel trambusto, proprio la sua esitazione aveva dovuto notare? Ma ormai era fatta.
«Il passo dieci, Signore» spiegò, indicando il monitor. «Non ricordo che fosse negli standard.»
«Mi faccia vedere» disse la klingon spostandola di peso. In quello stesso momento, uno dei tubi di refrigerazione sopra la postazione emise un suono sospetto e una guarnizione cedette di schianto, facendo scendere su B'Elanna Torres una doccia di acqua gelata.
«Yyysaaahiii!!!» gridò la klingon, bagnata fradicia (9). «Corra a sistemare quella guarnizione.»
«Ma se stiamo evacuando la nave…» azzardò Ysaahi, sperando che quell’incidente nacondesse un test supplementare. Il ruggito del suo superiore le fece capire che non era così.
'Questa volta voglio vederci chiaro' pensò Ysaahi, correndo a recuperare gli attrezzi necessari per la riparazione. Non poteva credere che quella guarnizione avesse deciso di saltare proprio nel momento in cui la Torres si trovava vicino a lei, a causa di una voce della check list che non avrebbe dovuto esserci. L'avrebbero accusata di aver ritardato le procedure di evacuazione, lei si sarebbe difesa dicendo che c'era un errore nella sequenza, errore che, avrebbe potuto scommetterci, non si sarebbe più ripresentato. Lei avrebbe gridato al complotto, e la sua nomea di pazza paranoica sarebbe cresciuta a dismisura.
Serge aveva visto giusto. Ma dove si nascondeva il sabotatore? Chi aveva agito doveva avere il controllo visivo della sala macchine, per sapere quando inviare la check list errata e quando far saltare la guarnizione. Certo la situazione poteva essere controllata attraverso le telecamere del circuito interno ma durante una esercitazione di evacuazione, il black out della rete video non era da escludere. No, il sabotatore doveva essere nei paraggi, in modo da poter agire a vista in caso di necessità. Che punto avrebbe scelto lei per inserirsi sul circuito video, accedere ai circuiti secondari di manutenzione e contemporaneamente tenere d'occhio la postazione in caso di necessità?
Non le occorsero che pochi secondi per identificare la posizione. In mezzo alla confusione generale puntò con sicurezza verso l'accesso ad uno dei tubi di Jeffreys secondari e spalancò il portello. Quello che vide la lasciò senza fiato.
Una Ysaahi dagli occhi di ghiaccio la guardò con odio puntandole contro un faser.
Ci fu un lampo accecante, poi più nulla.
Riferimenti ai vecchi round
(a) Per il trasferimento di Don Isaac, cfr round XVIII.
(b) Per i dettagli dell’affare Thorsen, cfr round V e VI.
(c) Per rileggere le ipotesi di Ysaahi ed A.J. a proposito dell’affare Thorsen, cfr risposte a round V, ultime righe.
(d) Per sapere come Ysaahi e Sean si sono conosciuti, cfr round XIV.
(e) Per i dettagli dell’avventura nell’Universo Specchio, cfr round X e XI.
(f) Per i dettagli delle vicissitudini con Zimmerman, cfr round XVIII.
(g) Per sapere come Ysaahi e Serge si sono conosciuti, cfr round VII.
Note
(1) PaLotto di Serok: Ysaahi condivide – o meglio, ha condiviso - un’avventura (azione) con un personaggio storico – o meglio, con una sua riproduzione al parco di Galaxyland - che può essere anche un personaggio storico del mondo di Star Trek.
(2) Paletto numero 2: Qualcuno deve pronunciare questa frase: 'Ho visto cose che voi umani non potete immaginare'.
(3) Paletto numero 1.1: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 1: il consigliere che scuote la testa rassegnato e scrive qualcosa sul suo PADD.
(4) Paletto numero 1.6: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 6: un intenso odore, simile a quello del brandy sauriano, ma molto più forte e dolciastro.
(5) Paletto numero 1.2: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 2: Beatrix che ti scaglia addosso un cuscino.
(6) Paletto numero 1.7: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 7: la voce del consigliere che dichiara perentoriamente: 'Paranoia. È affetto da paranoia, ma non riesco ad individuarne la causa'. Sulla Voyager non c’è il Consigliere, quindi ho pensato di far ricoprire questo ruolo al Dottore.
(7) Paletto numero 1.5: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 5: di nuovo Beatrix, ma questa volta che ti chiede aiuto.
(8) Paletto numero 1.4: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 4: il capitano che ordina l’evacuazione della nave.
(9) Paletto numero 1.3: tutti i flash back che ha il cadetto in infermeria devono far parte della storia. Flashback numero 3: il tuo superiore bagnato fradicio che urla il tuo nome.